don Giovanni Berti "Non guardare in cielo… ma davanti a te"

Ascensione del Signore
Quale piccola incoerenza nelle letture di oggi... forse.
Nel vangelo di Matteo, Gesù promette di rimanere per sempre con i suoi discepoli, fino alla fine del mondo, mentre negli Atti degli Apostoli, l'evangelista Luca (che scrive questo libro insieme al vangelo che porta il suo nome) dice che ad un certo punto Gesù se ne va, e viene sottratto alla vista dei loro occhi.
Ma allora questo Gesù rimane o se ne va? Il Signore c'è per alcuni privilegiati e per altri è invisibile?

Nei discepoli "bloccati" a guardare il cielo vedo un po' la perplessità mia e di tutti coloro che ogni tanto si chiedono "dove sei Gesù?" Anche io ogni tanto fisso il cielo e mi domando cosa fare, come affrontare le difficoltà che vedo sulla terra, vicino e lontano da me. A volte mi blocco a guardare il cielo, pensando che è troppo difficile guardare davanti a me e sotto di me. Troppo dura e confusa è la vita concreta, e preferisco pensare che la fede in fondo è guardare in alto, lontano da me e dai miei fratelli.
I due uomini in bianche vesti mi richiamano e mi rimproverano. Ricordano anche a me la promessa del ritorno pieno di Gesù, senza più dubbi e confusioni. E' una promessa che vuole mettermi il cuore in pace: la storia alla fine ha Gesù come protagonista assoluto e non siamo abbandonati. Ma ora è il tempo di guardare avanti a se, lungo i sentieri della vita e della storia dell'umanità. L'invito "andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... e di me sarete testimoni fino ai confini della terra" dato ai discepoli è fatto anche a me e ad ogni credente che porta il nome di Gesù.
Gesù non lo vedo con l'occhio fisico e non lo tocco come poteva fare un suo discepolo e amico di allora, ma non per questo non è possibile sentirlo vicino e sperimentarne l'amicizia. Forse è come andare in bicicletta: se smetto di pedalare la fermo la bicicletta non sta su da sola ma cade, e sono costretto ad appoggiarmi, ma se vado in avanti e non mi fermo, la bicicletta sta in equilibrio.
Il paragone può sembrare banale, ma penso che in fondo sia questo un po' il significato della missione data ai discepoli: essere cristiani è andare continuamente, senza fermare l'annuncio del vangelo. E' proprio nell'incontro continuo con i fratelli e le varie situazioni dell'umanità che posso tener viva la memoria di Gesù, e sentirlo così vivo anche per me. Se mi fermo nella testimonianza e non continuo a render vivente Gesù nei miei gesti, parole, scelte,.. allora la presenza viva di Gesù si spegne, e come succede con la bicicletta, si cade.
Fermarsi a guardare il cielo, secondo il racconto del vangelo, sembra dunque un gesto inutile.
Non è dunque incoerente la scrittura che ascoltiamo in questa domenica. Essa ci dice che Gesù non è più presente nel suo corpo fisico, nemmeno come corpo risorto, e che da quel giorno che se ne è definitivamente andato alla vista degli apostoli suoi amici, il modo per vederlo e sperimentarlo è proprio l'annuncio con la vita. Gesù rimane con me e con i miei fratelli e sorelle di fede. Gesù è presente, ogni volta che la comunità cristiana vive come lui ha insegnato. Gesù non abbandona l'umanità perché ha lasciato la sua Chiesa piena del suo Spirito, quello Spirito del Risorto che proprio a Pentecoste celebreremo.

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