Papa Francesco "Messa a Santa Marta -Niente burocrazia in sacrestia"
2014-05-08 L’Osservatore Romano
Ci sono a volte atteggiamenti negativi che oscurano la docilità alla chiamata del Signore, il dialogo attento alla realtà dell’altro e la forza della grazia, cioè i tre momenti fondamentali dell’evangelizzazione. Atteggiamenti negativi che in chiesa si concretizzano quando la «burocrazia» fa diventare simili a «una ditta per fabbricare impedimenti che allontanano la gente dai Sacramenti».
Nel giorno della festa di Nostra Signoradi Luján, Papa Francesco ha dedicato al popolo argentino la messa celebrata stamani a Santa Marta (nell’immagine: una storia a fumetti del santuario di Luján pubblicata nel
1980)
È dunque un richiamo a essere «facilitatori dei Sacramenti» quello che il Papa ha fatto nella messa celebrata giovedì mattina, 8 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta.
Il brano degli Atti degli apostoli (8, 26-40) proposto nella liturgia odierna presenta in modo chiaro, ha notato il Pontefice, i tre momenti dell’evangelizzazione. «Il primo — ha spiegato — è la docilità di Filippo che va ad annunciare Gesù Cristo». Era impegnato «nel suo lavoro di evangelizzare» quando «l'angelo del Signore gli dice: alzati, lascia questo e va di là, su quella strada». E Filippo obbedisce, «è docile alla chiamata del Signore» e non esita a lasciare le «tante cose che doveva fare» e va dove lo chiama il Signore. E «questo ci fa vedere che senza questa docilità alla voce di Dio nessuno può evangelizzare, nessuno può annunciare Gesù Cristo. In linea di massima annuncerà se stesso».
Il dialogo, ha proseguito il Papa, è «secondo momento dell’evangelizzazione». Gli Atti degli apostoli raccontano che lungo la strada Filippo incontra «un etiope, eunuco, funzionario di Càndace, regina di Etiopia», una zona dove governavano le donne ha notato il Papa citando anche «la regina di Saba». Quell’uomo era «amministratore di tutti i tesori» del regno, un vero e proprio «ministro dell'economia». E stava andando «a Gerusalemme per il culto perché era ebreo». Gli Atti riferiscono che il ministro «seduto sul carro leggeva il profeta Isaia». Ed ecco che «il Signore dice a Filippo “va’ avanti e accostati a quel carro”». Sentendo, dunque, che quell’uomo «leggeva il profeta», Filippo «preso coraggio, gli domanda: capisci quello che stai leggendo?». Ecco il punto esatto che ci porta al «secondo momento del processo di evangelizzazione: il dialogo». Ma dialogare, ha avvertito, non significa dire solo «quello che io penso» e pretendere che l’altro ci creda. Anzi il vero dialogo «parte dall'altro: tu che stai leggendo, capisci questo?».
Insomma l’evangelizzatore coglie dall’altro l’occasione del dialogo, «si abbassa, si umilia davanti all'altro. Non va a imporre idee, dottrine» dicendo «le cose sono così!». L’autentico evangelizzatore va incontro all’altro «per offrire proprio la salvezza di Gesù» e lo «fa umilmente con il dialogo». Consapevole che «non si può evangelizzare senza il dialogo» e che non si può prescindere dal cammino della persona «che deve essere evangelizzata». Il Papa poi ha proposto una possibile di obiezione: «Ma, padre, si perde tanto tempo perché ognuno ha la sua storia, ha le sue idee...». È vero, ha riconosciuto, così facendo «uno perde tempo» ma certamente «più tempo ha perso Dio nella creazione del mondo! E l'ha fatto bene!». Dunque bisogna «perdere tempo con l'alta persona perché quella persona è quella che Dio vuole che tu evangelizzi», a cui tu devi dare «la notizia di Gesù». Ed è ancora importante anche che il dialogo avvenga con la persona «come è adesso» e «non come deve essere».
E tornando al racconto degli Atti degli apostoli, il Pontefice ha voluto far notare proprio che il dialogo tra Filippo e il ministro etiope, deve essere stato lungo e incentrato sul battesimo perchè «quando giunsero dove c'era l'acqua l'eunuco disse: “Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”».
