dom Luigi Gioia " Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui"
Santissima Trinità (Anno A) (15/06/2014)
Vangelo: Gv 3,16-18
La solennità della Trinità va vissuta e compresa nel prolungamento della solennità della Pentecoste che abbiamo celebrato domenica scorsa: è il dono dello Spirito Santo che ci introduce nella verità tutta intera.
La verità è prima di tutto Gesù stesso che dice: Io sono la via, la verità e la vita. "Io sono la verità, perché sono il vero figlio di Dio, perché introduco nella vera conoscenza del Padre. Sono la via, perché conduco al Padre. E sono la vita, perché do' la vita che consiste nell'unione con il Padre nello Spirito Santo".
Stiamo celebrando lo stesso mistero della Pentecoste, però da un punto di vista leggermente diverso. In questa solennità della Trinità infatti siamo chiamati, in un certo senso, a porci la questione: chi è il Dio nel quale noi crediamo?
C'è un detto in Italia che dice: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Potremmo applicarlo alla nostra fede e renderlo in questo modo: dimmi in chi credi e ti dirò chi sei. Infatti la solennità della Trinità ci pone questa domanda. Ci invita a verificare quale idea ci facciamo di Dio. Quale è il Dio nel quale effettivamente crediamo. E a confrontarla poi con quello che ci rivela Gesù per mezzo del suo Spirito. Questo non solo perché si tratta di una questione di ortodossia della nostra fede, cioè di credere veramente quello che è vero. "Dimmi in chi credi e ti dirò chi sei" significa che dalla nostra fede dipende la nostra identità. Non solo dalla fede che proclamiamo, ma dalla fede che effettivamente abbiamo, dipende chi siamo.
Domenica scorsa abbiamo citato questa frase che non meditiamo mai abbastanza, la frase di san Paolo riportata nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 17, nella quale Paolo dice: Nel Signore ci muoviamo, esistiamo e siamo.
Quale che sia l'immagine che ci facciamo del Signore infatti, finché ce lo rappresentiamo come qualcuno che sta di fronte a noi siamo ancora nell'errore. In tutte le nostre relazioni con altre persone, per quanto possiamo essere vicini gli uni agli altri, per quanto ci possa essere una certa intimità - come nel caso della relazione coniugale - siamo sempre di fronte all'altro, c'è sempre una alterità di un certo tipo che fa' che l'altro è esteriore a me. Nella relazione con il Signore naturalmente questa alterità dimora. Ci sono state delle eresie, come quella del panteismo, nella quale si credeva che tutto fosse Dio e ci sono alcune derive nelle religioni che vengono dall'oriente nelle quali si tende a credere che noi e Dio siamo la stessa cosa. In realtà la fede cristiana riposa sul fatto che siamo altri rispetto a Dio, siamo diversi da Dio, siamo una persona di fronte a un Dio che è, lui, tre persone. Però nello stesso tempo non dobbiamo rappresentarci la relazione che abbiamo con Dio come quella che abbiamo con tutte le altre persone. Infatti Dio non è semplicemente davanti a noi. Come dice Paolo: in Dio ci muoviamo, in Dio esistiamo, in Dio siamo.
Il Signore non è solo lo scopo, colui che da senso alla mia vita, ma è alla radice del mio essere. Mi circonda. Mi avvolge più dell'aria che respiro. Non dimentichiamo che siamo in vita perché abbiamo ricevuto il soffio di Dio.
Poi, quando Gesù ci dona il suo Spirito, rinnova questo gesto, soffia il suo Spirito. Quindi l'aria che respiriamo è il soffio che ci viene da Dio. Tale è la nostra intimità con il Signore che, in un certo senso, lo respiriamo. Il Signore - come diceva sant'Agostino - è più intimo a me di me stesso.
Dove andare lontano dal tuo spirito? - dice un bellissimo salmo - Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei. Se scendo negli inferi, eccoti. Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.
Quando siamo stati creati il Signore ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. Questo lo vediamo rappresentato in modo molto suggestivo sui capitelli delle grandi cattedrali, nei quali il volto di Adamo e il volto di Gesù sono scolpiti in modo identico. Siamo creati ad immagine di Dio, ma la creazione non è solo il fatto di essere stati stabiliti nell'esistenza, di essere stati creati e poi posati lì, nel giardino o nel mondo - se si vuole.
