Antonio Riboldi "Gesù ascende al Cielo"

Ascensione del Signore (Anno A)
Gesù, il Maestro, aveva definitivamente spazzato via il senso di fallimento e di abbandono dei Suoi, suscitando stupore e gioia grande, perché era RISORTO e, quindi, meravigliosamente VIVO. Abbiamo letto, nella Domenica di Pasqua, come Gesù ‘andava e veniva’, nei modi più strepitosi, sempre sorprendendo i Suoi: Maria Maddalena, chiamata per nome, i due discepoli di Emmaus, a cui aveva fatto ‘ardere il cuore’, gli intimoriti Apostoli, salutati con il ‘Pace a voi!’, Tommaso, invitato a credere con la richiesta: ‘Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani’, ed infine
quell’annuncio, che è per noi: ‘Beati coloro che pur non avendo visto crederanno.’
Ed infine la sicura promessa: ‘Non vi lascerò orfani.’

Si rimane commossi di fronte a tanta bontà di Gesù, che li prepara alla grande missione: è una cura ‘materna’ quella di Gesù per i Suoi, per rafforzarli nella fede. Conosce la loro debolezza umana messa alla prova nella Sua passione, crocifissione, morte e sepoltura, e la nostra di fronte alle tante difficoltà della vita. Vuole ravvivare la ragione della Sua presenza tra di noi: il significato vero e profondo di quanto ha compiuto per noi.

Sembra la storia di tanti di noi, magari con tanta fede e gioia nel seguire Gesù, ma forse attendendo inconsciamente da Lui ‘solo’ quello che attendevano gli Apostoli, ossia un benessere ‘qui’.

Tutti, credo, possono in certi periodi di crisi sperimentare questa ‘assenza’ di Dio, che poi ‘riappare’ di nuovo, superata la prova. Gesù ha detto, prima di tornare al Cielo: ‘Non vi lascerò orfani.’

Ed è così, per questo oggi la Chiesa ci invita a fare festa per l’Ascensione di Gesù al Cielo.

Giovanni, testimone di questo divino evento, così racconta negli Atti degli Apostoli quel giorno:

“Gesù si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre ‘quella che avete udita da me: Giovanni fu battezzato in acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni. Così, venutisi a trovare insieme, gli domandarono: ‘Signore è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?’ Ma egli rispose: ‘Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme, nella Giudea e in Samaria, fino agli estremi confini della terra’. Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube Lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Gesù, che è stato tra voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’” (At. 1, 1-11)

Ora i suoi discepoli sanno che Gesù è vivo – c’è! – Non più sottomesso alla miseria della nostra natura umana; c’è, non distante da noi, ma accanto a noi, di più, in noi, non in forma provvisoria, ma per sempre, nella pienezza della Sua potenza, pronto a comunicare tale divina potenza a chi crede in Lui. E, ancora di più, ora gli Apostoli sanno che le porte del Cielo sono aperte anche per loro: ‘Vado a prepararvi un posto.’

Quella è la dimora, la vera dimora verso cui dirigere i nostri passi, senza più cedere alle inevitabili prove o incertezze, che sono il bagaglio della nostra debolezza umana.

L’importante sarà – è – tenere fisso lo sguardo verso l’Alto, per vedere tutto alla luce che da lassù viene, per vivere ogni momento della nostra quotidianità come ‘cittadini del cielo’, sentendo nel fondo dell’anima che il Cielo di Dio è già, in qualche modo, in noi, poiché Gesù ‘abita’ in noi!

Dice S. Paolo, scrivendo agli Efesini:

“Possa Dio illuminare gli occhi della vostra anima per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti, secondo l’efficacia della sua forza che Egli manifestò in Cristo, quando Lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e potestà, potenza e dominazione, e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro”. (Ef. 1, 17-23)

La storia degli Apostoli è la nostra storia. Se non altro perché da quel giorno, su ordine preciso di Gesù, l’hanno tramandata fino a noi come la sola Buona Novella da sperare e vivere. Il difficile – ma è la somma sapienza cristiana – è adesso vivere con gli occhi continuamente fissi in Alto, senza avere la testa tra le nuvole, ma con piedi piantati a terra, luogo del nostro pellegrinaggio.

Nessuno, cioè, vuole nascondersi i rischi, le paure o i doveri, che ci prendono tutti, camminando su questa terra, soprattutto le velenose insidie, che ci vengono dalla nostra superbia, che ci acceca e impedisce di vedere la bellezza del Cielo aperto su di noi. Ma Dio non lascia solo nessuno.

Però è necessario corazzarsi di una robusta fede, soprattutto non distogliere mai gli occhi dal Cielo che dà sempre una risposta alle nostre incertezze e debolezze.

Vivere la speranza cristiana non significa, quindi, disinteressarsi della storia, che è il quotidiano, in cui dobbiamo essere ‘sale e luce della terra’, perché, come diceva Papa Francesco in un’udienza generale:

“L’Ascensione di Cristo al Cielo non significa la sua assenza dalla nostra vita, ma che Egli è tra noi il Vivente, presente in ogni tempo e luogo. Per questo noi non siamo mai soli: Cristo crocifisso e risorto ci guida poiché è il Dio e il Signore della storia, il Salvatore dell’umanità! L’Ascensione di Gesù è il frutto della sua obbedienza e della sua accettazione della Croce. Egli ci insegna ad accettare la volontà di Dio nella nostra vita, anche quando sembra difficile, perché non c’è né risurrezione senza Croce, né Ascensione senza obbedienza.”

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