padre Gian Franco Scarpitta " Presenza efficace del Risorto"
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (22/06/2014)
Vangelo: Gv 6,51-58
Durante gli anni dell'università, all'esame di Teologia Sacramentaria il nostro docente esigeva che si rispondesse con una certa esattezza alla domanda: "Perché Gesù di Nazareth ha deciso di perpetuare la sua presenza nell'Eucarestia?" La risposta, pronta, doveva essere: "Perché ha voluto presenziare da
Risorto in mezzo a noi allo stesso modo con cui presenziava apparendo agli apostoli." All'epoca una simile esigenza mi sembrava esagerata, tipica del classico professore che ha il suo "pallino", ma dopo tanti anni di omelia e di pastorale devo convenire che questa risposta è quanto mai importante e necessaria.
Che Gesù abbia promesso di essere presente fra i suoi dopo l'Ascensione, infatti, lo abbiamo riscontrato più volte nelle liturgie precedenti. E abbiamo anche notato l'adempiersi delle sue promesse con l'invio dello Spirito Santo, che dal giorno di Pentecoste ci ragguaglia costantemente sulla viva presenza del Risorto. Lo stesso Gesù aveva del resto annunciato: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20), e tale presenza è avvalorata dall'azione dello Spirito che nel Cristo ci orienta verso la verità per intero (Gv 14, 17 - 18). Ma fermo restando tutto questo, è solamente nella realtà sacramentale eucaristica che Gesù è presente in mezzo ai suoi di una presenza non soltanto reale, ma anche sostanziale. Si tratta infatti di qualcosa che valica il lato spirituale del suo essere fra noi e che riguarda l'immediatezza, la tangibilità la sensorialità, anche se permane nell'ambito del mistero. Per essere più espliciti, nel Sacramento dell'Eucarestia Gesù è presente nella sostanza, vale a dire che al momento della Consacrazione sull'altare la sostanza del pane e del vino (= ciò che rende di fatto pane e vino propriamente tali) si trasforma immediatamente in quella del Corpo e del Sangue di Cristo, lo stesso Corpo, Sangue, Anima e divinità dell'uomo di Galilea, che percorreva i villaggi e insegnava nelle sinagoghe e nel tempio operando miracoli e guarigioni. Nel pane e nel vino che vengono consacrati avviene quindi che sostanzialmente presenzia lo stesso Signore che visse più di duemila anni or sono e soprattutto che egli ripresenta il medesimo sacrificio del luogo detto Cranio, quello dell'offerta di se stesso sulla croce. Tutte le volte che un sacerdote consacra detti elementi, pane e vino diventano in effetti il Corpo e il Sangue del Signore e ci viene ripresentato, come se avvenisse in questo momento, il sacrificio della Croce. Pane e vino sono segni sacramentali di una presenza non soltanto reale, ma anche certa, effettiva e completa nella sua interezza. Certamente, mentre muta la sostanza, le APPARENZE rimangono invariate: il pane avrà sempre colore, forma e sapore di pane e il vino manterrà il medesimo colore e sapore. Tuttavia il misterioso Evento li avrà resi Corpo e Sangue effettivo dello stesso Signore di Galilea. L'espressione "Questo è il mio Corpo" non dà alito a dubbi, poiché essa nelle lingua orientali corrisponde a "Questo Sono Io", de del resto Gesù aveva invitato a mangiare (consumare) la sua carne e a bere il suo Sangue. Non avrebbe avuto senso l'affermazione che fa seguito "Fate questo in memoria di me", se Gesù non avesse voluto espressamente che, mentre lui sarebbe stato invisibilmente con noi fino alla fine del mondo, noi si perpetuasse questo atto misterico di presenza, nel quale celebriamo "il memoriale della sua morte e proclamiamo la sua risurrezione". Fino alla fine dei tempi, nella persona di un ministro dell'altare, Gesù perpetuerà la sua presenza di Risorto in modo del tutto singolare e privilegiato e in modo da favorire che noi nella fede viviamo continuamente con lo stesso Signore fautore del Discorso delle beatitudini e soprattutto con il Dio - Uomo che ha vinto la morte fuoriuscendo dal sepolcro.