Dobbiamo rappresentarci la creazione come l'atto attraverso il quale il Signore ci ha messi in movimento, e questo è ben espresso dall'idea del soffio. Il Signore soffia questo suo alito di vita in noi. Gesù ci ridona il suo Spirito. Ma lo spirito, come il soffio, è un vento, e noi dobbiamo rappresentarci noi stessi un po' come delle vele che, ricevendo questo vento, sono lanciati nella vita, nell'esistenza. Quindi la creazione ci mette in movimento, perché Dio è in movimento, perché Dio è vita. La vita è il movimento che è Dio e la vita è il movimento dell'amore. Infatti - lo costatiamo spesso nella nostra vita - è l'amore che ci mette in movimento. Chi ama, non sta mai fermo. Chi ama, cerca l'amato. Chi ama, vuole raggiungerlo, vuole proteggerlo, vuole dare tutto se stesso per lui o per lei.
Così noi, creati da Dio per amore, ricevendo il suo soffio che è lo Spirito Santo che è amore, siamo messi in movimento. Dio non è semplicemente colui nel quale crediamo, ma è colui che amiamo, che cerchiamo, senza il quale la nostra esistenza non ha senso.
Se veramente crediamo, se veramente abbiamo ricevuto il suo spirito, se veramente siamo uniti a Gesù, se veramente desideriamo vedere il volto del Padre, conoscere il Padre, allora ci lasciamo portare, ci lasciamo trasportare da questo movimento, che è il movimento della creazione ed è il movimento della ri-creazione realizzata attraverso il dono dello Spirito Santo.
Noi siamo usciti dal Signore per ritornare a lui. Sappiamo purtroppo però che cosa è successo: non abbiamo risposto a questa chiamata del Signore, abbiamo interrotto questo movimento dell'amore. Il peccato è intervenuto e ci ha separati da Dio. Invece di andare verso il Padre, siamo partiti per un paese lontano e lì, separati dal Signore, separati dalla sorgente di vita, ci siamo lentamente inariditi. Ci siamo svuotati. Allora siamo rimasti senza forze, abbandonati a noi stessi, sul ciglio della strada, seduti a pascolare i porci, cioè incatenati ai nostri peccati.
Questo meraviglioso movimento che il Signore aveva inaugurato con la creazione, questo soffio di vita che aveva messo dentro di noi, malgrado tutto dimora, ma come bloccato, come inaridito, come acqua stagnante. Ma l'amore del Padre, il movimento di questo amore è irresistibile. E' come un'onda inarrestabile che, se incontra un ostacolo, cresce fino a sorpassare questo ostacolo da sopra.
Questa è la verità fondamentale espressa nel vangelo di oggi: Dio ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna.
Un amore che va intensificandosi con il tempo. Un amore che le difficoltà, che le prove, che i rifiuti non solo non inibiscono, ma fanno crescere sempre di più. Dobbiamo percepire tutta la tensione, tutta la forza che c'è in questa frase di Giovanni. Dio ha tanto amato il mondo, questo amore per il mondo è stato talmente irresistibile in Dio che lo ha condotto a dare il Figlio unigenito, cioè a dare se stesso nel figlio - perché Padre, Figlio e Spirito Santo sono una cosa sola - perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna - cioè che chiunque era restato bloccato dal peccato possa rimettersi in movimento, rimettersi per strada, rimettersi su questa via che è Cristo, per ritornare al Padre.
Infatti il Figlio si è fatto uomo, è venuto a cercarci nel paese lontano nel quale ci eravamo smarriti. Ci ha uniti a lui. Ci ha presi sulle spalle, come la pecorella smarrita. Adesso è in lui e con lui, nello Spirito Santo, che ritorniamo al Padre.
Questo celebriamo nella solennità della Trinità.
Ci sembra una festa un po' astratta. Il termine stesso di Trinità ci lascia un po' perplessi. Effettivamente il termine Trinità non si trova nella scrittura. E' un termine elaborato dalla ricerca teologica per cercare di esprimere la verità profonda di Dio.
