padre Gian Franco Scarpitta" Non il vivo ma il Vivente"
Ascensione del Signore ,dipinto da Giotto |
Vangelo: Mt 28,16-20
Quello che sta succedendo a Gesù di fronte agli sguardi attoniti dei suoi apostoli non ha nulla a che fare con uno sparire nella stratosfera o con un perdersi fra gli astri della volta celeste. Non riguarda un partire come un razzo da una rampa di lancio mentre il volo viene accompagnato dall'infittirsi di una nube oscura. Si tratta piuttosto di un fenomeno misterico, insondabile ai sensi ma per il quale prendiamo consapevolezza che Gesù, vero Dio e vero uomo, dopo aver condiviso a lungo con noi ogni
aspetto dell'umanità, compresa la persecuzione e la morte cruente (sulla quale ha avuto ragione) adesso si sottrae alla nostra percezione sensoriale, sfugge alle possibilità di cognizione puramente umane e si allontana dalla sfera propriamente terrena. Assume la dimensione piena della gloria, quella ineffabile del divino, pur continuando a mantenere la medesima umanità. Vero Dio e vero uomo, egli entra nella sfera del divino.
Insegnerà Paolo ai Corinzi: "Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Se uno è in Cristo è una creatura nuova. Le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove." (2 Cor 5, 16 - 17) Il contatto prettamente umano con il Signore Risorto adesso non sarà più possibile, perché Egli "ascende al Cielo" e torna alla "destra de Padre". Vale a dire che d'ora in poi non ci sarà più possibile farne esperienza secondo categorie terrene, non avremo più modo di sperimentarne la presenza materiale, ma che potremo percepirne la presenza solo con un ulteriore sforzo comprensivo di umiltà, che è quello della fede.
Non più i sensi potranno garantirci la presenza del Signore Risorto e glorioso, ma quella virtù particolare infusa nei nostri cuori per la quale possiamo avere la certezza che Lui è comunque vivo e che anzi ci fa scoprire che oltre ad essere vivo egli è il Vivente.
Gesù non ha lasciato i suoi discepoli con un palmo di naso e non si è dileguato in modo tale da far perdere le proprie tracce, ma continua a vivere e ad operare con loro, prosegue nella loro azione la sua opera di redenzione e di salvezza, perpetua la sua presenza certa ed effettiva nei sacramenti e nell'unità della Chiesa, ma le condizioni di conoscenza ci vengono date dalla fede e dall'abbandono fiducioso e queste sono le uniche condizioni per poter interagire con lui.
Certo, gli apostoli dovevano essere stati colti da sgomento iniziale osservando la dipartita del loro Maestro e si rendevano conto che adesso avrebbero dovuto organizzare da se stessi la loro convivenza e il loro ministero, ma non c'è dubbio che non abbiano tardato a sperimentare la vicinanza del loro signore nonostante l'assenza di possibilità tattiche e uditive: dopo aver assistito al suo ritorno al Padre, tornano a Gerusalemme pieni di gioia, motivati e rinvigoriti dalla certezza che comunque non sarebbero rimasti soli. E del resto lo stesso Gesù aveva promesso che non li avrebbe lasciati orfani, ma che sarebbe stato con loro fino alla fine dei tempi e che avrebbe inviato per essi un Paraclito, un Consolatore, cioè lo Spirito che li avrebbe educati alla verità tutta intera in quanto "prenderà del mio e ve lo darà". E' infatti opera dello Spirito Santo la possibilità di percezione del Cristo Risorto nella nostra vita in seguito all'Ascensione poiché proprio lo Spirito del Padre e del Figlio, effuso su ciascuno dei cuori e nell'assemblea unita di Pentecoste, ci rende possibile l'esperienza continua del Risorto come colui che vive e che non muore mai più, e che anima e dà slancio alla sua Chiesa. Ruolo dello Spirito Santo dopo Pentecoste sarà quello di attualizzare la presenza del Signore in mezzo a noi, in modo tale che noi possiamo percepirla anche prescindendo dalle capacità sensoriali. Nello Spirito Cristo si rivela, si manifesta e agisce continuamente per noi e in forza dello Spirito entriamo in comunione con lui nella prerogativa della fede e della speranza. Scrive Ratzinger: "Il Cristo presso il Padre non è lontano da noi, semmai siamo noi ad essere lontani da Lui; ma la via fra noi e Lui è aperta."
Nella nuova dimensione di gloria Gesù ci invita a condividere costantemente la stessa reciprocità di rapporti che intercorrono fra Lui, il Padre e lo Spirito Santo, immettendoci nella vita piena in Dio e rendendoci partecipi del medesimo ambito di gloria che vivono eternamente i Tre. In più, quale Figlio del Padre che si è rivelato al mondo nello Spirito Santo, Egli ci sospinge in avanti dandoci ogni sprone perché rompiamo ogni indugio e di protraiamo verso l'avvenite colmi di fiducia per la certezza di non essere soli. Nella fede troviamo infatti la forza, il coraggio e la motivazione fondamentale per superare le nostre incertezze, le paure e le titubanze e la presenza continua di Gesù, sia pure egli invisibile, ci rassicura e ci conforta mentre sosteniamo sfide e difficoltà.
Una volta Asceso il Signore, inizia espressamente il nostro tempo con Lui, cioè il tempo della nostra intraprendenza e della nostra iniziativa che si intrecciano con la fedeltà continua a lui, il tempo della decisione e della determinata perseveranza. Come gli apostoli appena rientrati a Gerusalemme, anche noi siamo infatti spronati a perpetuare a tutti la presenza del Signore Risorto, soprattutto con una condotta di vita che lo faccia trasparire come il Vivente e non solamente come Colui che è vivo.
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