Antonio Riboldi La resurrezione di Lazzaro:" la vita è una preparazione all’eternità"

Omelia del giorno 6 Aprile 2014
V Domenica di Quaresima (Anno A)
 La Parola di Dio, dopo averci presentato, in questo cammino quaresimale, Gesù come sorgente di acqua viva, dono di Dio, nel racconto della samaritana al pozzo, e dopo averci rivelato Gesù come Luce che illumina ogni uomo, nel miracolo del cieco dalla nascita, oggi ci fa riflettere su Gesù unica nostra vera Vita, nella resurrezione dell’amico Lazzaro.

Il senso che diamo alla vita è il punto centrale dell’esistenza umana di ciascuno, per ogni aspetto dell’esistenza, quella che viviamo provvisoriamente su questa terra e quella eterna dopo la morte.

Che senso ha questa vita chiusa dentro un corpo che, se va bene, percorre giovinezza, maturità e tramonto, ma soprattutto che senso ha la forza della vita che ci sentiamo dentro, nonostante il declino del nostro corpo?
Sono le domande che rendono maturo un uomo e le risposte che diamo qualificano certamente anche il nostro modo di vivere.

Si può vivere costruendo giorno per giorno nella fede e nell’amore. Si può vivere svuotati da ogni senso, tanto da avere solo la percezione di morire giorno dopo giorno nel breve tempo che ci è concesso.

Nessuno di noi sa quando sarà il giorno in cui Dio metterà fine a questo tempo di prova. Lui sa. Lui pazientemente crea per ciascuno, momenti di riflessione, ma sempre per la sola ragione di aprirci alla fede nella resurrezione che ci attende. Lo crediamo o no. Viene in mente la parabola di Gesù circa le vergini sagge e le stolte, che attendono venga lo sposo, per entrare con lui a nozze. Tutte hanno la lampada accesa per accompagnare lo sposo, ma non tutte si sono preoccupate di avere olio sufficiente per l’attesa. Un grave errore, perché le vergini, che Gesù definisce stolte, sono andate in cerca di olio, senza pensare che lo sposo potesse passare nel frattempo. Solo le sagge, pronte per ogni momento, possono accogliere lo sposo ed entrare a nozze con lui. Le stolte arrivano in ritardo, quando le porte sono ormai chiuse e la risposta alle loro suppliche è dura: ‘Non vi conosco’.

Ora la vita di ciascun uomo non è altro che questa attesa. Nessuno sa quando arriverà lo sposo. Non lo sanno i malati in gravi condizioni, tanto meno lo sanno molti che vivono come se non li attendesse il momento della ‘chiamata’. Eppure non possiamo mai farci trovare impreparati.

Occorre dare alla vita quel senso di prontezza, di vigilanza, in modo da non essere colti di sorpresa. Ne va di mezzo la vita eterna.

Certamente la morte è davvero la grande dolorosa prova per il passaggio all’eternità. Sicuramente c’è chi ci riflette e forgia la sua vita sull’attesa dello Sposo. Ma quanti invece vivono l’esistenza come un’avventura e passano all’eternità impreparati?

A volte sembra che Dio permetta la malattia come a ricordarci quale sia il nostro vero destino, il nostro domani nell’eternità.

Il racconto della morte e resurrezione di Lazzaro è una grande lezione di vita.

Quando gli giunge la notizia sembra quasi che Gesù non vi dia peso, Lo dimostra bene il Vangelo di oggi. Apparentemente non mostra preoccupazione o ansia. Sa che è morto e dice semplicemente: ‘Il nostro amico si è addormentato, ma io vado a svegliarlo’. Gli dissero i discepoli: ‘Signore, se si è addormentato guarirà’. Gesù parlava della morte di lui. Allora disse loro apertamente: ‘Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato lì, perché voi crediate. Andiamo da lui.’

Ma arrivato nella casa dell’amico esprime tutta la sua profonda e umana tristezza. Gesù non è mai indifferente di fronte alle prove e difficoltà che ci toccano da vicino.

Racconta il Vangelo: “Marta, quando seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: ‘Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà’. Gesù le disse: ‘Tuo fratello risusciterà’. Gli rispose Marta: ‘So che resusciterà nell’ultimo giorno’. Gesù le disse: ‘Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo?’. Gli rispose: ‘Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire in questo mondo’”. (Gv. 11, 1-45)

Quando Gesù vede Maria piangere e i Giudei con lei, ‘si commosse profondamente, si turbò e disse: ‘Dove l’avete posto?’. Gli dissero: ‘Signore, vieni a vedere’. ...E Gesù scoppiò in lacrime, mostrando quanto è davvero profonda e vera la sua umanità, che sa mettersi nei nostri panni, nel dolore, fino a condividerlo totalmente.