Finché egli non tornerà all'epilogo della storia, saremo sempre invitati a nutrirci del suo Corpo e ad usufruire della sua presenza viva ed efficace seppure silente e umilmente dimessa. Agli apostoli e ai loro successori è dato mandato di protrarre nel tempo questa sua presenza mediante l'esercizio ministeriale coadiuvato dai presbiteri. Cosicché nella celebrazione eucaristica, che è l'espressione della centralità della vita cristiana nella comunità radunata dallo Spirito attorno alla mensa del Corpo e del Sangue, noi facciamo tesoro di questa presenza misteriosa e ineffabile; assumendo le specie eucaristiche entriamo in comunione con il Padre mediante lo stesso Cristo Pane di vita e realizziamo al contempo la comunione anche fra di noi in forza della grazia dello Spirito Santo.
La Messa domenicale è il momento privilegiato del cristiano, che viene coinvolto direttamente dall'amore universale di cui Dio sin dall'eternità ha voluto rendere oggetto ogni uomo. La partecipazione all'Eucarestia, tenute presenti le dovute disposizioni, è un ingresso alla comunione con Dio nel magiare insieme il Corpo di Gesù, il quale, anche per il concorso dello Spirito Santo, accresce in noi il fervore della perfezione e del rinnovato slancio spirituale che apporta pace, risolutezza, ottimismo e fiducia nelle difficoltà Ricevere l'Eucarestia è motivo di forza nonché privilegiata occasione di non mancare a noi stessi. Ogni paura si supera con la fiducia in se stessi; qualsiasi tentennamento che porta a procrastinare e a rimandare o a non perseverare viene sconfitto con la nostra azione decisa e determinata, ma cosa può incuterci fiducia e serenità di spirito se non il Signore che interviene a nostro favore nelle sembianze del pane e del vino? Ricevere il Sacramento è costitutivo di ogni garanzia che si può raggiungere non senza l'intervento del Dio Con Noi Risorto.
Forse non consideriamo mai abbastanza il valore del Sacramento e sopratutto non sufficientemente valorizziamo l'importanza del suo ministro: il sacerdote. Peccatore scelto di mezzo al gregge non perché migliore di tutti gli altri, viene istituito da Cristo per farsi dispensatore della grazia sacramentale con cui Gesù entra nei nostri cuori e convive socialmente con noi ora come allora.
Vangelo: Gv 6,51-58
Durante gli anni dell'università, all'esame di Teologia Sacramentaria il nostro docente esigeva che si rispondesse con una certa esattezza alla domanda: "Perché Gesù di Nazareth ha deciso di perpetuare la sua presenza nell'Eucarestia?" La risposta, pronta, doveva essere: "Perché ha voluto presenziare da
Risorto in mezzo a noi allo stesso modo con cui presenziava apparendo agli apostoli." All'epoca una simile esigenza mi sembrava esagerata, tipica del classico professore che ha il suo "pallino", ma dopo tanti anni di omelia e di pastorale devo convenire che questa risposta è quanto mai importante e necessaria.
Che Gesù abbia promesso di essere presente fra i suoi dopo l'Ascensione, infatti, lo abbiamo riscontrato più volte nelle liturgie precedenti. E abbiamo anche notato l'adempiersi delle sue promesse con l'invio dello Spirito Santo, che dal giorno di Pentecoste ci ragguaglia costantemente sulla viva presenza del Risorto. Lo stesso Gesù aveva del resto annunciato: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20), e tale presenza è avvalorata dall'azione dello Spirito che nel Cristo ci orienta verso la verità per intero (Gv 14, 17 - 18). Ma fermo restando tutto questo, è solamente nella realtà sacramentale eucaristica che Gesù è presente in mezzo ai suoi di una presenza non soltanto reale, ma anche sostanziale. Si tratta infatti di qualcosa che valica il lato spirituale del suo essere fra noi e che riguarda l'immediatezza, la tangibilità la sensorialità, anche se permane nell'ambito del mistero. Per essere più espliciti, nel Sacramento dell'Eucarestia Gesù è presente nella sostanza, vale a dire che al momento della Consacrazione sull'altare la sostanza del pane e del vino (= ciò che rende di fatto pane e vino propriamente tali) si trasforma immediatamente in quella del Corpo e del Sangue di Cristo, lo stesso Corpo, Sangue, Anima e divinità dell'uomo di Galilea, che percorreva i