Mons.Antonio Riboldi "Il seminatore uscì a seminare"

Omelia del giorno 13 Luglio 2014
XV Domenica del Tempo ordinario
 Leggendo il Vangelo di oggi si ha come l’impressione viva di Gesù che percorre tutte le contrade della Terrasanta, portando ovunque la buona Novella del Regno di Dio.
Una vera pioggia di luce su un mondo che si è sempre distinto per il buio di cui sa circondarsi.
È come se la verità, che è Dio stesso che si rivela all’uomo, volesse anche ai nostri tempi rompere quella fitta coltre di nebbia che impedisce di camminare sicuri.
Ad ascoltare Gesù, allora, correvano in tanti. Si parla sempre di
folle, che non si stancavano di pendere dalle sue labbra. E deve essere stato meraviglioso sentire la Sua voce, ascoltare le parole che giungevano dalla pienezza del Suo Cuore. Chi di noi non avrebbe voluto essere uno di quei discepoli? Ma cosa si attendevano da Gesù? Verità di vita, curiosità da raccontare o attese da soddisfare? Certamente ci saranno stati i rappresentanti di tutte queste motivazioni …
E Gesù, che conosce i cuori, lo sapeva bene. Da qui la parabola del seminatore.
Gesù è il seminatore, che va nel suo campo, desideroso che questi diventi una messe colma di frutti.
Non vuole che il suo campo sia un deserto di morte e neppure un groviglio di spine o un terreno sassoso, dove è impossibile attecchisca la vita. Vuole un campo arato, ‘buono’, disponibile ad accogliere il suo seme, come una rosa che si apre per accogliere tutta la luce, che è la sua stessa bellezza, colore e profumo.

Quanta tristezza per il seminatore, quando trova, invece di un campo, ‘una strada’: un terreno ‘piatto’, calpestato da tutti, ormai insensibile ad ogni cenno di vitalità, non più in grado di comprendere la bellezza della Verità: un’assuefazione, un’insensibilità che dovrebbe farci paura

La constatiamo noi stessi, giorno per giorno, e in modo preoccupante. Quante volte si rimane increduli davanti alla durezza di cuore!

Addirittura ci si può sentire deridere quando si accenna alla gioia di essere nella verità, alla serenità che nasce, quando si vivono i grandi valori, che sono la dignità dell’uomo, anzi, di ogni figlio di Dio, che cerca di vivere secondo la vocazione ricevuta con Lui e per Lui.

‘Ci crede ancora a queste cose?’ a volte si sente chiedere da qualcuno, ma pensare da tanti!

È la domanda, aspra a volte, che viene posta a chi afferma la necessità per l’uomo della Parola di Dio. Siamo talmente sommersi dalle tante parole, che ovunque hanno il senso del ‘frastuono’, del ‘non senso’, o che, peggio ancora, incidono nella vita additando strade fuorvianti e sbagliate, da essere diventati duri e scettici, anche verso l’unica Parola di vita, che può salvarci.

Ma se Gesù ha sentito la necessità di essere con noi, predicando la Verità divina, che ritroviamo nel Vangelo, come un vero tesoro nascosto, lo ha fatto per indicarci la via della vita.

La Sacra Scrittura ed in modo particolare il Vangelo sono davvero il libro della Verità, che ci dovrebbe guidare verso la santità, che è la sola ragione per cui il Padre ci ha creati. Troppi, che pure si dicono cristiani, ignorano la Parola di Dio, che è invece necessaria alla nostra vera vita, più dell’aria che respiriamo.

Ricordiamo le parole di quel grande amico, ora santo, che era Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà … Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!”.

Oggi spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro nel profondo dell’anima e del cuore.

È un ‘terreno sassoso’, in cui vi sono spazi di bontà che sono apertura a Dio. Tanto è vero che la Parola prende subito vita, ma basta una difficoltà e il piccolo seme, che si era affacciato al sole dell’anima, si affloscia e, della gioia che si era conosciuta nell’accogliere Dio che ci parla, rimane nulla. Si torna alle recriminazioni, al deserto di prima.

E’ un ‘terreno, invaso dalle spine’, in cui il seme riesce a passare, ma poi il groviglio non perdona. E queste ‘spine’ Gesù le chiama ‘le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze’. Oggi, in un tempo di ricerca di benessere, come è facile imbattersi in ‘terreni spinosi’, poco adatti per la crescita della Parola. E alla fine si giunge ad essere incerti anche sul senso della vita su questa terra, il cuore finisce per essere devastato dal dubbio, che può tramutarsi in disperazione.

Gesù non vuole questo, vuole la nostra piena realizzazione, per questo ci invita a diventare ‘terreno buono’, e non ci lascia soli in questo cammino.

Lo ha ricordato bene Papa Francesco in una catechesi sui doni dello Spirito Santo.

“Il seme si scontra spesso con l’aridità del nostro cuore e, anche quando viene accolto, rischia di rimanere sterile. Con il dono della fortezza, invece, lo Spirito Santo libera il terreno del nostro cuore, lo libera dal torpore, dalle incertezze e da tutti i timori che possono frenarlo, in modo che la Parola del Signore venga messa in pratica, in modo autentico e gioioso. E’ un vero aiuto questo dono della fortezza, ci dà forza, ci libera anche da tanti impedimenti”.

E in un’altra occasione affermò: "E’ il cuore di ognuno di voi il vero campo della fede. Ed è nella vostra vita che Gesù chiede di entrare con la sua Parola, con la sua presenza. Lui è ‘la via, la verità e la vita’. Fidiamoci di Lui. Lasciamoci guidare da Lui".

Preghiamo dunque con il caro S. Giovanni Paolo II, colei che seppe accogliere e vivere la Parola, che per opera dello Spirito si incarnò nel suo seno: Maria SS.ma

“Maria, Regina dei martiri, che ai piedi della croce hai condiviso fino in fondo il sacrificio del tuo Figlio sostienici nel trasmettere il coraggio della nostra fede. Aiutaci a vivere la nostra missione al servizio del Vangelo, nella fedeltà e nella gioia, in attesa del giorno glorioso del Signore Gesù Cristo, lo stesso, ieri, oggi e sempre”.



Antonio Riboldi – Vescovo

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