Don Alberto Brignoli " Ho amato, ho creduto, e ora vivo"

V Domenica di Quaresima (Anno A) (06/04/2014)
Vangelo: Gv 11,1-45
La scorsa domenica, la Liturgia della Parola verteva intorno a due verbi: "vedere" e "credere". Due verbi molto cari a Giovanni, che trovano il culmine del loro significato nei racconti di Risurrezione, dove i discepoli Pietro, Giovanni e Maria di Magdala, credono nel Signore Risorto perché hanno visto i segni della sua resurrezione. Anche il cieco dalla nascita, guarito da Gesù, "vede" nuovamente la salvezza e la vita, e "crede" in Gesù.
Anche oggi abbiamo a che fare con il verbo "credere", e soprattutto ne abbiamo a che fare con un altro racconto di resurrezione, quella che Gesù compie verso un amico caro, Lazzaro. Ma qui non è tanto il ritorno alla vita di Lazzaro che deve colpire la nostra attenzione: è una resurrezione tanto anomala, quella di Lazzaro, che nemmeno pare tale. Lazzaro, infatti, anche dopo che Gesù lo ha fatto uscire dalla tomba, non riacquista la sua identità, perché continua ad essere chiamato "il morto"
(Lazzaro, quello con un nome, è già con il Padre, nel seno di Abramo, come un altro Lazzaro, un povero...); continua a rimanere "legato mani e piedi" (per cui, come avrà fatto a camminare e a uscire dal sepolcro?), "il viso avvolto da un sudario" (che bisogno ha, di vedere?), e se potrà essere liberato e lasciato andare è perché interverrà la comunità, su invito del Maestro.
È la comunità che lo libera, perché in realtà è la comunità che fa il percorso della vita, è la comunità che risuscita; è la comunità - e non Lazzaro - che percorre il cammino dalle tenebre alla luce, dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita. Una comunità - la Chiesa - composta di quattro categorie di persone, non certo tutte credenti e innamorate di Dio allo stesso modo: Marta, Maria, i discepoli di Gesù, e i Giudei. Ci sono persone che già credono (Marta e Maria), ma che hanno bisogno di tornare a sperare in quel Dio della vita che le aveva lasciate sole ("Se tu fossi stato qui..."); ci sono persone che hanno bisogno di conferme, perché su questo Maestro hanno investito molto, e lui lo sa bene ("Io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate"); e persone che proprio non credono, anzi, si arrabbiano con lui ("Lui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva far sì che costui non morisse?") o tutt'al più si meravigliano dei suoi sentimenti ("Guarda come lo amava!").
Tutto questo cammino parte da lontano: dipende dal rapporto che ognuno dei presenti ha con Gesù. I Giudei lo odiavano ("Poco fa cercavano di lapidarti", gli viene detto), i discepoli lo stimavano, Marta e Maria - e Lazzaro, quand'era in vita - lo amavano molto: è l'amore che hai per lui che ti porta a credere che lui è il Figlio di Dio. E quanto più lo ami, tanto prima lo riconosci (cfr. 1 Gv 4,8), senza bisogno di gesti eclatanti, di favori, di miracoli enormi come la risurrezione di un cadavere freddo di quattro giorni.
È la nostra relazione con Dio che fa di noi un popolo di credenti. Lo è stato per la donna di Samaria, che si reca al pozzo forse per trovare il settimo uomo della sua vita e invece incontra il Dio che salva "in spirito e verità"; lo è stato per il cieco dalla nascita, che è salvato "dal fango" - come una nuova creazione - e dopo aver visto, crede; lo è per Marta, Maria e Lazzaro, che lo amano da sempre, credono in lui nonostante la morte, e addirittura la vincono. Questo Dio che di fronte alla morte e al dolore dell'umanità non solo non chiude gli occhi, ma addirittura se li riempie di lacrime, perché piange e ne condivide la sorte, è un Dio che preferisce non crearci illusioni. Infatti, non elimina la morte dalla nostra pesante e faticosa quotidianità, ma viene a dirci che lui non ci abbandona: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno".
Morirà, certo, come ogni cosa che finisce. Ma non sarà "in eterno", non sarà "per sempre", non sarà "l'ultima parola". L'ultima parola sulla storia, sulla nostra storia e su quella dell'umanità, ce l'ha Dio. Ed è la parola "Vita".
Mettiamoci in cammino verso Gerusalemme, senza ancora nulla di chiaro nella testa, e lasciamo risuonare nel nostro cuore le domande di Gesù a Marta: "Credi questo?...Non ti ho forse detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?".

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