Antonio Riboldi " Ti lodo, perché hai rivelato queste cose ai piccoli"

Omelia del giorno 6 Luglio 2014
 XIV Domenica Tempo Ordinario (Anno A)
Mai, come ai nostri giorni, vi è la tendenza a seminare errori, dubbi, addirittura, mai come oggi, si insinuano ‘cattiverie’ nel quotidiano della vita di ciascuno, nella famiglia, nella società al punto di
soffocare a volte anche la voglia di vivere.

Basta renderci conto di quanto, a volte, avviene in internet, al punto da dover perseguire il reato di calunnia, anche in questo ambito. Non c’è quasi modo di difendersi da tutto ciò che radio, televisione e riviste sfornano ogni giorno, spesso suadenti o sottili insinuazioni che tendono a sgretolare ogni verità e dignità.

È davvero necessario, ovunque, a cominciare dall’ambiente familiare, riportare quel clima di rispetto e serenità, che davvero dilata l’anima e fa gustare la vita.

È vero, non si può fare finta di niente e affermare che non c’è nulla di male: bisognerebbe essere ciechi davvero per non vedere il male che ci circonda!

Ha ragione oggi Gesù, che ci chiede di diventare ‘piccoli’, nel senso di ritrovare dell’amore il bello e il buono, affinchè il Padre stesso possa ‘rivelarsi’ a noi.

Commuove sentire Gesù che afferma:

“Ti rendo lode, Padre, Signore del Cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. (Mt. 11, 25-27)

E’ in queste parole di Gesù, che cogliamo il segreto delle persone ‘sante’: uomini e donne, che hanno l’animo ‘dei piccoli’, ossia tanto umili da lasciare il cuore sgombro da ogni desiderio di grandezza o di potere, di falsa superiorità, di arroganza, che sono solo il frutto della superbia.

La vita non è uno scherzo. È una grande responsabilità donataci da Dio. Verrà il giorno in cui dovremo rispondere a Lui di quale posto ha avuto nella nostra esistenza o di quali cose hanno preso il Suo posto. ‘Essere piccoli’, agli occhi di Dio, è proprio la garanzia per poter dare il giusto posto a Lui nel nostro cuore e nella nostra vita. "Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L'umiltà è la base di ogni vera grandezza", ha twittato un giorno Papa Francesco.

Nello stesso Vangelo di oggi c’è, subito dopo, un ‘gioiello del Cuore di Gesù’, che offre tanta serenità. ‘Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi ed imparate da me, che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero’. (Mt. 11, 28-30)

Un ‘gioiello’ che nuovamente si stacca dal nostro comune modo di pensare. Siamo infatti abituati, tante volte, ad avere esperienze di ‘spalle curve’ per la croce che ci accompagna nella vita, tutti, senza distinzioni. Per alcuni forse può sembrare una maledizione, che non ci si riesce a levar di dosso, pur cercando le più svariate vie per eliminarla: la via degli stupefacenti, che con il tempo si rivelano l’onda alta della morte, la via larga del divertimento a tutti i costi, che ci lascia solo svuotati nel cuore!

Per altri, al contrario, la croce è il segno inconfondibile del prezzo che si versa per entrare nel clima dell’amore, che in quanto tale non può mai essere ‘egoistico’, ma, per sua natura divina, è dono di sé fino al sacrificio.

Gesù, per tutto il tempo che visse tra noi, traversando così le vie della storia, vedendo l’uomo suo contemporaneo oppresso dalla nostra stessa ‘passione’- anche se questa cambia molte volte i nostri ruoli: carnefici o vittime – aveva sempre l’occhio e il cuore attento alle folle che Lo seguivano.

Esse vedevano in Lui l’ultima sponda della speranza e, quindi, della felicità.

Davanti a questa umanità in ricerca, tante volte ha espresso la Sua compassione profonda: una compassione mai superficiale sentimento, che lascia tutto come prima, ma totale condivisione!

Anzi Gesù fa della passione dell’uomo la Sua stessa passione e morte, perché ognuno di noi, pur portando la necessaria croce, che è componente naturale di ogni vita che si affaccia su questa terra, faccia esperienza che sotto la sua croce, spalla a spalla, c’è Lui a portarla con noi.

Ha scritto Papa Francesco: “Chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. La pace passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro. Non è un sentimento sdolcinato. La pace di Cristo la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore.”

Sorge in noi il profondo desiderio di dire. ‘GRAZIE!’, non per la croce in sé, che fa sempre male, ma perché, portata insieme, ci fa conoscere dal vero quanto Dio si prenda cura di noi e ci voglia bene. Così la croce che grava sulle nostre spalle diventa un modo di dire ‘sì’ a Chi ama senza limiti, sempre, Gesù, riscoperto anche nell’amore ai fratelli.

Ricordiamo sempre che si vive qui una sola volta, che, ripeto, è una preparazione per lasciarsi salvare, diventando davvero figli del Padre. È là che dobbiamo indirizzare pensieri, affetti, azioni e fatti. Che Dio doni a tutti di ‘essere piccoli’, così da poter un giorno pronunciare le parole di Madre Teresa: “Quando le cose finite si dissolveranno e tutto sarà chiaro, che io possa essere stato il debole, ma costante riflesso del Tuo amore”.

Antonio Riboldi – Vescovo

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