Card. JEAN-MARIE LUSTIGER meditazione" il mistero del Messia che soffre,"

MEDITAZIONE
Alla fine del sedicesimo capitolo di san Matteo ci troviamo ad un punto centrale del Vangelo.
Tocchiamo con mano la cosa più incomprensibile per ognuno di noi: e l'enigma inspiegabile e ripugnante della sofferenza umana.
Quando Cristo ci propone di portare la nostra croce, lo ascoltiamo come si ascolta una parola
che colpisce e ferisce, una parola che invita quasi alla più vile rassegnazione, alla resa dell'uomo

nella sua lotta contro la sofferenza. Come se, di fronte a questo enigma della condizione umana,
non esistesse nell'uomo che il grido dell'animale che soffre e che chiede di non soffrire più, come
se nell'uomo non esistessero che la sofferenza o l'assenza di sofferenza, il dolore o la guarigione!
Ora, vi è nell'uomo un mistero: quello della sua libertà, libertà incatenata al male o aperta a Dio.
Cerchiamo di capire ciò che questo momento solenne del Vangelo ci permette di vedere e
accettiamo che Dio guarisca la cecità del nostro cuore.
"Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua".
Quando Gesù parla così ai suoi discepoli, parla prima di tutto per se stesso. Se ci chiede di
portare la nostra croce è perché lui per primo porterà la croce. Che significa la profezia di Gesù
riguardo alla sofferenza che aspetta il Figlio dell'uomo? "Doveva andare a Gerusalemme e
soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e
risuscitare il terzo giorno". È per il peccatore, prigioniero del male e del peccato, un annuncio
incomprensibile ("Questo non ti accadrà mai", grida Pietro) di salvezza, che Cristo sta mettendo
in atto.
Cristo è la vita, offre la sua vita per darci la Vita. Entra nella nostra morte per liberarcene, non
come un uomo che si rassegna alla fatalità ma come colui che, Figlio di Dio fatto uomo, rovescia
la fatalità.
Il sacrificio della croce è precisamente la negazione di ogni fatalità della condizione umana e
l'affermazione suprema dell'onnipotenza liberatrice di Dio. Il sacrificio della croce è proprio la
negazione del destino implacabile dell'uomo e l'affermazione sovrana della sua libertà quando
questa libertà viene assunta nella condizione di Gesù. L'albero della croce è "rimedio al male
dell'albero antico" di cui l'uomo e la donna morsero il frutto proibito, come canta l'inno del
"Pange lingua". Il sacrificio della croce apre la porta chiusa, e diventa gesto d'offerta e d'amore
attraverso il quale la vita può entrare.
Lo schiavo non sa cosa sia la libertà fino a quando non l'ha provata, e non sa cosa sia la sua
schiavitù sino a quando non se ne è liberato.
L'uomo peccatore non sa cosa sia l'offerta sacrificale che gli varrà l'essere affrancato dal suo
peccato fino a quando non abbia finalmente accettato di ricevere il perdono. È normale che noi
siamo ciechi, abbagliati da tanta luce.
Ma Cristo vuole aprire gli occhi del nostro cuore, liberarci nel più profondo di noi stessi. Ci chiede
di fare, secondo le nostre capacità, ciò che egli ha fatto perfettamente. E ci chiede molto di più:
di lavorare con lui per la liberazione del mondo intero. La vocazione descritta in questa pagina
del Vangelo non consiste nella sofferenza per la sofferenza, ma nel seguire Gesù nella sua opera
di redenzione, nell'offerta, fino all'obbedienza della croce, del suo amore per l'uomo peccatore
al fine di liberarlo. Se dobbiamo portare la nostra croce, è per seguire Gesù, per prendere parte
con lui a questa stessa lotta e per trionfare con lui; non solo per noi stessi, trionfo che ci è
concesso come una grazia, ma anche per la salvezza del mondo intero. Ormai, noi lo sappiamo,
nella storia dell'umanità non vi è più fatalità, perché il più piccolo dei discepoli di Cristo può, con
Cristo, far saltare questa gogna, lasciare che la Vita si diffonda, raccogliere il perdono di Dio e
comunicare il suo amore, al soffio dello Spirito che vivifica.
Fratelli miei, preghiamo Dio di unirci a Cristo, che offre la sua vita per darci la Vita. Preghiamo
Dio di farci ricevere la Vita accettando di donare la nostra vita. Preghiamo Dio che vede nei cuori
ciò che l'uomo non può vedere, di infondere in noi la vera luce, quella della fede in Gesù Cristo,
il Verbo di Dio, "la luce vera che, venendo nel mondo, illumina ogni uomo" (Gv 1,9).
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER

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