In realtà possiamo tranquillamente mettere da parte anche la parola Trinità. Quello che deve dimorare in noi è questa fede profonda nel Padre. Il Padre invisibile che possiamo vedere solo attraverso il Figlio. Dio, il Padre, nessuno l'ha mai visto, è il Figlio che ce lo ha rivelato. Il Figlio ce lo rivela non solo parlandoci del Padre. Il Figlio ci rivela il Padre, facendoci entrare nella sua relazione filiale con il Padre, facendoci diventare figli del Padre con lui, figli del Padre in lui. E poi, l'unione con il Figlio, la possibilità di diventare noi stessi figli, la riceviamo grazie al dono dello Spirito Santo, lo Spirito del Figlio che costantemente grida in noi, nel nostro cuore: Abbà, padre.
Questo celebriamo con la solennità della Trinità. Quello che deve risultare da questa celebrazione, deve essere in noi il desiderio, la determinazione, di essere sempre più profondamente uniti a Gesù. Più siamo uniti a Gesù, più diventiamo figli in lui, più ci apriamo all'amore del Padre, più possiamo veder crescere in noi i doni dello Spirito Santo.
Sappiamo quali sono le cose che ci uniscono più profondamente a Gesù: la preghiera e l'eucarestia. Più agiamo come figli - e dunque come fratelli gli uni degli altri -, più lasciamo lo Spirito Santo agire nel nostro cuore, più ritorniamo al Padre, più questo movimento di ritorno al Padre si accelera. Siamo figli nel Figlio. Abbiamo un Padre nei cieli che possiamo chiamare Padre nostro. Siamo uniti al Figlio e andiamo verso il Padre grazie allo Spirito che vive e prega nei nostri cuori.
Facciamo memoria di queste verità. Costantemente rimeditiamole nel nostro cuore e rendiamo grazie al Signore perché non soltanto ci ha liberati dal peccato, ma più profondamente ci ha ricondotti come figli nella sua casa, ci ha rivestiti di vesti nuove, ci ha messo l'anello al dito e i sandali ai piedi e vuole festeggiare con noi.
Il Padre ci vuole con lui per sempre, uniti al Figlio nello Spirito Santo.
Che il Signore ci conceda sempre più profondamente questa grazia. Ci permetta di capirla e di viverla grazie al dono del suo Spirito.
Vangelo: Gv 3,16-18
La solennità della Trinità va vissuta e compresa nel prolungamento della solennità della Pentecoste che abbiamo celebrato domenica scorsa: è il dono dello Spirito Santo che ci introduce nella verità tutta intera.
La verità è prima di tutto Gesù stesso che dice: Io sono la via, la verità e la vita. "Io sono la verità, perché sono il vero figlio di Dio, perché introduco nella vera conoscenza del Padre. Sono la via, perché conduco al Padre. E sono la vita, perché do' la vita che consiste nell'unione con il Padre nello Spirito Santo".
Stiamo celebrando lo stesso mistero della Pentecoste, però da un punto di vista leggermente diverso. In questa solennità della Trinità infatti siamo chiamati, in un certo senso, a porci la questione: chi è il Dio nel quale noi crediamo?
C'è un detto in Italia che dice: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Potremmo applicarlo alla nostra fede e renderlo in questo modo: dimmi in chi credi e ti dirò chi sei. Infatti la solennità della Trinità ci pone questa domanda. Ci invita a verificare quale idea ci facciamo di Dio. Quale è il Dio nel quale effettivamente crediamo. E a confrontarla poi con quello che ci rivela Gesù per mezzo del suo Spirito. Questo non solo perché si tratta di una questione di ortodossia della nostra fede, cioè di credere veramente quello che è vero. "Dimmi in chi credi e ti dirò chi sei" significa che dalla nostra fede dipende la nostra identità. Non solo dalla fede che proclamiamo, ma dalla fede che effettivamente abbiamo, dipende chi siamo.
Domenica scorsa abbiamo citato questa frase che non meditiamo mai abbastanza, la frase di san Paolo riportata nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 17, nella quale Paolo dice: Nel Signore ci muoviamo, esistiamo e siamo.
