mons. Vincenzo Paglia" Il seminatore uscì a seminare"

Vangelo: Mt 13,1-23
Il Vangelo ci presenta Gesù lungo il mare di Galilea, costretto a salire su di una barca a motivo della numerosissima folla radunatasi attorno a lui. E narra una parabola importante. Caso raro nei Vangeli, la spiega lui stesso. Il senso di fondo della parabola è chiaro: si deve vivere dell'ascolto del Vangelo e non della propria presunzione. Il seminatore esce per seminare e a larghe bracciate getta il seme. Sembra non preoccuparsi di scegliere il terreno, visto che molti semi vanno perduti. Solo quelli che cadono sulla terra buona danno frutto. Gesù, anche se non lo dice, si paragona al seminatore. È sua, tipicamente sua, certo non nostra, la generosità nello
spargere il seme. Quel seminatore non è un misurato calcolatore; e, per di più, sembra riporre fiducia anche in quei terreni che sono più una strada o un ammasso di pietre che una terra arata e disponibile. Eppure anche là il seminatore getta la semente, sperando che attecchisca. Tutto il terreno è importante per il seminatore. In effetti non c'è parte di questa terra che egli non consideri degna di attenzione. Nessuna porzione è scartata. Il terreno è il mondo, anche quella parte di mondo che è ciascuno di noi. Non è difficile riconoscere nella diversità del terreno la complessità delle situazioni del mondo e quelle di ciascuno di noi. Gesù non vuol dividere gli uomini e le donne in due categorie, quelli che rappresentano il terreno buono e quelli che rappresentano il cattivo. Ciascuno di noi riassume tutte le diversità di terreno riportate dal Vangelo. Magari un giorno è più sassoso e un altro meno; altre volte accoglie il Vangelo ma poi si lascia sorprendere dalla tentazione; e in un altro momento ascolta e porta frutto. Una cosa è certa per tutti: c'è bisogno che il seminatore entri nel terreno, rivolti le zolle, tolga i sassi, sradichi le erbe amare e getti con abbondanza il seme. Il terreno, che sia sassoso o buono, quasi non importa, deve accogliere il seme, ossia la Parola di Dio. Essa è sempre un dono. Ma pur venendo da fuori entra così profondamente nel terreno da diventare una cosa sola con esso. Le nostre mani, abituate forse a toccare cose che giudichiamo grandi di valore, considerano poco questo piccolo seme. Quante volte abbiamo ritenuto ben più importanti le nostre tradizioni e le nostre convinzioni rispetto alla debole e fragile parola evangelica! Eppure, come nel piccolo seme è raccolta tutta la forza che porterà alla pianta futura, così nella parola evangelica risiede l'energia che crea il nostro futuro e quello del mondo. L'importante è non contrastarla. Il profeta Isaia scrive: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata"(Is 55, 10-11).

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