Sr. Maria Giuseppina Pisano o.p.""Buono è il Signore verso tutti"
Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )
"Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa,
e tu provvedi loro il cibo, a suo tempo.
Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente. "(sl 144)
Così recita il salmo responsoriale della liturgia eucaristica di questa domenica; son pochi versi, ma contengono un inno al Dio, che è
vicino, non solo all'uomo, ma ad ogni creatura che abiti l'universo.
Il Salmista, ci parla di un disegno intelligente nella creazione, una creazione viva, che tende a Dio, che sembra, addirittura, guardare a Lui, per accogliere dalla sua infinita tenerezza, quanto occorre all'esistenza:" Tu apri la mano e sazi la fame di ogni vivente..."
E' un' immagine splendida, nella quale contempliamo la presenza tenera di Dio verso ogni creatura uscita dalle sue mani, pensata dalla sua mente, e amata nella sua bellezza.
L' Altissimo, del quale, il buon israelita non doveva neppure pronunciare il nome, si rivela, nelle parole del salmo, incredibilmente attento alla vita di ogni essere; è quel Dio di cui Gesù dirà: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mieto, né raccolgono nei granai, eppure, il Padre vostro celeste li nutre....Osservate i gigli, come crescono: non lavorano, non tessono. Eppure, vi dico, che neppure Salomone, in tutta la sua magnificenza, vestiva come uno di essi..."(MT.6,26-29)
Se l'attenzione di Dio è per ogni creatura, tanto più essa si rivolge all'uomo, meravigliosa immagine del suo Creatore, e, allo stesso tempo, la più fragile fra tutte, la più vulnerabile e non solo fisicamente; ed è per quest'uomo, opera delle sue mani, che Dio, nella persona del Figlio, si è incarnato, Gesù di Nazareth, il Cristo, è segno inequivocabile dell'infinita tenerezza del Padre che, in Lui, ha aperto all'uomo il suo cuore, per saziarne ogni bisogno; dalla fame di verità, alla fame di giustizia, alla fame di salvezza e di felicità, sino a quella fame fisica di cui il passo del vangelo, oggi, ci parla.
L'episodio, narrato da Matteo, è situato in un momento particolare, quale è la morte di Giovanni Battista, il Precursore, la " voce" che, dalle solitudini del deserto, preparava la via al Redentore. Dopo questo evento, il Maestro si ritira, come in altri momenti importanti della sua vita, in un luogo deserto, a pregare, per un breve tempo, lontano dalla folla che lo segue, affamata, appunto, delle sue parole, così diverse da quelle degli altri rabbi.
La solitudine di Gesù, come leggiamo nel testo, dura poco:" Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città."
Nessuno, dunque, si arrende alla sua assenza, lo cercano, lo trovano, gli presentano i loro malati e lo ascoltano, incuranti del tempo che passa; una fede grande, che denuncia un altrettanto grande bisogno di luce, di sicurezza, di speranza, per la loro esistenza di povera gente.
Una fede grande, davanti alla quale Gesù, ancora una volta, si commuove; il Figlio di Dio, si rivela pienamente coinvolto in ogni dramma umano: la povertà, la malattia, la fame; egli non è soltanto il Maestro che parla, ma il fratello che opera, per colmare ogni indigenza, per saziare ogni fame.
I discepoli, che, in questo contesto, sono il simbolo del buon senso pratico della maggior parte degli uomini, scesa la sera, si preoccupano, di suggerire a Gesù che congedi la folla, in tempo utile, in modo che sia possibile raggiungere il villaggio più vicino, e, lì, comprare qualcosa da mangiare.
E' un ragionamento, che non fa una grinza, sicuramente, è la soluzione migliore, ma non per il Figlio di Dio; la sua risposta, infatti, non potrà che creare sconcerto, con quelle parole:«date loro voi stessi da mangiare».
Sembra una provocazione, i discepoli, infatti, non hanno altro che "cinque pani e due pesci", e la folla conta un numero rilevante di persone:"circa cinquemila uomini, precisa l' Evangelista, senza contare le donne e i bambini."
L'intenzione del Maestro, non è quella di provocare, né quella di stupire, con un miracolo strepitoso, egli, vuole rivelare la potenza dell'amore nelle relazioni umane; ed è così, che quei pochi pani e i due pesci, nelle sue mani, e per la sua preghiera, si moltiplicano e riescono a sfamare quella moltitudine.
Il racconto del Vangelo, riferisce un fatto realmente accaduto, ma il suo significato profondo, oltrepassa, il dato temporale, la situazione contingente, e si fa messaggio universale e permanente per ogni uomo, e, possiamo anche aggiungere, per ogni uomo, qualunque sia la sua fede, e la sua cultura.