villaggi e insegnava nelle sinagoghe e nel tempio operando miracoli e guarigioni. Nel pane e nel vino che vengono consacrati avviene quindi che sostanzialmente presenzia lo stesso Signore che visse più di duemila anni or sono e soprattutto che egli ripresenta il medesimo sacrificio del luogo detto Cranio, quello dell'offerta di se stesso sulla croce. Tutte le volte che un sacerdote consacra detti elementi, pane e vino diventano in effetti il Corpo e il Sangue del Signore e ci viene ripresentato, come se avvenisse in questo momento, il sacrificio della Croce. Pane e vino sono segni sacramentali di una presenza non soltanto reale, ma anche certa, effettiva e completa nella sua interezza. Certamente, mentre muta la sostanza, le APPARENZE rimangono invariate: il pane avrà sempre colore, forma e sapore di pane e il vino manterrà il medesimo colore e sapore. Tuttavia il misterioso Evento li avrà resi Corpo e Sangue effettivo dello stesso Signore di Galilea. L'espressione "Questo è il mio Corpo" non dà alito a dubbi, poiché essa nelle lingua orientali corrisponde a "Questo Sono Io", de del resto Gesù aveva invitato a mangiare (consumare) la sua carne e a bere il suo Sangue. Non avrebbe avuto senso l'affermazione che fa seguito "Fate questo in memoria di me", se Gesù non avesse voluto espressamente che, mentre lui sarebbe stato invisibilmente con noi fino alla fine del mondo, noi si perpetuasse questo atto misterico di presenza, nel quale celebriamo "il memoriale della sua morte e proclamiamo la sua risurrezione". Fino alla fine dei tempi, nella persona di un ministro dell'altare, Gesù perpetuerà la sua presenza di Risorto in modo del tutto singolare e privilegiato e in modo da favorire che noi nella fede viviamo continuamente con lo stesso Signore fautore del Discorso delle beatitudini e soprattutto con il Dio - Uomo che ha vinto la morte fuoriuscendo dal sepolcro.
Finché egli non tornerà all'epilogo della storia, saremo sempre invitati a nutrirci del suo Corpo e ad usufruire della sua presenza viva ed efficace seppure silente e umilmente dimessa. Agli apostoli e ai loro successori è dato mandato di protrarre nel tempo questa sua presenza mediante l'esercizio ministeriale coadiuvato dai presbiteri. Cosicché nella celebrazione eucaristica, che è l'espressione della centralità della vita cristiana nella comunità radunata dallo Spirito attorno alla mensa del Corpo e del Sangue, noi facciamo tesoro di questa presenza misteriosa e ineffabile; assumendo le specie eucaristiche entriamo in comunione con il Padre mediante lo stesso Cristo Pane di vita e realizziamo al contempo la comunione anche fra di noi in forza della grazia dello Spirito Santo.
La Messa domenicale è il momento privilegiato del cristiano, che viene coinvolto direttamente dall'amore universale di cui Dio sin dall'eternità ha voluto rendere oggetto ogni uomo. La partecipazione all'Eucarestia, tenute presenti le dovute disposizioni, è un ingresso alla comunione con Dio nel magiare insieme il Corpo di Gesù, il quale, anche per il concorso dello Spirito Santo, accresce in noi il fervore della perfezione e del rinnovato slancio spirituale che apporta pace, risolutezza, ottimismo e fiducia nelle difficoltà Ricevere l'Eucarestia è motivo di forza nonché privilegiata occasione di non mancare a noi stessi. Ogni paura si supera con la fiducia in se stessi; qualsiasi tentennamento che porta a procrastinare e a rimandare o a non perseverare viene sconfitto con la nostra azione decisa e determinata, ma cosa può incuterci fiducia e serenità di spirito se non il Signore che interviene a nostro favore nelle sembianze del pane e del vino? Ricevere il Sacramento è costitutivo di ogni garanzia che si può raggiungere non senza l'intervento del Dio Con Noi Risorto.
Forse non consideriamo mai abbastanza il valore del Sacramento e sopratutto non sufficientemente valorizziamo l'importanza del suo ministro: il sacerdote. Peccatore scelto di mezzo al gregge non perché migliore di tutti gli altri, viene istituito da Cristo per farsi dispensatore della grazia sacramentale con cui Gesù entra nei nostri cuori e convive socialmente con noi ora come allora.
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