fr. Massimo Rossi "Commento II Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2014)

Commento su Giovanni 20,19-31
Vangelo: Gv 20,19-31
Domenica scorsa ci siamo lasciati con una domanda: è possibile vedere e credere anche senza capire? Il Vangelo di Pasqua si chiudeva sulla scena di Pietro e Giovanni che entravano nel sepolcro vuoto, ma non avevano ancora compreso che Gesù doveva risorgere dai morti.
Dunque, il fatto della risurrezione sfugge alla comprensione del'uomo. Appunto, è oggetto di fede! La fede, lo sappiamo, interviene quando manca l'evidenza dei fatti.
Come già altre volte ho rilevato, l'apostolo Tommaso associa il vedere al credere; ERRORE!
Se credere è un atto libero della volontà, un fatto che si vede, un fatto evidente, non lascia spazio né alla libertà (di non credere), tantomeno alla volontà; quel fatto si impone per così dire alla nostra osservazione
così com'è, si ostende e non si può negare.
Lo ripeto ancora: la fede è un atto della libertà e della volontà; sono libero di credere, o di non credere; credo se voglio credere, e se non voglio credere non crederò.
OBIEZIONE: Ma la fede non è un dono di Dio? come può Dio accettare che un dono soprannaturale sia sottomesso a delle facoltà naturali come la libertà e la volontà dell'uomo? Come possono le facoltà superiori dell'uomo accreditare, oppure smentire e rifiutare un dono di Dio? è così grande il potere della creatura umana?
Nell'ormai plurimillenaria storia della Chiesa, ci fu un tempo, anzi ben più di uno, in cui le autorità religiose imposero letteralmente la conversione al cristianesimo ad intere popolazioni, al grido: "Extra Ecclesia nulla salus! Compelle intrare!". Era lo slogan, la parola d'ordine dei primi missionari che sbarcarono nelle Americhe, al seguito dei conquistatori...
Leggendo queste pagine di storia, alcune della quali non ci fanno del tutto onore, qualcuno potrebbe essere scosso da un brivido, al pensiero che la nostra Chiesa, sì, proprio questa nostra amata Chiesa abbia potuto adottare, nei secoli passati, la forza militare per convertire a Cristo, ricorrendo a vere e proprie strategie intimidatorie che non si distinguevano affatto dall'odierno terrorismo di marca integralista.
La vergogna, il dolore, i sensi di colpa che inevitabilmente proviamo leggendo questi fatti sono in parte mitigati dal sollievo di avere due nuovi Santi Papi e un nuovo Beato Domenicano! Si tratta di tre figure di intellettuali che hanno aderito alla fede, vagliandola a lungo nel crogiuolo della ragione, purificandola dalle scorie delle emozioni, distillandola fino all'essenziale. Questa fede ha sprigionato in ciascuno di loro una luce di verità di intensità ed efficacia a dir poco rare.
San Giovanni XXIII concepì niente meno che un Concilio Ecumenico; san Giovanni Paolo II diede l'ultima spallata al muro di Berlino e affrettò il tramonto del totalitarismo filosovietico; beato fr. Guseppe Girotti consacrò la sua vita alla causa degli Ebrei fino a conquistare la palma del martirio nel lager di Dachau. Ciascuno a modo suo, questi eminenti fratelli hanno espresso la fede di Tommaso Apostolo: "Mio Signore e mio Dio!"; credendo tuttavia senza aver visto; ora godono la beatitudine eterna promessa dal Risorto.
Tornando nuovamente al Vangelo, emerge lucidamente il progetto di Chiesa della teologia Giovannea: la comunità cristiana, misticamente rappresentata dalla Madre di Gesù e dal discepolo che lui amava, nasce ai piedi della croce; letteralmente, scaturisce dal sangue e dall'acqua sgorgati del costato aperto di Cristo.
Il sangue e l'acqua, fecondati dal soffio del Suo Spirito, lo Spirito Santo, al momento del trapasso, costituiscono per Giovanni la prima Pentecoste, quella che costituì la Chiesa. Dal Vangelo di oggi apprendiamo che Gesù Risorto, entrato a porte chiuse nel cenacolo, alitò sugli Apostoli e disse: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati.": questa, che possiamo chiamare a pieno titolo seconda Pentecoste, costituisce la missio, conferisce alla chiesa nascente il mandato a essere segno di salvezza per tutti coloro che crederanno nelle parole del Vangelo; e noi sappiamo bene che la salvezza presente è il perdono dei peccati.
Mentre l'evangelista Matteo ci presenta il Signore nell'atto di conferire il potere di rimettere i peccati a Pietro, rappresentante e primus inter pares del collegio apostolico - il cosiddetto potere delle chiavi - (cfr. 16,19), Giovanni allarga esplicitamente la cerchia dei ministri del perdono di Dio a tutto il gruppo degli Undici.
Come vedete il mistero della resurrezione è indissolubilmente legato alla vita presente. Intendo dire che la Pasqua di Cristo ha un effetto immediato prima che escatologico.
Averci spalancato nuovamente la porta della vita eterna non sarebbe stato sufficiente: era necessario che noi fossimo nuovamente messi in grado di percorrere la via inaugurata da Cristo nel suo corpo, e soprattutto, di poter entrare nella vita eterna attraverso questa porta spalancata, sì, ma stretta. Il perdono attuale dei peccati ci consente di affrontare il cammino e di raggiungere la meta.
Non ci sono limiti di velocità, né massimi, né minimi... Ciascuno cammina tenendo il proprio passo. Le tre figure appena elevate agli onori dell'altare, percorsero cammini molto diversi: pochi mesi durò il viaggio di p.Girotti nell'inferno di Dahau; possiamo dire che anche il viaggio di Papa Giovanni fu veloce, cinque anni appena di pontificato; quello di Papa Woityla durò invece quasi trent'anni. Non si tratta soltanto di quantità, intendiamoci!...
Tuttavia, visto che di vita ne abbiamo una sola, il suo termine, la sua durata ha per noi un valore che rasenta l'assoluto: ebbene, di questo termine, di questa durata possiamo dire con tutta tranquillità ciò che il profeta Isaia canta della Parola di Dio: "Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata." (Is 55,10-11).
C'è un disegno in questo mondo per ciascuno di noi: lo porteremo a compimento dall'inizio alla fine. Anche questo siamo chiamati a credere senza aver visto, e soprattutto, senza capire...
Ci conceda il Signore il coraggio della fede: sapete, il dramma più grande non è quello di dover morire prima del tempo; ma quello di non aver più il coraggio di continuare a vivere...

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