fr. Massimo Rossi " conflitto luce-tenebre"

Commento su 1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Gv 9,1-41
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (30/03/2014)
Vangelo: 1Sam 16,1.4.6-7.10-13|Gv 9,1-41
A metà del cammino di quaresima, la liturgia della Parola ci propone letture piene di speranza; la luce della fede illumina le due scene rispettivamente di Davide e del cieco guarito. Quest'oggi siamo invitati ad un breve riposo, per riprendere forze e proseguire con rinnovato impegno verso la Pasqua di risurrezione.
Mi sono chiesto: che c'entra la vocazione del giovane Davide con la parabola del cieco nato? Forse il nesso consiste nel fatto che si tratta di due uomini mediocri, senza qualità degne di nota, fisicamente poco dotati: il protagonista del Vangelo è addirittura handicappato...
Eppure Dio li ha scelti: il primo diventa re di Israele; malgrado la prestanza fisica degli altri fratelli, Dio aveva già messo gli occhi su Davide... Il cieco nato viene miracolosamente guarito.
Secondo la mentalità corrente, secondo il nostro punto di vista, tanto l'uno che l'altro non valgono neanche un bottone... Del resto, lo sappiamo bene, i gusti di Dio sono molto lontani dai nostri. Ma qui si va addirittura all'opposto: ciò che per l'uomo è bianco, per Dio è nero e viceversa!

Provate voi a spiegare la croce di Cristo in termini positivi, la croce come intrinsecamente buona... Arrendetevi. Non ci riuscirete.
Dunque, Dio aveva messo gli occhi su Davide. Ma, allora, perché fare tutta sta messinscena del ‘casting', facendo sfilare uno dopo l'altro i sette fratelli?... Tanto, Dio aveva già scelto il meno rappresentativo. Già, ma poi, rappresentativo di che? della virilità, della forza, del fascino maschile... Embèh? A Dio non interessa! Peccato. Agli uomini, invece, sì! agli uomini dei tempi di Davide, come anche agli uomini di oggi. Basta guardare certi programmi televisivi per intuire quale sia l'odierno stereotipo della virilità. Ah, se questi drogati del fitness leggessero ogni tanto una pagina della Bibbia...
Ma veniamo al Vangelo: il primo grosso problema che si agita tra le righe del racconto è la convinzione che la malattia fosse, sia ancora una punizione celeste contro il peccato proprio o altrui, individuale, o collettivo. Ci sono passi dell'Antico Testamento nei quali lo scrittore ispirato presenta talune sciagure - diluvi, eruzioni vulcaniche, terremoti, carestie, siccità, ma anche pestilenze, lebbra... - come manifestazioni dell'ira del Cielo, vere e proprie vendette divine.
Poi arriva Gesù e lo smentisce esplicitamente: Dio non fa queste cose! Dio non manda il male!
Il male è iscritto nella natura, è l'indizio più evidente dell'intrinseca fragilità del creato. Se non ci fosse il male, inteso nella sua valenza più ampia - sofferenza, morte, errore, peccato, disastri naturali... -, il mondo sarebbe come Dio; ma Dio non può creare Dio! Dio non può creare se stesso. Il mondo è perfetto così com'è! Certo, la perfezione del mondo non è la perfezione di Dio....Che poi, da quando Dio si è incarnato in Gesù di Nazareth, anche Lui, anche Dio porta in sé la sofferenza e la morte. Gli mancava. In un certo senso, Dio era imperfetto.
Ora, veramente, non gli manca più nulla!! Finalmente Dio conosce anche il male, non per sentito dire, ma per esperienza personale. Ora, Dio può davvero venirci incontro nel nostro dolore, nei nostri mali...
Seconda grande verità evangelica è l'autorivelazione di Gesù: "Io sono la luce del mondo!".
Se confrontiamo questa sentenza con l'altra scritta in calce alle Beatitudini: "Voi siete la luce del mondo" (cfr. Mt 5,14), il quadro è completo: contemplando Cristo-luce-del-mondo, noi diventiamo capaci di illuminare il nostro mondo, irradiando la stessa luce.
E qui cominciano i problemi!... La vicenda della guarigione del cieco nato ce ne dà un assaggio: l'evangelista descrive un miracolo che allude proprio al conflitto luce-tenebre, esser ciechi - vedere: da abile psicologo qual è, Giovanni descrive tutte le strategie di difesa adottate dai personaggi, ciascuno in base alla relazione che ha con l'ex-cieco. La gente liquida la questione insinuando che il ragazzo è in realtà un sosia; dunque non è accaduto nessun miracolo, possiamo stare tranquilli. I farisei traggono dal fatto il motivo per intavolare l'ennesima discussione accademica sulla persona di Gesù; l'esito è sempre lo stesso: Gesù è un ciarlatano, un bestemmiatore, disobbedisce alla legge del sabato... dunque si può stare tranquilli, il Messia non è lui. I genitori del cieco-guarito se ne lavano le mani per paura di essere accusati di complicità, e scaricano ogni responsabilità sul figlio; forse ce l'hanno addirittura con Gesù, il quale li ha appena privati di una fonte di sostentamento - il cieco chiedeva l'elemosina -. Anche loro sono (apparentemente) tranquilli.
Nessuno vuole avere a che fare con Gesù: "Veniva nel mondo la luce vera (...), ma gli uomini hanno preferito le tenebre" (cfr. Gv 1); e questa è la prova. Siamo al culmine della finizone: la gente nega l'evidenza, i farisei negano la realtà dei fatti facendo valere la teoria della Legge, i genitori negano addirittura il vincolo del sangue... Nessuno ha il coraggio di affrontare la verità della persona di Gesù, il quale compie il miracolo e se ne va senza dare spiegazioni - tanto non interessano a nessuno... -.
Il Figlio di Dio pronuncia la sentenza finale. In verità non si tratta di una vera e propria sentenza; il Maestro di Nazareth confessa piuttosto l'impossibilità di salvare coloro che rifiutano la salvezza: il Verbo incarnato non può imporre la luce a chi non la vuole accogliere. Questa verità emerge fin dalle prime battute del Prologo di Giovanni: "A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati." (1,12-13). Il cieco guarito è il modello di coloro che hanno accolto Cristo nella loro vita e si assumono l'impegno di annunciare il Vangelo, a costo di sacrificare anche gli affetti più cari.
Il paradosso della fede è questo: vero cieco non è chi non ci vede, ma chi è convinto di vederci!
Facciamo un esame di coscienza sulle nostre convinzioni; la salvezza è a portata di mano, ma forse non ne siamo del tutto convinti... forse stiamo ancora dormendo sonno tranquilli, cullati dall'illusione di essere già in possesso della salvezza... forse le parole di Paolo sono rivolte proprio a noi: "Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà.".
"Dopo averci incontrato, le persone hanno più fiducia,
hanno più fede nella vita e negli altri?"
Enzo Bianchi

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