padre Gian Franco Scarpitta "La Parola e la speranza"
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/07/2014)
Vangelo: Mt 13,1-23
Una bellissima storia di Esiodo, nella mitologia greca, racconta di un tempo in cui Prometeo, per aiutare gli uomini a lavorare per vivere, rubò tutto il fuoco dell'Olimpo di cui facevano uso solo Zeus e le altre divinità, e lo sparse poi su tutta la terra. Saputa la cosa, Zeus andò su tutte le furie, anche osservando che gli umani
facevano cattivo uso del fuoco. Per punirli, incaricò Efesto di plasmare con l'argilla una bella donna, alla quale si diede nome Pandora, alla quale poi consegnò un vaso ermeticamente chiuso, con la viva raccomandazione di non aprirlo per nessun motivo. Esso conteneva infatti tutti i mali e le calamità: la malattia, il dolore, la cattiveria, l'odio, il vizio, l'ignavia... Se Pandora lo avesse aperto, subito tutte queste brutture si sarebbero sparse irrimediabilmente nel mondo rovinando la vita degli uomini. Pandora, che era stata forgiata con la caratteristica della curiosità, non resistette alla tentazione di aprire il vaso: ne aprì leggermente il coperchio e subito si sparsero sul pianeta tutti i mali che tuttora ci affliggono. Il vaso si svuotò completamente, ma sul fondo era stata depositata un'altra cosa che fuoriuscì anch'essa, vagando in mezzo a tutte le sciagure suddette: la speranza.
La storia è molto avvincente, perché nella fantasia racchiude la presenza di un germe di bene in mezzo alle molteplicità dei mali e delle sciagure: queste non sono certo causate dalla predisposizione di un vaso e dalla curiositè di una donna: sono piuttosto la scaturigine del cattivo uso del libero arbitrio dell'uomo e provengono dalla presunzione di ostinata, fallace libertà. Essi possono essere compendiati nella sola realtà del peccato.
La Parola di Dio tuttavia sfida tutti questi mali, insinuandosi in messo alle cattiverie e alle perversioni degli uomini e apportandovi i propri frutti di speranza. Nonostante la malvagità ricorrente e l'assurda pretesa di autonomia e di grandezza che ci caratterizza, Dio insiste nel proporci la sua Parola, la quale agisce sempre quando viene proferita e non manca di apportare le dovute soluzioni di novità. La Parola di Dio è foriera di frutti copiosi tutte le volte che viene comunicata, paragonabile così alla pioggia e alla neve che discende giù dal cielo non già per umettare semplicemente la terra, ma per renderla feconda e produttiva (I lettura). Come afferma San Tommaso d'Aquino, "Dicere Dei est facere", cioè in Dio il parlare e l'agire si uniscono in armoniosa simbiosi e pertanto il dire di Dio è anche, in un certo qual modo il suo stesso operare per restituire agli uomini fiducia e speranza nella molteplicità del male e del peccato che imperversa nel mondo.
Se la Parola di Dio ha la sua efficacia intrinseca, essa tuttavia non produce alcun effetto se non le si lascia il dovuto spazio e se ci si chiude al suo prorompere nella nostra vita. Come non esiste alcuna legge scritta capace in se stessa di prevenire un solo crimine se non la si mette in pratica, così la Parola di Dio, pur avendo in se stessa la sua potenzialità indiscussa, non potrà mai cambiare la nostra vita se ad essa ci si sarà ostinatamente chiusi. Come non esiste alcuna mappa o indicazione stradale in grado di guidare i viandanti senza che la si segua attentamente, così la Parola non potrà mai fruttificare senza alcuno sforzo della nostra volontà a volerla attualizzare e concretare. Di fronte al parlare e all'agire di Dio occorre bonificare il nostro terreno, perché sia abbastanza fertile da saper accogliere la Parola per poi farla fruttificare di copiose risultanze. Ascolto, meditazione a azione concreta. Sono questi gli elementi che rendono fertile il terreno e rendere produttive o incolte le sue zolle saremo solamente noi stessi, secondo la nostra sensibilità e il nostro grado di volontà. Ed è per questo che è quanto mai urgente che parliamo di CONVERSIONE come preambolo alla vera fede: con questo termine si intende l'abbandono graduale di tutto ciò che ci impedisce di riconoscere l'efficacia obiettiva della Parola, la fuga da ogni espediente o da qualsiasi teoria o congettura che screditi la Parola di Dio privandola del proprio valore intrinseco effettivo, la presa di coscienza che solo in Dio e nel suo parlare e agire potremo trarre grande beneficio. La conversione è insomma convinzione profonda della Parola di Dio ed è la condizione fondamentale per la bonifica del nostro terreno. Convertirsi è un modo di convincersi della reale efficacia di ciò che ci trasforma. La conversione conduce al credere, quindi all'agire per trasformare noi stessi e il mondo che ci circonda. Perché non vanifichiamo l'efficacia del Verbo divino e diamo forza anche alla speranza che resta pur sempre una grande risorsa nella grande molteplicità dei nostri mali.
