Don Luciano Cantini "Liberatelo"

V Domenica di Quaresima (Anno A) (06/04/2014)
Vangelo: Gv 11,1-45
villaggio di Maria e di Marta sua sorella
Protagoniste di questo episodio sono le due sorelle di Betania Marta e Maria. In modo diverso rappresentano il genio femminile estremamente dinamico e pragmatico, ricco di iniziativa, fortemente relazionale ma anche quello in cui la relazione passa attraverso la sensibilità emotiva, la riflessione interiore, il moto del cuore.
Marta è donna concreta e non si è fatta illusioni sulla malattia del fratello, ha chiesto aiuto all'amico Gesù ma lui non ha avuto fretta, quando le giunge la notizia che sta arrivando gli va incontro, non aveva smesso di attendere e di sperare. La fede di Marta, come quella di ogni essere umano, non è mai acquisita e sempre in divenire; Gesù rispetta i ritmi e le tappe di crescita, le incoraggia col dialogo e il confronto: Marta dal lamento misto di fiducia passa alla certezza della resurrezione finale per arrivare ad una fede totale in Gesù: io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo. È la sintesi della fede della comunità cristiana. La fede di Marta, in anticipo sul miracolo, la spinge a andare dalla sorella, si fa portavoce della chiamata del Maestro. Il lamento
di Maria, simile a quello della sorella, è piuttosto espressione dell'umanità ferita, dolorante, colma di solitudine, seguita dai Giudei per piangere al sepolcro.
«Io sono la risurrezione e la vita»
Gesù alla notizia della malattia dell'amico aspetta a muoversi; l'evangelista vuole portare gradatamente gli ascoltatori alla affermazione chiave ed al miracolo che la conferma. Prima il dialogo con i discepoli, poi quello con Marta. La malattia di Lazzaro non è per la morte ma per la manifestazione della gloria di Dio, ed è per questo che Gesù non la impedisce, anzi sta a distanza sia nel tempo che nello spazio perché la morte si manifesti un tutta la sua durezza fino all'odore acre della putrefazione. Gesù è contento della morte dell'amico; la salvezza non è nella guarigione, ma nella resurrezione; non è nella immortalità della vita, ma nella vita immortale che in Cristo si manifesta e da lui è a noi partecipata.
Giovanni racconta questa partecipazione del Signore attraverso il superamento dello spazio e del tempo. Lo spazio che Gesù supera è quello che lo separa dalla morte: interessante l'indicazione della distanza da Gerusalemme che Gesù percorrerà nella sua passione, intanto arriva a Betania senza entrarvi, sembra fermarsi in un luogo di mezzo dove incontra le sorelle e afferma di essere lui la resurrezione e la vita, poi giunge alla tomba e si commuove fino alle lacrime, infine fa togliere la pietra posta a separazione tra la morte e la vita. Il superamento del tempo è dato dalla lentezza del racconto; dalla notizia della malattia alla progettazione del viaggio verso Gerusalemme, la perplessità dei discepoli, l'arrivo a Betania a quattro giorni dalla morte - quando ormai ha preso possesso totale dell'uomo - fino all'incontro con Marta e Maria. Nel colloquio con Marta si introduce la dimensione temporale del futuro, Gesù dice che Lazzaro risusciterà, Marta arriva addirittura a intravedere alla fine dei tempi.
Ecco che avviene l'accelerazione, Gesù raccoglie in se tutto lo spazio e tutto il tempo: «io sono». L'ultimo giorno della storia è già nell'oggi: Gesù è la risurrezione e la vita.
La risurrezione è Lui, la sua stessa persona: "Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio" (1 Gv 5,11).
«Liberàtelo e lasciàtelo andare»
Gesù è turbato dal pianto dell'umanità che sperimenta la separazione della morte. Per Gesù la morte non ha lo stesso peso: «Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo», ma il turbamento dell'uomo turba anche lui "profondamente". Il volto del Padre che ci rivela non è impassibile, distante, sempre uguale a se stesso, ma un Dio che si lascia coinvolgere nella relazione con l'umanità.
Gesù chiede di togliere la pietra che sigilla la morte nella grotta, non è lui a toglierla ma chiede che sia l'uomo che l'ha messa a toglierla di mezzo. La resurrezione - la Pasqua - ci chiede di entrare nel mistero della morte.
Marta nella sua praticità sa cosa questo comporta e esprime la morte in tutta la sua bruttura ma aveva già espresso con il suo atto di fede ciò che adesso diventa reale. Gesù non è venuto a guarire l'amico, a prolungargli la vita biologica, ma a comunicare la sua stessa vita che ha il sapore dell'eternità.
Lazzaro esce fuori con i piedi e le mani legati con bende, la vita comunicata supera ogni legame con la morte. Gesù rende Lazzaro alla vita, alle sue sorelle, alla comunità ma è questa che ha dovuto togliere la pietra e liberarlo dalle bende.
Il dono della vita che Gesù fa a ciascuno di noi ci chiede di rifare, al contrario, il percorso che l'uomo ha fatto andando incontro alla morte: togliere la pietra che è stata messa per separare la morte dalla vita e togliere quei lacci che hanno legato l'uomo alla morte. Questo è l'impegno dei cristiani nella storia, il significato che abbraccia tutta l'esistenza: l'incessante impegno di liberazione dal male e dalla morte.

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