Quale che sia l'immagine che ci facciamo del Signore infatti, finché ce lo rappresentiamo come qualcuno che sta di fronte a noi siamo ancora nell'errore. In tutte le nostre relazioni con altre persone, per quanto possiamo essere vicini gli uni agli altri, per quanto ci possa essere una certa intimità - come nel caso della relazione coniugale - siamo sempre di fronte all'altro, c'è sempre una alterità di un certo tipo che fa' che l'altro è esteriore a me. Nella relazione con il Signore naturalmente questa alterità dimora. Ci sono state delle eresie, come quella del panteismo, nella quale si credeva che tutto fosse Dio e ci sono alcune derive nelle religioni che vengono dall'oriente nelle quali si tende a credere che noi e Dio siamo la stessa cosa. In realtà la fede cristiana riposa sul fatto che siamo altri rispetto a Dio, siamo diversi da Dio, siamo una persona di fronte a un Dio che è, lui, tre persone. Però nello stesso tempo non dobbiamo rappresentarci la relazione che abbiamo con Dio come quella che abbiamo con tutte le altre persone. Infatti Dio non è semplicemente davanti a noi. Come dice Paolo: in Dio ci muoviamo, in Dio esistiamo, in Dio siamo.
Il Signore non è solo lo scopo, colui che da senso alla mia vita, ma è alla radice del mio essere. Mi circonda. Mi avvolge più dell'aria che respiro. Non dimentichiamo che siamo in vita perché abbiamo ricevuto il soffio di Dio.
Poi, quando Gesù ci dona il suo Spirito, rinnova questo gesto, soffia il suo Spirito. Quindi l'aria che respiriamo è il soffio che ci viene da Dio. Tale è la nostra intimità con il Signore che, in un certo senso, lo respiriamo. Il Signore - come diceva sant'Agostino - è più intimo a me di me stesso.
Dove andare lontano dal tuo spirito? - dice un bellissimo salmo - Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei. Se scendo negli inferi, eccoti. Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.
Quando siamo stati creati il Signore ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. Questo lo vediamo rappresentato in modo molto suggestivo sui capitelli delle grandi cattedrali, nei quali il volto di Adamo e il volto di Gesù sono scolpiti in modo identico. Siamo creati ad immagine di Dio, ma la creazione non è solo il fatto di essere stati stabiliti nell'esistenza, di essere stati creati e poi posati lì, nel giardino o nel mondo - se si vuole.
Dobbiamo rappresentarci la creazione come l'atto attraverso il quale il Signore ci ha messi in movimento, e questo è ben espresso dall'idea del soffio. Il Signore soffia questo suo alito di vita in noi. Gesù ci ridona il suo Spirito. Ma lo spirito, come il soffio, è un vento, e noi dobbiamo rappresentarci noi stessi un po' come delle vele che, ricevendo questo vento, sono lanciati nella vita, nell'esistenza. Quindi la creazione ci mette in movimento, perché Dio è in movimento, perché Dio è vita. La vita è il movimento che è Dio e la vita è il movimento dell'amore. Infatti - lo costatiamo spesso nella nostra vita - è l'amore che ci mette in movimento. Chi ama, non sta mai fermo. Chi ama, cerca l'amato. Chi ama, vuole raggiungerlo, vuole proteggerlo, vuole dare tutto se stesso per lui o per lei.
Così noi, creati da Dio per amore, ricevendo il suo soffio che è lo Spirito Santo che è amore, siamo messi in movimento. Dio non è semplicemente colui nel quale crediamo, ma è colui che amiamo, che cerchiamo, senza il quale la nostra esistenza non ha senso.
Se veramente crediamo, se veramente abbiamo ricevuto il suo spirito, se veramente siamo uniti a Gesù, se veramente desideriamo vedere il volto del Padre, conoscere il Padre, allora ci lasciamo portare, ci lasciamo trasportare da questo movimento, che è il movimento della creazione ed è il movimento della ri-creazione realizzata attraverso il dono dello Spirito Santo.
Noi siamo usciti dal Signore per ritornare a lui. Sappiamo purtroppo però che cosa è successo: non abbiamo risposto a questa chiamata del Signore, abbiamo interrotto questo movimento dell'amore. Il peccato è intervenuto e ci ha separati da Dio. Invece di andare verso il Padre, siamo partiti per un paese lontano e lì, separati dal Signore, separati dalla sorgente di vita, ci siamo lentamente inariditi. Ci siamo svuotati. Allora siamo rimasti senza forze, abbandonati a noi stessi, sul ciglio della strada, seduti a pascolare i porci, cioè incatenati ai nostri peccati.
