don Alberto Brignoli" Dolore, condivisione, amore, speranza

III Domenica di Pasqua (Anno A) (04/05/2014)
Vangelo: Lc 24,13-35
La gioia del tempo di Pasqua ci regala, quest'oggi, uno dei brani emotivamente più coinvolgenti di tutto il Vangelo. Ogni volta che leggo o ascolto questo brano, avverto come un crogiuolo di sentimenti che vanno dalla gioia alla disperazione, dalla tristezza alla speranza. Probabilmente, gli stessi sentimenti che albergavano nel cuore di Cleopa e del suo compagno di viaggio, quello stesso giorno, il primo della settimana. Due discepoli di Gesù, ci dice il Vangelo. Due che erano stati a Gerusalemme, come tutti i buoni ebrei, per la festa di Pasqua, e ora facevano ritorno al loro villaggio di Emmaus. Non pare avessero molta voglia di tornare a Emmaus...sono solo undici, i chilometri che devono fare, tre ore sarebbero più che sufficienti per arrivarci... E invece, si fa quasi sera e ancora non sono giunti a destinazione. Camminavano col volto triste
(alla faccia del nome Cleopa, che significa "dal volto glorioso"...), e possiamo immaginare che il loro passo non fosse da meno.
Che voglia hanno, del resto, di tornare di corsa al paesello? Ci mancano da parecchio tempo, perché hanno seguito il Maestro nel suo tour; se n'erano andati forse promettendo a tutti che sarebbero tornati con il Regno di Israele tra le mani, nuovamente restaurato e più forte di prima. E invece tornano con le pive nel sacco: tre anni belli, in compagnia di un Maestro che era molto più che un rabbino, era un profeta che parlava con autorità e agiva di conseguenza. Uno che aveva le idee ben chiare, riguardo al Regno d'Israele; talmente chiare da far insospettire i capi del popolo, che con la complicità degli uomini dell'unico regno presente allora in Israele, quello di Roma, molto poco ideale rispetto a quello dei Cieli propinato dal Maestro, lo hanno condannato a morte con l'inganno, appendendolo a una croce. Non l'avessero mai fatto! Pur assicurandosi che fosse veramente morto - al punto che l'hanno trapassato con una lancia "risparmiandogli" la prevista frattura delle gambe - e pur assicurando l'entrata al sepolcro con una pietra dalle enormi dimensioni, han dovuto constatare (proprio stamattina, poche ore fa...) che qualcuno è riuscito a profanare la tomba, lasciandola vuota. E per dirla tutta, c'è stata pure una testimonianza di qualcuno che - avvicinato da giovani in bianche vesti simili ad angeli - ha detto che gli è stato riferito che Gesù è vivo ed è apparso in città, anche in due diversi luoghi contemporaneamente. Fantasia di donne, visto che i testimoni sono loro: sta di fatto, però, che la tomba è vuota e lui non c'è.
Essere stato a Gerusalemme in questi giorni e non saperne nulla è proprio un po' grave...da stolti! Non è certo consolante essere avvicinati da un viandante così; anche perché poi, raccontandogli tutto, si rivangano episodi e fatti dell'immediato passato che fanno ancora molto male. Ma con tutta sincerità, fa ancor più male, o meglio colpisce, vedere che questo viandante...ha mentito! Non è vero che non ne sapeva nulla, faceva lo gnorri, ma in realtà era perfettamente al corrente di quanto era avvenuto, e ne dava un'interpretazione tutta sua, anche avvincente, di quanto era accaduto: come se - a detta sua - tutto questo facesse parte della storia della salvezza, di un piano prestabilito da Dio! Anche qualche chilometro più avanti, il viandante sconosciuto finge di non capire, e fa come se dovesse proseguire. Ma non può farlo, è buio; troppo buio, fuori e dentro di loro, perché lui possa proseguire il cammino da solo, senza di loro. E allora, arriva la richiesta che cambia il corso della storia, della loro storia, e della storia della Chiesa nascente: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto".
Il tramonto è una delle ore più belle del giorno. In questo periodo che ci fa passare dall'inverno all'estate, poi, la luce del tramonto è ancora più bella: vedi le ombre che si avvicinano, nitide, lunghe, estese, ma il cielo è ancora chiaro, sopra di te, e la notte non fa più così paura come in inverno. Il giorno, con le sue luci ma anche con le sue tristezze, se ne va, e lascia il posto alla notte, alle tenebre che avanzano, ma che a volte portano con sé la tenerezza di un abbraccio, la dolcezza dell'intimità di una casa dove, nella semplicità, si spezza il pane della cena e il pane dell'amore condiviso.
Sì, perché la differenza sta tutta lì: nell'amore condiviso che apre gli occhi e che dona speranza. Tutti e tre, Cleopa, il suo amico e il viandante sconosciuto, hanno proclamato il kerygma: Gesù, profeta grande in parole ed opere, mandato da Dio per portare nel mondo il suo Regno, è stato crocifisso e sepolto. Ora la tomba è vuota, e a noi è stato annunciato che egli vive. Ma finché non condividi il pane della speranza e dell'amore, la tomba di Gesù sarà sempre una tomba inesorabilmente vuota; quando però il tuo cammino senza speranza incontra una parola di consolazione che ti infiamma il cuore e che spezza con te il pane della condivisione e dell'amore, allora il tuo dolore condiviso diviene speranza, poi certezza, splendore, luce. Ti si riaprono gli occhi, e quella che hai visto non è più una tomba vuota e priva di un cadavere, ma è l'altare su cui si è adagiata la vittima sacrificale che Dio ha risuscitato dai morti.
Puoi annunciare la stessa fede e lo stesso vangelo che annunciano i tuoi fratelli; ma mentre il dolore che porti chiuso in te stesso ti porta alla disperazione, il dolore condiviso con chi sa infiammare il tuo cuore di amore ti porta alla speranza.
Prima la pace, poi la gioia, ora la speranza: tre domeniche di Pasqua, tre doni del Risorto. Costerà, senz'altro: ma ne vale la pena, andare avanti su questa strada di Emmaus.

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