fr. Massimo Rossi "Cristo via, verità e vita."

V Domenica di Pasqua (Anno A) (18/05/2014)
Vangelo: Gv 14,1-12
Domenica scorsa il Vangelo ci ha parlato di Cristo pastore e porta dell'ovile; oggi ci presenta Cristo via, verità e vita. E così, domenica dopo domenica, la nostra conoscenza di Cristo si approfondisce; l'augurio che faccio a me stesso e a tutti voi è che con la conoscenza cresca anche il nostro affetto per Lui e il desiderio di imitarlo.
Sembrano parole scontate, espressioni di circostanza, pie esortazioni da preti (o da suore)...
In realtà la vita terrena è l'unica opportunità che abbiamo per raggiungere la pienezza dell'umanità secondo la fede; sappiamo che questa pienezza è stata manifestata da Cristo nei giorni della sua vita terrena (cfr. Eb 5).
La storia della spiritualità annovera l'opera di insigni scrittori, i quali sottolinearono che l'Imitazione di Cristo è l'unica scelta possibile, per noi che abbiamo aderito alla fede.

È necessario contestualizzare l'insegnamento del Signore: Colui che parla di sé come via, verità e vita, è lo stesso che aveva appena compiuto il gesto scandaloso di lavare i piedi ai Dodici.
Tommaso, Filippo e anche gli altri non sono in grado di cogliere la profonda unità tra quel gesto e quelle parole. Soprattutto mostrano di non aver capito che la salvezza non è un luogo a cui si può arrivare percorrendo una strada... La salvezza è una persona che si più raggiungere nell'unico modo possibile alle persone, la relazione.
È necessario il ‘salto della fede', quel cambio di mentalità che non è nell'ordine dello sviluppo graduale-continuo, ma, lo dice la parola, esige un passaggio da una situazione ad un'altra sostanzialmente diversa, appunto, un salto. La visione del non credente non può diventare quella del credente, per (piccoli) progressi successivi... C'è un'eccedenza, c'è una discontinuità.
Per dirla alla maniera di Rudolf Bultman e dei teologi tedeschi, si tratta di assumere posizioni che sono totaliter aliter! perché, rispetto all'uomo, Dio è totaliter aliter, totalmente altro; e chi vuole credere - e sottolineo, vuole -, deve necessariamente raccogliere la sfida cristiana e saltare...
Secondo la visione di Giovanni, il Signore Gesù della cena di addio è già il Cristo... le coordinate spazio-temporali sono già saltate! Parole come strada, posto, andare, tornare, vedere, conoscere... assumono un significato del tutto nuovo; e, ripeto, gli Apostoli non sono capaci a mettersi in sintonia con la persona del Maestro, entrando nella sua forma mentis.
Nella mia esperienza di ministero, incontro spesso persone che mi raccontano di aver trovato Dio, recandosi in pellegrinaggio in questo, o quel santuario mariano; a questo proposito l'evangelista Luca mette in guardia: "Disse ancora (Gesù) ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli" (17,22-37).
La vita dello spirito abita per così dire una dimensione che va oltre lo spazio e il tempo, pur rimanendo parte integrante della persona. In altre parole, l'incontro con Cristo, la relazione con Lui non è condizionata e limitata dalla geografia del mondo! Alla donna samaritana che lo interrogava su quale monte si potesse adorare Dio, se a Gerusalemme o a Garizim, il Signore rispose: Dio è spirito e i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4,5-42).
Non intendo squalificare, tantomeno delegittimare il valore dei santuari e l'esperienza umana e umanizzante del pellegrinaggio. L'Europa del medioevo era letteralmente cucita insieme da una fitta ragnatela di itinerari spirituali, che collegavano i santuari sparsi nelle diverse località, e che ancora oggi sono meta di milioni di fedeli; lo stesso termine pellegrino, che ha assunto il significato generico di viaggiatore, mendicante... esprime la precarietà e l'abbandono fiducioso alla Provvidenza, tipico di colui che si reca in pellegrinaggio nei luoghi santi della cristianità e non solo. Ma, guai, se la nostra fede dipendesse dalla presenza fisica in questa, o quella chiesa, in questo o quel luogo di apparizioni miracolose!...
Caterina Da Siena, straordinario esempio di spiritualità domenicana, aveva costruito la sua cella interiore, il luogo sacro dell'incontro con Dio e con se stessa. Qui - scrive Caterina - l'uomo fa l'esperienza del proprio niente e di come tutto riceva, dall'amore infinito del suo Creatore.
"Credete in me - dice il Signore -; io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. Chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste...".
La fede in Cristo non conosce sud o nord, oriente o occidente... Cambieranno forse gli aspetti esterni, la sensibilità, il modo di celebrare la fede. Ma la fede in Cristo no! Perché Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre (cfr. Eb 13). Il Cristo di Lourdes, il Cristo di Medjugorje, il Cristo di Roma... non è diverso dal Cristo che ascoltiamo nel Vangelo della domenica, e che riceviamo nell'Eucaristia! Possiamo vivere, dobbiamo vivere la fede nei luoghi ordinari e con le persone che vivono quotidianamente al nostro fianco.
Se non viviamo la fede qui e ora, se la nostra fede non ci pervade e non ci accompagna dovunque, noi potremo fare tutti i viaggi possibili e immaginabili, ma la fede sarà sempre esposta al fascino pericoloso della suggestione e del devozionismo.
Durante l'ultima cena, Gesù dichiara: "E' bene per voi che io me ne vada." (cfr. Gv 16); slegare il nostro rapporto con Cristo da una presenza fisica, o da un luogo particolare, è condizione necessaria, affinché possiamo cercarlo e trovarlo in un amore più libero e maturo.
La maturità della fede è saldamente ancorata alla promessa del Signore: "Non vi lascerò orfani". Ma non voglio anticipare il Vangelo di domenica prossima... Appuntamento fra sette giorni.
"Colui che aveva riposato sul petto di Gesù, non poté che gettarsi ai suoi piedi, come se fosse ferito a morte."
Henry Newman

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