“Dissero allora i Giudei: ‘Vedi come l’amava!’. Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: ‘Togliete la pietra’. Gli rispose Marta, la sorella del morto: ‘Signore, già manda cattivo odore, poiché è più di quattro giorni’. Le disse Gesù: ‘Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?’. Tolsero dunque la pietra. Gesù alzò gli occhi e disse. ‘Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che Tu mi hai mandato’. E detto questo gridò a gran voce: ‘Lazzaro, vieni fuori!’. Il morto uscì con le mani e i piedi avvolti in bende e il volto coperto con il sudario. Gesù disse loro: ‘Scioglietelo e lasciatelo andare’. Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quello che aveva compiuto, credettero in Lui’. (Gv. 11, 1-45)

Tornano alla mente le parole che Lui aveva detto alle sorelle: ‘Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno’:

E così il conforto, che Gesù dà, va oltre la gioia di avere un fratello ritornato dalla morte alla vita – una vita che qui in terra ha sempre necessariamente un termine – è il conforto che ‘vivere di Lui e per Lui è non morire mai’.

Tutte le nostre domande, giustissime, sul nostro futuro dopo la vita su questa terra, trovano una risposta nella storia di Lazzaro, il grande amico di Gesù: un amico con cui aveva trascorso tanta parte dei momenti liberi e di riposo, nella casa dell’amicizia. Un amico che cercava, a cui sicuramente avrà parlato nei momenti di tristezza, forse, di gioia, quasi come ‘un polmone’ alle fatiche missionarie; un amico a cui si sentiva profondamente unito anche nella lontananza, con cui si confidava, pregava, un vero amico fidato, come del resto lo erano le due sorelle, Marta e Maria.

Un amico la cui resurrezione diventa per noi il segno dell’amore, la testimonianza concreta del destino di chi è amico del Signore. Con la resurrezione di Lazzaro Gesù dice a ciascuno di noi che la morte è semplicemente il passaggio alla vita eterna. Tutti sappiamo che questa esistenza ha una sua fine. Non possiamo assolutamente evitarla, che tocca tutti, a qualsiasi età e in tanti modi. Ma questo non ci toglie pace e serenità, poiché ci fidiamo del Signore e crediamo che vivere quaggiù è semplicemente un preludio all’eternità. I giorni che il Signore ci dona sono i molti modi con cui ci offre l’opportunità, nella libertà dell’amore, di rispondere alla Sua chiamata definitiva alla felicità. Ma una domanda mi viene spontanea: sappiamo tutti dare alla vita uno stile di attesa per la resurrezione? O nella quotidianità del nostro vivere non ci lasciamo prendere la mano da un materialismo pratico che non conosce resurrezione?

Possiamo anche pensare che tutto finisca con la morte, ma di fatto non possiamo evitare il dopo, che ci sarà per tutti.

Chiediamoci dunque con franchezza, in questo cammino quaresimale: Il mio modo di vivere è preparazione al domani con Dio? O, non sia mai, vivo quasi fosse un passatempo senza domani? Credo sia una domanda che tutti dovremmo porci. La Quaresima davvero è un tempo di conversione, un cambiare direzione per davvero prepararci fin da ora alla nostra resurrezione. Questo davvero è il senso della Quaresima e della Pasqua. Chiediamo il dono di essere illuminati interiormente dallo Spirito, perché solo Lui può aprire il nostro cuore alla verità e al senso della vita, che ci è stata donata. I nostri vecchi dicevano: ‘Si vive una volta sola … ‘, ma da questa ‘volta sola’ dipende la nostra eternità … non possiamo permetterci superficialità o distrazioni. Il tempo è prezioso e va vissuto con amore e fiducia, certi che il nostro Dio ha cura di noi, ci segue, ci accompagna, ci sostiene, ci cerca, anche quando noi ci dimentichiamo di Lui. Il nostro Dio è il Vivente, che ci attende, per donarci, già quaggiù, un ‘seme incorruttibile’ di eternità, chiamandoci a partecipare della Sua stessa resurrezione. Prepariamoci dunque!

Antonio Riboldi – Vescovo

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