Questa constatazione, ha sottolineato il Papa, ci porta al terzo momento dell’evangelizzazione. «Quest'uomo ha sentito la forza di Dio dentro» e quando vede l’acqua chiede all’apostolo: che cosa impedisce che io sia battezzato? E Filippo, ha spiegato il Pontefice, senza dire nulla lo fece scendere dal carro «e nell'acqua lo battezzò». Siamo davanti, ha sottolineato il Papa, alla «forza del Sacramento, la forza della grazia. Così si completa anche il processo dell’evangelizzazione: docilità dell'evangelizzatore, dialogo con la persona e la forza della Grazia. E «Filippo prende quest'uomo di buona volontà, tanto buono, e lo porta nelle mani di Dio, della sua Grazia».
Proprio «questo terzo momento» dell’evangelizzazione ha suggerito a Papa Francesco una riflessione «sulla domanda che fa questo ministro dell'economia: ecco, qui c'è dell'acqua, che cosa impedisce che io sia battezzato? Che cosa impedisce che la grazia venga a me?».
«Tante volte — è stata a questo punto la riflessione del Papa — allontaniamo la gente dall'incontro con Dio, allontaniamo la gente dalla grazia», perchè non ci comportiamo come «facilitatori dei Sacramenti».
Il racconto degli Atti degli apostoli prosegue e mostra il fine stesso dell’evangelizzazione. Infatti «quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più». È la conferma che c’era Dio in questo processo di evangelizzazione. Da una parte, ha spiegato ancora il vescovo di Roma, «l'eunuco pieno di gioia proseguiva la sua strada», dall’altra «Filippo invece si trovò ad Azoto ad evangelizzare la gente». Ecco la morale: quell'uomo che veniva da lontano, non aveva tanta cultura, leggeva la Bibbia perché gli era stato insegnato in Sinagoga. Ma aveva buona volontà, e sentì poi la gioia della grazia, di questa grazia che «è gratis, che non si può comprare perché non si vende: si dà». E proprio «con questa gioia quell'uomo incapace di generare, perché era un eunuco, porta in sé il seme di vita al suo popolo e genera un popolo di cristiani». Poi in quella regione andranno anche Matteo e Marco «a fondare le chiese».
Ci sono a volte atteggiamenti negativi che oscurano la docilità alla chiamata del Signore, il dialogo attento alla realtà dell’altro e la forza della grazia, cioè i tre momenti fondamentali dell’evangelizzazione. Atteggiamenti negativi che in chiesa si concretizzano quando la «burocrazia» fa diventare simili a «una ditta per fabbricare impedimenti che allontanano la gente dai Sacramenti».
Nel giorno della festa di Nostra Signoradi Luján, Papa Francesco ha dedicato al popolo argentino la messa celebrata stamani a Santa Marta (nell’immagine: una storia a fumetti del santuario di Luján pubblicata nel
1980)
È dunque un richiamo a essere «facilitatori dei Sacramenti» quello che il Papa ha fatto nella messa celebrata giovedì mattina, 8 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta.
Il brano degli Atti degli apostoli (8, 26-40) proposto nella liturgia odierna presenta in modo chiaro, ha notato il Pontefice, i tre momenti dell’evangelizzazione. «Il primo — ha spiegato — è la docilità di Filippo che va ad annunciare Gesù Cristo». Era impegnato «nel suo lavoro di evangelizzare» quando «l'angelo del Signore gli dice: alzati, lascia questo e va di là, su quella strada». E Filippo obbedisce, «è docile alla chiamata del Signore» e non esita a lasciare le «tante cose che doveva fare» e va dove lo chiama il Signore. E «questo ci fa vedere che senza questa docilità alla voce di Dio nessuno può evangelizzare, nessuno può annunciare Gesù Cristo. In linea di massima annuncerà se stesso».
