Paolo Curtaz" Il Regno, poi il resto

Una donna non si dimentica del suo bambino. Mai.
E se anche succedesse, se ne vedono di tutti i colori, così non accade con Dio.
Mai.
Non abbandona il suo figlio, non abbandona me.
Con questa testimonianza straordinaria Isaia ci accompagna verso la quaresima, in questa domenica dove, storditi dalle esigenze evangeliche delle beatitudini, smettiamo di fissare lo sguardo su ciò che dobbiamo fare per diventare sale e luce e guardiamo il volto del Dio che ci invita a vivere quelle beatitudini.
Eppure quante volte questo volto viene stravolto, tradito dalle nostre paure, svilito.
O, peggio sostituito.

Oggi, purtroppo, il nuovo volto di Dio ha un nome antico.
Mamònà.
Mammona
L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali, sentenzia, tagliente, l’autore della seconda lettera a Timoteo, qualcuno della cerchia di san Paolo. E continua: per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono tormentati con molti dolori (1 Tm 6,10)
Da giovane pensavo fosse una cosa eccessiva.
Oggi gli do ragione.
La bramosia del possedere ha avvelenato le nostre relazioni, sempre di più, in un baratro senza fine. Leggete qualche dato e rabbrividite: più di sette miliardi di persone abitano il pianeta, ma poche centinaia di migliaia ne stabiliscono il destino, arricchendosi sempre di più.
Il mercato è il nuovo idolo dei nostri tempi, il profitto ha sostituito il lavoro, i nostri destini concreti dipendono da leggi create dagli uomini che ci vengono propugnate come inevitabili.
Ma senza disturbare i miliardari, per cui preghiamo sperando nella loro conversione!, pensiamo a l nostro atteggiamento: che rapporto abbiamo con il possesso, l’accumulo, il denaro?
In verità, nel corso della mia vita, non ho mai incontrato qualcuno che ammettesse di vivere per il denaro. Ma, allora, da dove deriva l’ansia di sgomitare e di possedere che vedo dietro ogni angolo? Siamo tutti francescani, con i soldi degli altri.
Gesù è lapidario: chi entra nella logica di mamònà, termine aramaico la cui radice indica offrire sicurezza, affidandosi al possesso, è destinato a fallire.
Sicurezze
In cosa poniamo le nostre sicurezze?
In chi?
È bene essere prudenti, non essere scriteriati e fare come il buon padre di famiglia che pensa al futuro dei propri figli. Ma, e qui sta l’inganno, non è il denaro o il possesso a darci sicurezza. Mai.
Conosco persone che hanno lavorato come dei muli per accumulare, sperando di godersi la vecchiaia a prendere il sole su qualche spiaggia esotica essere chiamati da sorella morte prima di realizzare il proprio sogno.
Ed ecco la provocazione di Gesù: solo il padre/madre che è Dio offre la sicurezza di essere amati.
Al discepolo Gesù chiede di mettere Dio al centro della propria ricerca, della propria fiducia.
Lui e lui solo può colmare il nostro cuore.
E non è gesto di fede, ma di buon senso.
È sufficiente guardarsi intorno per capire che Dio si occupa di noi.
Come degli uccelli del cielo.
E i gigli del campo che vestono meglio del re Salomone.
Se Dio veste così l& #8217;erba del campo, come dubitare?
Certo: non dobbiamo stare seduti aspettando chissà cosa, che piova il pane del cielo.
Dobbiamo lavorare, guadagnare il pane quotidiano, certo.
Faticare e impegnarci, ovvio.
Ma nulla di più.
C’è ben altro su cui investire.
Prima il Regno
Cerchiamo il Regno prima di ogni altra cosa.
Il resto ci sarà dato in abbondanza.
Inutile aggiungere preoccupazioni alle nostre pene, sono sufficienti quelle dell’oggi.
Ma cerchiamo il Regno e le cose di Dio come primo, fondamentale impegno per la nostra vita.
Viviamo intensamente il presente, lasciando al Signore e nelle sue mani il nostro futuro.
Dio non è un assicuratore che ci garantisce l’assenza del dolore dalla nostra vita, no.
Ma un adulto che ci tratta da adulti, che ci offre la possibilità di guardare alle cose che sono con un altro sguardo.
Sapendo che ogni (buona) cosa che viviamo non è che la caparra del futuro, la pagina pubblicitaria dell’assoluto di Dio, della pienezza che ci aspetta altrove.
Allora capiamo l’invito di Paolo nella seconda lettura: se anche la gente, intorno a noi, vive al contrario, chi se ne importa? Perché ci preoccupiamo di cosa pensa la gente e del loro impietoso giudizio? Vivere le beatitudini, vivere il paradosso del vangelo, vivere il desiderio di guardare l’invisibile è la nostra vita.
Anche se veniamo presi per ingenui, o pazzi.
Cerchiamo prima il Regno, amici.

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