La fame nel mondo, lo sappiamo bene, è un problema drammatico anche oggi, forse, più drammatico oggi, in un tempo in cui la civiltà ha toccato traguardi notevoli in tanti campi, e sembra aver risolto tanti problemi, ma non quello dell'amore tra gli uomini, se, in tanti paesi, ancora si muore letteralmente per la fame.
E' un discorso lungo ed impegnativo, questo della fame e delle povertà, un discorso che esula da un testo che vuole offrire solo delle brevi riflessioni su un passo del Vangelo; ma il richiamo di Cristo è forte, ed egli continua a dirci:«date loro voi stessi da mangiare!»; e il richiamo, è per tutti e per ognuno, indipendentemente dalle reali possibilità economiche; poiché ognuno sa, quanto e come dare, e nessuno deve disinteressarsi del povero.
Il simbolo del pane, poi, deve farci pensare, deve parlare, in modo particolare a noi cristiani, perché il pane, nutrimento fondamentale, è segno di comunione, di fraternità e di amicizia; il pane è quello che il Figlio di Dio ha scelto per trasformarlo nel suo corpo, offerto per la nostra salvezza, un pane, divenuto Pane di Vita, che egli stesso ha consegnato nelle nostre mani, perché ci trasformi interiormente, e ci renda capaci di vedere Dio, in noi, e in qualunque persona che ci passi accanto; di vederlo, soprattutto, nel povero, al quale non possiamo, certo, dar solo le briciole .
Come, nel deserto, il popolo in fuga fu sfamato la manna, mandata provvidenzialmente da Dio, e come Gesù, pienamente coinvolto nel dramma umano, moltiplicò quei pochi pani, oggi sta a noi, che ci diciamo suoi discepoli, farci sue mani a beneficio di chiunque sia nel bisogno, farci sua voce, perché la sua parola risuoni, con forza, anche nel nostro mondo, così che la Verità scalzi l'errore, la fraternità si sostituisca all'egoismo, fonte di ingiustizie, e l' amore dia vita ad una cultura veramente civile, perché umana.
«O voi tutti assetati, ci dice oggi il profeta Isaia da parte di Dio, venite all' acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte....Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna,».
Tutto abbiamo ricevuto gratuitamente da Dio, creatore dell'Universo, e di ogni bene che esso contiene, perciò, nessuno deve appropriarsene in modo esclusivo, riducendo altri nel bisogno estremo; anche questo ci ricorda, oggi, il Signore, invitandoci a compiere quei miracoli che solo l'amore sa fare.
Sr. Maria Giuseppina Pisano o.p.
"Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa,
e tu provvedi loro il cibo, a suo tempo.
Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente. "(sl 144)
Così recita il salmo responsoriale della liturgia eucaristica di questa domenica; son pochi versi, ma contengono un inno al Dio, che è
vicino, non solo all'uomo, ma ad ogni creatura che abiti l'universo.
Il Salmista, ci parla di un disegno intelligente nella creazione, una creazione viva, che tende a Dio, che sembra, addirittura, guardare a Lui, per accogliere dalla sua infinita tenerezza, quanto occorre all'esistenza:" Tu apri la mano e sazi la fame di ogni vivente..."
E' un' immagine splendida, nella quale contempliamo la presenza tenera di Dio verso ogni creatura uscita dalle sue mani, pensata dalla sua mente, e amata nella sua bellezza.
L' Altissimo, del quale, il buon israelita non doveva neppure pronunciare il nome, si rivela, nelle parole del salmo, incredibilmente attento alla vita di ogni essere; è quel Dio di cui Gesù dirà: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mieto, né raccolgono nei granai, eppure, il Padre vostro celeste li nutre....Osservate i gigli, come crescono: non lavorano, non tessono. Eppure, vi dico, che neppure Salomone, in tutta la sua magnificenza, vestiva come uno di essi..."(MT.6,26-29)
Se l'attenzione di Dio è per ogni creatura, tanto più essa si rivolge all'uomo, meravigliosa immagine del suo Creatore, e, allo stesso tempo, la più fragile fra tutte, la più vulnerabile e non solo fisicamente; ed è per quest'uomo, opera delle sue mani, che Dio, nella persona del Figlio, si è incarnato, Gesù di Nazareth, il Cristo, è segno inequivocabile dell'infinita tenerezza del Padre che, in Lui, ha aperto all'uomo il suo cuore, per saziarne ogni bisogno; dalla fame di verità, alla fame di giustizia, alla fame di salvezza e di felicità, sino a quella fame fisica di cui il passo del vangelo, oggi, ci parla.
L'episodio, narrato da Matteo, è situato in un momento particolare, quale è la morte di Giovanni Battista, il Precursore, la " voce" che, dalle solitudini del deserto, preparava la via al Redentore. Dopo questo evento, il Maestro si ritira, come in altri momenti importanti della sua vita, in un luogo deserto, a pregare, per un breve tempo, lontano dalla folla che lo segue, affamata, appunto, delle sue parole, così diverse da quelle degli altri rabbi.