Vangelo: Mt 13,1-23
Una bellissima storia di Esiodo, nella mitologia greca, racconta di un tempo in cui Prometeo, per aiutare gli uomini a lavorare per vivere, rubò tutto il fuoco dell'Olimpo di cui facevano uso solo Zeus e le altre divinità, e lo sparse poi su tutta la terra. Saputa la cosa, Zeus andò su tutte le furie, anche osservando che gli umani
facevano cattivo uso del fuoco. Per punirli, incaricò Efesto di plasmare con l'argilla una bella donna, alla quale si diede nome Pandora, alla quale poi consegnò un vaso ermeticamente chiuso, con la viva raccomandazione di non aprirlo per nessun motivo. Esso conteneva infatti tutti i mali e le calamità: la malattia, il dolore, la cattiveria, l'odio, il vizio, l'ignavia... Se Pandora lo avesse aperto, subito tutte queste brutture si sarebbero sparse irrimediabilmente nel mondo rovinando la vita degli uomini. Pandora, che era stata forgiata con la caratteristica della curiosità, non resistette alla tentazione di aprire il vaso: ne aprì leggermente il coperchio e subito si sparsero sul pianeta tutti i mali che tuttora ci affliggono. Il vaso si svuotò completamente, ma sul fondo era stata depositata un'altra cosa che fuoriuscì anch'essa, vagando in mezzo a tutte le sciagure suddette: la speranza.
La storia è molto avvincente, perché nella fantasia racchiude la presenza di un germe di bene in mezzo alle molteplicità dei mali e delle sciagure: queste non sono certo causate dalla predisposizione di un vaso e dalla curiositè di una donna: sono piuttosto la scaturigine del cattivo uso del libero arbitrio dell'uomo e provengono dalla presunzione di ostinata, fallace libertà. Essi possono essere compendiati nella sola realtà del peccato.
La Parola di Dio tuttavia sfida tutti questi mali, insinuandosi in messo alle cattiverie e alle perversioni degli uomini e apportandovi i propri frutti di speranza. Nonostante la malvagità ricorrente e l'assurda pretesa di autonomia e di grandezza che ci caratterizza, Dio insiste nel proporci la sua Parola, la quale agisce sempre quando viene proferita e non manca di apportare le dovute soluzioni di novità. La Parola di Dio è foriera di frutti copiosi tutte le volte che viene comunicata, paragonabile così alla pioggia e alla neve che discende giù dal cielo non già per umettare semplicemente la terra, ma per renderla feconda e produttiva (I lettura). Come afferma San Tommaso d'Aquino, "Dicere Dei est facere", cioè in Dio il parlare e l'agire si uniscono in armoniosa simbiosi e pertanto il dire di Dio è anche, in un certo qual modo il suo stesso operare per restituire agli uomini fiducia e speranza nella molteplicità del male e del peccato che imperversa nel mondo.
Se la Parola di Dio ha la sua efficacia intrinseca, essa tuttavia non produce alcun effetto se non le si lascia il dovuto spazio e se ci si chiude al suo prorompere nella nostra vita. Come non esiste alcuna legge scritta capace in se stessa di prevenire un solo crimine se non la si mette in pratica, così la Parola di Dio, pur avendo in se stessa la sua potenzialità indiscussa, non potrà mai cambiare la nostra vita se ad essa ci si sarà ostinatamente chiusi. Come non esiste alcuna mappa o indicazione stradale in grado di guidare i viandanti senza che la si segua attentamente, così la Parola non potrà mai fruttificare senza alcuno sforzo della nostra volontà a volerla attualizzare e concretare. Di fronte al parlare e all'agire di Dio occorre bonificare il nostro terreno, perché sia abbastanza fertile da saper accogliere la Parola per poi farla fruttificare di copiose risultanze. Ascolto, meditazione a azione concreta. Sono questi gli elementi che rendono fertile il terreno e rendere produttive o incolte le sue zolle saremo solamente noi stessi, secondo la nostra sensibilità e il nostro grado di volontà. Ed è per questo che è quanto mai urgente che parliamo di CONVERSIONE come preambolo alla vera fede: con questo termine si intende l'abbandono graduale di tutto ciò che ci impedisce di riconoscere l'efficacia obiettiva della Parola, la fuga da ogni espediente o da qualsiasi teoria o congettura che screditi la Parola di Dio privandola del proprio valore intrinseco effettivo, la presa di coscienza che solo in Dio e nel suo parlare e agire potremo trarre grande beneficio. La conversione è insomma convinzione profonda della Parola di Dio ed è la condizione fondamentale per la bonifica del nostro terreno. Convertirsi è un modo di convincersi della reale efficacia di ciò che ci trasforma. La conversione conduce al credere, quindi all'agire per trasformare noi stessi e il mondo che ci circonda. Perché non vanifichiamo l'efficacia del Verbo divino e diamo forza anche alla speranza che resta pur sempre una grande risorsa nella grande molteplicità dei nostri mali.
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