MEDITAZIONE GIOVANNI PAOLO II," Dives in misericordia, 8"

MEDITAZIONE
La croce di Cristo sul Calvario è anche testimonianza della forza del
male verso lo stesso Figlio di Dio, verso colui che, unico fra tutti i
figli degli uomini, era per sua natura assolutamente innocente e libero
dal peccato, e la cui venuta nel mondo fu esente dalla disobbedienza di
Adamo e dall'eredità del peccato originale. Ed ecco, proprio in lui, in
Cristo, viene fatta giustizia del peccato a prezzo del suo sacrificio,
della sua obbedienza "fino alla morte" (Fil 2,8). Colui, che era senza
peccato, "Dio lo trattò da peccato in nostro favore" (2Cor 5,21). Viene
anche fatta giustizia della morte che, dagli inizi della storia
dell'uomo, si era alleata col peccato. Questo far giustizia della morte
avviene a prezzo della morte di colui, che era senza peccato e che unico
poteva - mediante la propria morte - infliggere morte alla morte (cf.

1Cor 15,54ss). In tal modo la croce di Cristo, sulla quale il Figlio,
consostanziale al Padre, rende piena giustizia a Dio, è anche una
rivelazione radicale della misericordia, ossia dell'amore che va contro
a ciò che costituisce la radice stessa del male nella storia dell'uomo:
contro al peccato e alla morte.
La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull'uomo e su ciò che
l'uomo - specialmente nei momenti difficili e dolorosi - chiama il suo
infelice destino. La croce è come un tocco dell'eterno amore sulle ferite
più dolorose dell'esistenza terrena dell'uomo, è il compimento sino alla
fine del programma messianico, che Cristo formulò una volta nella
sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,18-21) e ripeté poi dinanzi agli inviati
di Giovanni Battista (cf. Lc 7,20-23). Secondo le parole scritte già
nella profezia di Isaia (cf. Is 35,5; 6,1-3), tale programma consisteva
nella rivelazione dell'amore misericordioso verso i poveri, i sofferenti
e i prigionieri, verso i non vedenti, gli oppressi e i peccatori. Nel
mistero pasquale viene oltrepassato il limite del molteplice male, di cui
l'uomo diventa partecipo e nell'esistenza terrena: la croce di Cristo,
infatti, ci fa comprendere le più profonde radici del male, che affondano
nel peccato e nella morte, e così diventa un segno escatologico. Soltanto
nel compimento escatologico e nel definitivo rinnovamento del mondo,
l'amore in tutti gli eletti vincerà le sorgenti più profonde del male,
portando quale frutto pienamente maturo il Regno della vita e della
santità e dell'immortalità gloriosa. Il fondamento di tale compimento
escatologico è già racchiuso nella croce di Cristo e nella sua morte. Il
fatto che Cristo "è risuscitato il terzo giorno" (1Cor 15,4) costituisce
il segno finale della missione messianica, segno che corona l'intera
rivelazione dell'amore misericordioso nel mondo soggetto al male. Ciò
costituisce al tempo stesso il segno, che preannuncia "un nuovo cielo e
una nuova terra" (Ap 21,1), quando Dio "tergerà ogni lacrima dai loro
occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché
le cose di prima sono passate" (Ap 21,4).
GIOVANNI PAOLO II, Dives in misericordia, 8

Commenti

Post più popolari