Il dialogo, ha proseguito il Papa, è «secondo momento dell’evangelizzazione». Gli Atti degli apostoli raccontano che lungo la strada Filippo incontra «un etiope, eunuco, funzionario di Càndace, regina di Etiopia», una zona dove governavano le donne ha notato il Papa citando anche «la regina di Saba». Quell’uomo era «amministratore di tutti i tesori» del regno, un vero e proprio «ministro dell'economia». E stava andando «a Gerusalemme per il culto perché era ebreo». Gli Atti riferiscono che il ministro «seduto sul carro leggeva il profeta Isaia». Ed ecco che «il Signore dice a Filippo “va’ avanti e accostati a quel carro”». Sentendo, dunque, che quell’uomo «leggeva il profeta», Filippo «preso coraggio, gli domanda: capisci quello che stai leggendo?». Ecco il punto esatto che ci porta al «secondo momento del processo di evangelizzazione: il dialogo». Ma dialogare, ha avvertito, non significa dire solo «quello che io penso» e pretendere che l’altro ci creda. Anzi il vero dialogo «parte dall'altro: tu che stai leggendo, capisci questo?».
Insomma l’evangelizzatore coglie dall’altro l’occasione del dialogo, «si abbassa, si umilia davanti all'altro. Non va a imporre idee, dottrine» dicendo «le cose sono così!». L’autentico evangelizzatore va incontro all’altro «per offrire proprio la salvezza di Gesù» e lo «fa umilmente con il dialogo». Consapevole che «non si può evangelizzare senza il dialogo» e che non si può prescindere dal cammino della persona «che deve essere evangelizzata». Il Papa poi ha proposto una possibile di obiezione: «Ma, padre, si perde tanto tempo perché ognuno ha la sua storia, ha le sue idee...». È vero, ha riconosciuto, così facendo «uno perde tempo» ma certamente «più tempo ha perso Dio nella creazione del mondo! E l'ha fatto bene!». Dunque bisogna «perdere tempo con l'alta persona perché quella persona è quella che Dio vuole che tu evangelizzi», a cui tu devi dare «la notizia di Gesù». Ed è ancora importante anche che il dialogo avvenga con la persona «come è adesso» e «non come deve essere».
E tornando al racconto degli Atti degli apostoli, il Pontefice ha voluto far notare proprio che il dialogo tra Filippo e il ministro etiope, deve essere stato lungo e incentrato sul battesimo perchè «quando giunsero dove c'era l'acqua l'eunuco disse: “Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”».
Questa constatazione, ha sottolineato il Papa, ci porta al terzo momento dell’evangelizzazione. «Quest'uomo ha sentito la forza di Dio dentro» e quando vede l’acqua chiede all’apostolo: che cosa impedisce che io sia battezzato? E Filippo, ha spiegato il Pontefice, senza dire nulla lo fece scendere dal carro «e nell'acqua lo battezzò». Siamo davanti, ha sottolineato il Papa, alla «forza del Sacramento, la forza della grazia. Così si completa anche il processo dell’evangelizzazione: docilità dell'evangelizzatore, dialogo con la persona e la forza della Grazia. E «Filippo prende quest'uomo di buona volontà, tanto buono, e lo porta nelle mani di Dio, della sua Grazia».
Proprio «questo terzo momento» dell’evangelizzazione ha suggerito a Papa Francesco una riflessione «sulla domanda che fa questo ministro dell'economia: ecco, qui c'è dell'acqua, che cosa impedisce che io sia battezzato? Che cosa impedisce che la grazia venga a me?».
«Tante volte — è stata a questo punto la riflessione del Papa — allontaniamo la gente dall'incontro con Dio, allontaniamo la gente dalla grazia», perchè non ci comportiamo come «facilitatori dei Sacramenti».
Il racconto degli Atti degli apostoli prosegue e mostra il fine stesso dell’evangelizzazione. Infatti «quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più». È la conferma che c’era Dio in questo processo di evangelizzazione. Da una parte, ha spiegato ancora il vescovo di Roma, «l'eunuco pieno di gioia proseguiva la sua strada», dall’altra «Filippo invece si trovò ad Azoto ad evangelizzare la gente». Ecco la morale: quell'uomo che veniva da lontano, non aveva tanta cultura, leggeva la Bibbia perché gli era stato insegnato in Sinagoga. Ma aveva buona volontà, e sentì poi la gioia della grazia, di questa grazia che «è gratis, che non si può comprare perché non si vende: si dà». E proprio «con questa gioia quell'uomo incapace di generare, perché era un eunuco, porta in sé il seme di vita al suo popolo e genera un popolo di cristiani». Poi in quella regione andranno anche Matteo e Marco «a fondare le chiese».
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