Mons.Antonio Riboldi "Occorre una seria e profonda preparazione"

Omelia del giorno 13 Aprile 2014
Domenica delle Palme (Anno A)
In ogni Domenica delle Palme fa tenerezza l’agitare delle palme benedette, non solo da parte dei bambini, ma anche degli adulti che tengono rami d’olivo con una speranza nel cuore, quella di vivere un po’ di pace, in questo tormentato mondo, in questa nostra travagliata vita.

Una volta benedetti i rami, vengono poi divisi, sino a diventare in alcuni casi poche foglie che si disperdono nelle mani di amici, di parenti, di vicini, per esprimere reciprocamente la volontà di amicizia, di condivisione, tanto che in questa domenica ogni paese pare inondato di foglie di olivo, come del grande desiderio di pace che è in ogni cuore.
Non c’è davvero posto, almeno oggi, per grida di odio o guerra. Almeno oggi.



Pare di rivivere ogni anno la scena evangelica: “La folla numerosissima stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva gridava: ‘Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!’.

Cosa vedevano, allora, in Gesù, in quell’ uomo semplice e povero, venuto da una terra, la Galilea, da cui, secondo i Giudei, ‘non era possibile venisse qualcosa di buono’? Cosa vedevano in quel ‘profeta’, senza alcuna potenza, che predicava la beatitudine della povertà, della misericordia, della sofferenza, della persecuzione e fame di giustizia? Come riporre fiducia in lui?

Aveva di grande e meraviglioso e sicuro solo l’Amore: un Amore così fedele e totale, da renderlo disposto a dare liberamente la vita per noi.

Poteva lui assicurare la pace, che tutta quella folla sperava? Garantire la giustizia, che a Gerusalemme non era certo di casa, allora, come oggi, per le strade del nostro mondo?

Lui lo aveva affermato: ‘Vi do la mia pace, non come quella del mondo’.

Sono domande che continuiamo a porci anche oggi. Merita la nostra fiducia, tutta la nostra fiducia?

Contempliamo la scena. Davanti al corteo c’era Gesù, circondato da un trionfo che la gente gli tributava, ma non è come noi, che ci lasciamo montare la testa anche per meno. Lui guarda oltre, perché nel suo cuore era chiaro il prezzo che era chiamato ‘per volontà del Padre’ e per amore verso di noi, per darci la vera Pace: un prezzo che è la Sua passione e morte in croce!

Questo Amore donato, fino all’ultima goccia di sangue, è la sola via che può sconfiggere il male, fino a diventare trionfo del bene, resurrezione, non per una volta sola, per un periodo della storia, per un solo uomo, ma per tutti gli uomini, noi compresi, e per sempre … solo che lo accettiamo.

Ho sentito troppe volte una frase che rivela i nostri sentimenti e la nostra sensazione di sconfitta, di fronte al male che serpeggia tra noi in mille forme, sempre nuove e sempre più terribili. Spesso mi è stato chiesto: ‘Crede lei nell’amore vero, come quello del maestro Gesù? Crede che la via dell’amore, individuale o di comunità, non abbia davvero paura di soccombere di fronte all’enorme prepotenza della violenza?

Ebbene, l’esperienza mi dice che l’amore è la sola via per fare strada alla pace, ma deve sempre mettere in conto che vi è lo stesso rischio, vissuto dal Maestro, ed è un prezzo da pagare.

Non vi è amore vero senza la disposizione a servire e soffrire.

Ricordo la mia esperienza di parroco a Santa Ninfa, una parte della Sicilia, che conosceva duramente la soffocante presenza della mafia, che rubava letteralmente voglia di progresso e speranza: vera organizzazione del male e di morte, ovunque operi, anche oggi.

Eravamo in tre confratelli sacerdoti, inviati dai nostri Superiori rosminiani. Era difficile il compito affidatoci. Il parroco che ci aveva preceduto aveva gettato sulla comunità una densa ombra di sfiducia. Non fu facile, inizialmente, riconquistare la fiducia perduta. Per due anni durò il nostro essere ‘esaminati’, silenziosamente, da lontano, ma alla fine vinse la nostra pazienza, la nostra presenza, che non voleva invadere, ma offrire semplicemente un servizio, e lentamente la gente ricominciò a frequentare la parrocchia e rinacque la fiducia nella Chiesa.

Ci volle davvero la testimonianza dell’amore dei pastori per il gregge affidato, che è il solo che attira fiducia e cancella ogni memoria di tristezza.

La stessa disponibilità d’amore me la chiese il caro Paolo VI, inviandomi alla Chiesa di Acerra, terra difficile per la presenza della camorra e perché mancava di vescovo residenziale da 12 anni.

In quell’atmosfera difficile, seguendo la volontà di Dio, espressa dal Santo Padre, ci andai e anche lì, dopo un inizio difficile, offrendo la stessa fiducia che il Signore aveva avuto in me, sorse una Comunità di credenti davvero bella, un vero modello, tanto che da essa il Signore scelse due sacerdoti, perché diventassero pastori di altre Comunità.

Dobbiamo però sempre guardare a Lui, a Gesù, seguendo giorno dopo giorno i Suoi passi, facendo con Lui le nostre scelte nel quotidiano, lasciandoci ‘trasfigurare’ per vivere il Suo stile: amare, agire con pazienza e mitezza perché la Verità sempre prevalga; per Lui e per i fratelli essere disposti, se fosse necessario, a dare la vita, sapendo che la nostra esistenza ha la sua mèta in Cielo, con la resurrezione.

Ma è così la nostra preparazione alla Pasqua? Vi è in noi questa dimensione di vita oltre le apparenze effimere e, a volte, fuorvianti, che il mondo ci offre? Davvero profondamente crediamo che Gesù, il Cristo, è venuto per salvarci, non come massa, ma ciascuno di noi? La sua morte e la sua resurrezione sono per me, per te, per ogni uomo a cui è stato fatto dono della vita.

Offro per la nostra riflessione le parole che Paolo VI diceva ai sacerdoti un giovedì santo:

“Le parole mirabili di Gesù, profetiche al tempo stesso della sua passione e della sua gloria: ‘Ed io – afferma Gesù – quando sarò elevato in alto da terra, attirerò tutti a me’, di quale innalzamento, di quale esaltazione parlasse, ce lo indica l’evangelista ‘e ciò diceva per indicare, significare di quale morte stava per morire’. Gesù alludeva alla sua dolorosissima elevazione sulla croce, con la particolare ostensione al mondo, la quale, proprio nella sua efferata estensione al mondo, assumeva per Cristo una speciale, trasformante realtà, quella di essere sacrificio, anzi vero sacrificio redentore del genere umano con la sua morte … e questo avviene oggi nel sacrificio della Santa Messa che è resurrezione”. Ed è proprio così, ma ne abbiamo consapevolezza?

È proprio nella Santa Messa che la Chiesa, non solo annunzia il sacrificio di Gesù, ma il suo perpetuarsi per noi. Che Dio conceda a tutti noi di vivere con gioia i giorni di questa Settimana Santa, che non solo ci raccontano, ma celebrano il Mistero grande della nostra salvezza, frutto dell’Amore incomprensibile nella sua totalità e grandezza, ma proprio per questo meraviglioso per la nostra fede, fino alla gioia immensa del sabato notte, quando canteremo la pienezza della Vita a noi donata con la resurrezione, preludio di quella senza fine, nella Casa del Padre.

Non mi resta che augurare a voi tutti di vivere con fede e gioia la Settimana davvero Santa, che il Signore ancora ci dona, per gustare la bellezza della sua Presenza nella nostra vita.

Antonio Riboldi – Vescovo

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