fr. Massimo Rossi Commento V Domenica di Quaresima (Anno A) (06/04/2014)

Commento su Giovanni 11,1-45
Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )
La profezia di Ezechiele, si presta a più di una interpretazione: se la confrontiamo con la pagina, ancor più famosa, ove il profeta descrive la scena delle ossa inaridite che prodigiosamente riprendono vita, si ricoprono della loro carne, ed ecco, risorgono i morti (cfr. Ger 37), anche il passo di questa V domenica annuncia la risurrezione finale per la salvezza eterna.
La stessa profezia si può tuttavia riferire alla salvezza presente, (la salvezza) dal peccato.
I sepolcri sono i nostri corpi disgregati dal peccato, la Grazia di Dio ci libera appunto dalla disgregazione e ci ricostituisce nuove creature.
Lo Spirito del Signore ci pervade, corpo e anima, ci santifica, ci fortifica.
Per dirla con le stesse parole di Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me." (...). L'apostolo dei pagani annuncia che vivere nella carne non è un condanna, non è una maledizione ineluttabile: vivere nella
carne non significa vivere secondo la carne....Che, poi... sta carne... Che cos'è la carne senza lo spirito? Niente! Così come, del resto, anche lo spirito senza la carne. La vocazione dello spirito è quella di elevare la carne alla dignità della persona umana, la quale dignità consiste nell'essere immagine e somiglianza di Dio: dunque lo spirito deve rimanere spirito incarnato.
L'uomo vivente, gloria di Dio, come dicevano gli antichi padri, diventa veramente se stesso se e soltanto se si arrende allo spirito e si lascia condurre dallo spirito.
Tutte queste elucubrazioni per dire che tra la carne e lo spirito può e deve esserci armonia, ordine; la carne e lo spirito sono fatti l'una per l'altro.
Quando una persona muore diciamo che il suo spirito abbandona la sua carne: viene a mancare il principio di ordine, quell'armonia che garantiva la vita dell'uomo. E senza ordine, senza armonia, senza quel principio aggregante che è lo spirito, la carne si dis-grega, si corrompe. La morte produce nella natura umana l'esatto opposto della creazione. Dall'ordine degli elementi ben distinti tra loro, al fine di entrare in mutua e feconda relazione (cfr. Gen 1), si torna al dis-ordine; dall'armonia al caos... dal profumo soave della carne in fiore - i neonati profumano di buono - all'odore cattivo del cadavere. È ciò che Marta sussurra al Signore, parlando del fratello Lazzaro: "Manda già cattivo odore!", per esprimere anche lei il senso del non-ritorno che la morte porta con sé, nell'immaginario collettivo, e anche nella realtà, vista con occhi umani-solo-umani.
La differenza cristiana interviene qui: il mondo ha bisogno che la nostra fede annunci con la vita ciò in cui crede: che cioè la morte non è l'ultima (realtà).
Se non crediamo questo, se per noi, sì, anche per noi la morte è ancora e sempre l'evento ultimo fatale, la nostra fede è vuota!
Il Vangelo di oggi mette a confronto due modi di pensare la risurrezione: quello di Marta e quello di Cristo; non si tratta di contrasto tra due mentalità, ma piuttosto di 2 verità complementari: la risurrezione dei morti, la risurrezione finale non è un principio di fede esclusivamente cristiano; ci credevano anche alcune scuole di pensiero ebraico; e Marta, da buona ebrea, lo confessa all'amico e maestro di Nazareth.
La risposta di Gesù - "sono io la risurrezione e la vita; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno!" - vuole inaugurare un modo nuovo di concepire la risurrezione - questo sì, tipicamente cristiano! - svincolandolo dall'unica accezione di marca escatologica, legata cioè alla fine del mondo.
Il Figlio di Dio afferma il valore della risurrezione per la vita presente, la possibilità e l'opportunità offerta a tutti noi credenti di vivere da risorti, prima che la morte arrivi a traghettarci sull'altra riva, la vita eterna.
Se Gesù è la risurrezione e la vita, credere in Lui significa appunto vivere davvero da risorti!
Vi sarà certamente capitato di incontrare persone talmente innamorate di Dio, talmente convinte e fondate sulla risurrezione di Gesù che la loro esistenza è chiaramente un'esistenza di risorti, animata da quella "gioia che nessuno potrà più toglierci", promessa da Gesù agli Apostoli prima della Sua passione, dono dello Spirito Santo.
GIOIA: in tempo di Quaresima può sembrare una parola fuori luogo... Non dimentichiamo gli ammonimenti che il Signore ci ha lasciato nel Vangelo del mercoledì delle Ceneri: "Quando digiunate, non assumete quell'aria affranta degli ipocriti che vogliono far vedere al mondo che digiunano; invece, lavatevi il viso e profumatevi il capo, perché la gente non veda che digiunate, ma solo Dio che vede nel segreto. E Dio, che vede ne segreto, vi ricompenserà.".
"A volte, la fede ribalta il significato della parole nel loro esatto contrario: quello che il mondo chiama ‘morte', noi chiamiamo ‘vita eterna'"

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