La solitudine di Gesù, come leggiamo nel testo, dura poco:" Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città."
Nessuno, dunque, si arrende alla sua assenza, lo cercano, lo trovano, gli presentano i loro malati e lo ascoltano, incuranti del tempo che passa; una fede grande, che denuncia un altrettanto grande bisogno di luce, di sicurezza, di speranza, per la loro esistenza di povera gente.
Una fede grande, davanti alla quale Gesù, ancora una volta, si commuove; il Figlio di Dio, si rivela pienamente coinvolto in ogni dramma umano: la povertà, la malattia, la fame; egli non è soltanto il Maestro che parla, ma il fratello che opera, per colmare ogni indigenza, per saziare ogni fame.
I discepoli, che, in questo contesto, sono il simbolo del buon senso pratico della maggior parte degli uomini, scesa la sera, si preoccupano, di suggerire a Gesù che congedi la folla, in tempo utile, in modo che sia possibile raggiungere il villaggio più vicino, e, lì, comprare qualcosa da mangiare.
E' un ragionamento, che non fa una grinza, sicuramente, è la soluzione migliore, ma non per il Figlio di Dio; la sua risposta, infatti, non potrà che creare sconcerto, con quelle parole:«date loro voi stessi da mangiare».
Sembra una provocazione, i discepoli, infatti, non hanno altro che "cinque pani e due pesci", e la folla conta un numero rilevante di persone:"circa cinquemila uomini, precisa l' Evangelista, senza contare le donne e i bambini."
L'intenzione del Maestro, non è quella di provocare, né quella di stupire, con un miracolo strepitoso, egli, vuole rivelare la potenza dell'amore nelle relazioni umane; ed è così, che quei pochi pani e i due pesci, nelle sue mani, e per la sua preghiera, si moltiplicano e riescono a sfamare quella moltitudine.
Il racconto del Vangelo, riferisce un fatto realmente accaduto, ma il suo significato profondo, oltrepassa, il dato temporale, la situazione contingente, e si fa messaggio universale e permanente per ogni uomo, e, possiamo anche aggiungere, per ogni uomo, qualunque sia la sua fede, e la sua cultura.
La fame nel mondo, lo sappiamo bene, è un problema drammatico anche oggi, forse, più drammatico oggi, in un tempo in cui la civiltà ha toccato traguardi notevoli in tanti campi, e sembra aver risolto tanti problemi, ma non quello dell'amore tra gli uomini, se, in tanti paesi, ancora si muore letteralmente per la fame.
E' un discorso lungo ed impegnativo, questo della fame e delle povertà, un discorso che esula da un testo che vuole offrire solo delle brevi riflessioni su un passo del Vangelo; ma il richiamo di Cristo è forte, ed egli continua a dirci:«date loro voi stessi da mangiare!»; e il richiamo, è per tutti e per ognuno, indipendentemente dalle reali possibilità economiche; poiché ognuno sa, quanto e come dare, e nessuno deve disinteressarsi del povero.
Il simbolo del pane, poi, deve farci pensare, deve parlare, in modo particolare a noi cristiani, perché il pane, nutrimento fondamentale, è segno di comunione, di fraternità e di amicizia; il pane è quello che il Figlio di Dio ha scelto per trasformarlo nel suo corpo, offerto per la nostra salvezza, un pane, divenuto Pane di Vita, che egli stesso ha consegnato nelle nostre mani, perché ci trasformi interiormente, e ci renda capaci di vedere Dio, in noi, e in qualunque persona che ci passi accanto; di vederlo, soprattutto, nel povero, al quale non possiamo, certo, dar solo le briciole .
Come, nel deserto, il popolo in fuga fu sfamato la manna, mandata provvidenzialmente da Dio, e come Gesù, pienamente coinvolto nel dramma umano, moltiplicò quei pochi pani, oggi sta a noi, che ci diciamo suoi discepoli, farci sue mani a beneficio di chiunque sia nel bisogno, farci sua voce, perché la sua parola risuoni, con forza, anche nel nostro mondo, così che la Verità scalzi l'errore, la fraternità si sostituisca all'egoismo, fonte di ingiustizie, e l' amore dia vita ad una cultura veramente civile, perché umana.
«O voi tutti assetati, ci dice oggi il profeta Isaia da parte di Dio, venite all' acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte....Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna,».
Tutto abbiamo ricevuto gratuitamente da Dio, creatore dell'Universo, e di ogni bene che esso contiene, perciò, nessuno deve appropriarsene in modo esclusivo, riducendo altri nel bisogno estremo; anche questo ci ricorda, oggi, il Signore, invitandoci a compiere quei miracoli che solo l'amore sa fare.
Sr. Maria Giuseppina Pisano o.p.
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