Durante l'omelia a Santa Marta, papa Francesco mette in guardia da due tipi di "malattie spirituali" molto diffuse

L'accidia spirituale e il formalismo chiudono le porte alla salvezza
Di Luca Marcolivio
CITTA' DEL VATICANO, 01 Aprile 2014 (Zenit.org) - La routine e l’accidia sono pericoli mortali per la salvezza del cristiano. Lo ha detto papa Francesco durante l’omelia di stamattina alla Casa Santa Marta.

Il Vangelo di oggi (Gv 5,1-16), che narra del miracolo compiuto da Gesù di sabato, con grande scandalo dei farisei, richiama l’attenzione su due tipi di “malattie spirituali” assai diffuse, ha osservato il Santo Padre.
La prima è rappresentata dalla rassegnazione di tanti cattolici “senza entusiasmo” e costantemente “amareggiati”. È l’atteggiamento di chi va a messa tutte le domeniche e rispetta i precetti ma, per quieto vivere, preferisce “non immischiarsi”.



Ci sono cristiani “tranquilli per la vita” che, non solo preferiscono “non rischiare” ma criticano chi, al contrario, ha un approccio più dinamico ed entusiasta alla fede.

“È la malattia dell’accidia, dell’accidia dei cristiani – ha spiegato il Papa -. Questo atteggiamento che è paralizzante dello zelo apostolico, che fa dei cristiani persone ferme, tranquille, ma non nel buon senso della parola: che non si preoccupano di uscire per dare l’annuncio del Vangelo! Persone anestetizzate”.

Il Pontefice ha dunque deplorato l’“accidia spirituale” che intristisce i cristiani, li rende “persone non luminose” e “negative”. È la “malattia” di chi va a messa tutte le domeniche ma dice: “per favore non disturbare”.

Cristiani di questo tipo sono “egoisti” e “non fanno bene alla Chiesa”, sono privi di “zelo apostolico” e della “voglia di dare la novità di Gesù agli altri, quella novità che a me è stata data gratuitamente”.

L’altra malattia spirituale menzionata da papa Francesco è il “formalismo”, di cui peccano quei cristiani che “non lasciano posto alla grazia di Dio”: la loro concezione di vita cristiana è “avere tutti i documenti in regola, tutti gli attestati”.

Costoro non sono troppo diversi dai farisei, secondo i quali “la grazia di Dio non può lavorare il sabato”. Di cristiani di questo tipo, anche oggi, “ne abbiamo tanti”, ha lamentato il Papa.

Se, da un lato, i malati di “accidia spirituale” hanno deciso di “fermarsi in se stessi, nelle loro tristezze, nei loro risentimenti”, i formalisti “non sono capaci di portare la salvezza perché chiudono la porta alla salvezza”.

Entrambi gli atteggiamenti stigmatizzati dal Santo Padre sono così comuni che tante volte noi stessi siamo stati vittime dell’“accidia” o “come i farisei”. Si tratta di tentazioni che dobbiamo riconoscere e “difenderci”: si può guarirne, avvicinandoci a Gesù, la cui grazia “fa tutto”.

Quando incontra il paralitico, Gesù prima lo guarisce, poi gli dice “non peccare più”: sono “parole dette con tenerezza, con amore”, ha commentato il Papa.

La via della guarigione è “la strada dello zelo apostolico: avvicinarsi a tante persone, ferite in questo ospedale da campo, e anche tante volte ferite da uomini e donne della Chiesa”.

E Gesù che ci salva, potremo incontrarlo in tanti fratelli e sorelle che ci domanderanno: “vuoi guarire?”. E poi ci raccomanderanno: “non peccare più, che non fa bene”.

Sono parole, quelle di Gesù, “più belle dell’atteggiamento dell’accidia o dell’atteggiamento dell’ipocrisia”, ha quindi concluso il Santo Padre.

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