Questo meraviglioso movimento che il Signore aveva inaugurato con la creazione, questo soffio di vita che aveva messo dentro di noi, malgrado tutto dimora, ma come bloccato, come inaridito, come acqua stagnante. Ma l'amore del Padre, il movimento di questo amore è irresistibile. E' come un'onda inarrestabile che, se incontra un ostacolo, cresce fino a sorpassare questo ostacolo da sopra.
Questa è la verità fondamentale espressa nel vangelo di oggi: Dio ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna.
Un amore che va intensificandosi con il tempo. Un amore che le difficoltà, che le prove, che i rifiuti non solo non inibiscono, ma fanno crescere sempre di più. Dobbiamo percepire tutta la tensione, tutta la forza che c'è in questa frase di Giovanni. Dio ha tanto amato il mondo, questo amore per il mondo è stato talmente irresistibile in Dio che lo ha condotto a dare il Figlio unigenito, cioè a dare se stesso nel figlio - perché Padre, Figlio e Spirito Santo sono una cosa sola - perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna - cioè che chiunque era restato bloccato dal peccato possa rimettersi in movimento, rimettersi per strada, rimettersi su questa via che è Cristo, per ritornare al Padre.
Infatti il Figlio si è fatto uomo, è venuto a cercarci nel paese lontano nel quale ci eravamo smarriti. Ci ha uniti a lui. Ci ha presi sulle spalle, come la pecorella smarrita. Adesso è in lui e con lui, nello Spirito Santo, che ritorniamo al Padre.
Questo celebriamo nella solennità della Trinità.
Ci sembra una festa un po' astratta. Il termine stesso di Trinità ci lascia un po' perplessi. Effettivamente il termine Trinità non si trova nella scrittura. E' un termine elaborato dalla ricerca teologica per cercare di esprimere la verità profonda di Dio.
In realtà possiamo tranquillamente mettere da parte anche la parola Trinità. Quello che deve dimorare in noi è questa fede profonda nel Padre. Il Padre invisibile che possiamo vedere solo attraverso il Figlio. Dio, il Padre, nessuno l'ha mai visto, è il Figlio che ce lo ha rivelato. Il Figlio ce lo rivela non solo parlandoci del Padre. Il Figlio ci rivela il Padre, facendoci entrare nella sua relazione filiale con il Padre, facendoci diventare figli del Padre con lui, figli del Padre in lui. E poi, l'unione con il Figlio, la possibilità di diventare noi stessi figli, la riceviamo grazie al dono dello Spirito Santo, lo Spirito del Figlio che costantemente grida in noi, nel nostro cuore: Abbà, padre.
Questo celebriamo con la solennità della Trinità. Quello che deve risultare da questa celebrazione, deve essere in noi il desiderio, la determinazione, di essere sempre più profondamente uniti a Gesù. Più siamo uniti a Gesù, più diventiamo figli in lui, più ci apriamo all'amore del Padre, più possiamo veder crescere in noi i doni dello Spirito Santo.
Sappiamo quali sono le cose che ci uniscono più profondamente a Gesù: la preghiera e l'eucarestia. Più agiamo come figli - e dunque come fratelli gli uni degli altri -, più lasciamo lo Spirito Santo agire nel nostro cuore, più ritorniamo al Padre, più questo movimento di ritorno al Padre si accelera. Siamo figli nel Figlio. Abbiamo un Padre nei cieli che possiamo chiamare Padre nostro. Siamo uniti al Figlio e andiamo verso il Padre grazie allo Spirito che vive e prega nei nostri cuori.
Facciamo memoria di queste verità. Costantemente rimeditiamole nel nostro cuore e rendiamo grazie al Signore perché non soltanto ci ha liberati dal peccato, ma più profondamente ci ha ricondotti come figli nella sua casa, ci ha rivestiti di vesti nuove, ci ha messo l'anello al dito e i sandali ai piedi e vuole festeggiare con noi.
Il Padre ci vuole con lui per sempre, uniti al Figlio nello Spirito Santo.
Che il Signore ci conceda sempre più profondamente questa grazia. Ci permetta di capirla e di viverla grazie al dono del suo Spirito.
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