don Michele Cerutti" Commento su Matteo 14,13-21"
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/08/2014)
Vangelo: Mt 14,13-21
La morte di un parente segna la vita degli uomini e Gesù non è da meno. La morte del Battista, suo cugino, colui che già nel grembo di Elisabetta aveva sussultato quando Maria giunse dalla cugina con in grembo anche Lei Gesù, quel cugino che aveva
indicato con umiltà ai discepoli il Maestro, quel cugino che nel momento buio della prigionia aveva chiesto a Gesù stesso, tramite i discepoli, se era colui che doveva venire, dimostrando anche la fragilità del dubbio.
Quel cugino è morto sotto la mano violenta di Erode, che punisce in questo modo colui che con sincerità ha detto la verità, il rapporto con Erodiade, moglie di suo fratello, è illegittimo. E' bastato un ballo della figlia di Erodiade, per gettare una trappola a Erode e costringerlo a chiedere la testa di Giovanni il Battista.
Nella tristezza di Gesù c'è la consapevolezza della durezza del peccato e della sua conseguenza la morte. Tanti motivi per ritirarsi a pregare.
Le folle stravolgono i piani. Ora un grande profeta è scomparso e chi potrà dissetare le folle di quella sete di verità che c'è in ogni uomo? Gesù non si sottrae e ancora una volta si pone al servizio. Sì, la preghiera è vera quando non diventa un'isola per sottrarsi dai propri impegni per estraniarsi dalla realtà. La preghiera deve entrare nel vissuto ed allora è autentica.
Questo occorre affermare in un contesto come quello che viviamo dove le esperienze spirituali vengono vendute come realtà dicotomiche, di scissione forte, quasi platoniche tra anima e corpo. E' quello che ci propugna la New Age con esperienze spirituali che ci astraggono dalla realtà.
La preghiera di chi vive la clausura, che a molti può sembrare di estraniazione, invece si fa servizio dell'umanità. Penso alle suore di clausura di Orta, che ad esempio il sabato notte alle tre si svegliano per pregare per tutti coloro che vivono situazioni limite per effetto dei divertimenti del sabato sera oppure debbono tornare a casa dopo una notte di sballo.
Penso alla preziosità delle Suore di Varese al Sacro Monte che elevano le mani al cielo per noi sacerdoti impegnati nella predicazione. Tutte queste esperienze e tante altre ci dicono cosa è la preghiera: un servizio.
Gesù ce ne offre un assaggio. Le folle sono come sbandate e bussano ora con insistenza a quell'uomo indicato dal Battista come l'Agnello di Dio. Gesù li ascolta e si piega sulle loro ferite. L'uomo non vive di solo pane e si sa, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Tuttavia Gesù sa anche il bisogno materiale delle folle e risponde alle loro necessità. L'uomo di preghiera non può che essere uomo attento ai segni dei tempi alle aspirazioni, gioie e angosce dell'umanità.
Gesù chiede la nostra collaborazione dando noi stessi da mangiare alle folle affamate. I discepoli sono sempre impreparati alle richieste del Maestro e perplessi. Gesù riesce a sconvolgere la loro incredulità: pochi pani e pochi pesci sfama 5000 persone perfino donne e bambini non comprese nel conteggio. Mettere a disposizione il nostro poco può riuscire a diventare il tutto per tanti fratelli. Molto spesso siamo preoccupati. Il tempo non è sufficiente per aiutare in parrocchia ad esempio, eppure se ci pensassimo la somma dei nostri pochi minuti può essere preziosa. Non avanzano mai soldi abbastanza per aiutare i poveri eppure se ci privassimo di qualche sigaretta potremmo aiutare tanti bisognosi nelle nostre comunità.
Ecco quello che dobbiamo chiederci in questi giorni: qual è il mio piccolo che posso mettere a disposizione per fare grandi cose? Allora, se riusciamo a mettere in luce i nostri piccoli contributi che possiamo apportare nelle singole situazioni, vedremo che saremo in grado di fare i grandi miracoli della condivisione. Oggi, in un contesto in cui siamo alla ricerca di grandi segni e si presentano nel panorama religioso tanti pellegrinaggi con lo scopo di cercare lo straordinario, il Signore ci chiede di riscoprire il prodigio che è da sempre del miracolo che avviene nella condivisione, fatto da tanti piccoli gesti.
Risuona la frase di Madre Teresa di Calcutta, che sicuramente è conosciuta da tutti, ma che è doveroso ripeterci perché ci fa bene: "Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno".
Via tante remore, tanti ostacoli nel nostro cuore che ci induriscono e ci rendono poco attenti alle necessità dei fratelli. Chiediamo un cuore pronto nel servizio a chi ci sta intorno.
Vangelo: Mt 14,13-21
La morte di un parente segna la vita degli uomini e Gesù non è da meno. La morte del Battista, suo cugino, colui che già nel grembo di Elisabetta aveva sussultato quando Maria giunse dalla cugina con in grembo anche Lei Gesù, quel cugino che aveva
indicato con umiltà ai discepoli il Maestro, quel cugino che nel momento buio della prigionia aveva chiesto a Gesù stesso, tramite i discepoli, se era colui che doveva venire, dimostrando anche la fragilità del dubbio.
Quel cugino è morto sotto la mano violenta di Erode, che punisce in questo modo colui che con sincerità ha detto la verità, il rapporto con Erodiade, moglie di suo fratello, è illegittimo. E' bastato un ballo della figlia di Erodiade, per gettare una trappola a Erode e costringerlo a chiedere la testa di Giovanni il Battista.
Nella tristezza di Gesù c'è la consapevolezza della durezza del peccato e della sua conseguenza la morte. Tanti motivi per ritirarsi a pregare.
Le folle stravolgono i piani. Ora un grande profeta è scomparso e chi potrà dissetare le folle di quella sete di verità che c'è in ogni uomo? Gesù non si sottrae e ancora una volta si pone al servizio. Sì, la preghiera è vera quando non diventa un'isola per sottrarsi dai propri impegni per estraniarsi dalla realtà. La preghiera deve entrare nel vissuto ed allora è autentica.
Questo occorre affermare in un contesto come quello che viviamo dove le esperienze spirituali vengono vendute come realtà dicotomiche, di scissione forte, quasi platoniche tra anima e corpo. E' quello che ci propugna la New Age con esperienze spirituali che ci astraggono dalla realtà.
La preghiera di chi vive la clausura, che a molti può sembrare di estraniazione, invece si fa servizio dell'umanità. Penso alle suore di clausura di Orta, che ad esempio il sabato notte alle tre si svegliano per pregare per tutti coloro che vivono situazioni limite per effetto dei divertimenti del sabato sera oppure debbono tornare a casa dopo una notte di sballo.
Penso alla preziosità delle Suore di Varese al Sacro Monte che elevano le mani al cielo per noi sacerdoti impegnati nella predicazione. Tutte queste esperienze e tante altre ci dicono cosa è la preghiera: un servizio.
Gesù ce ne offre un assaggio. Le folle sono come sbandate e bussano ora con insistenza a quell'uomo indicato dal Battista come l'Agnello di Dio. Gesù li ascolta e si piega sulle loro ferite. L'uomo non vive di solo pane e si sa, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Tuttavia Gesù sa anche il bisogno materiale delle folle e risponde alle loro necessità. L'uomo di preghiera non può che essere uomo attento ai segni dei tempi alle aspirazioni, gioie e angosce dell'umanità.
Gesù chiede la nostra collaborazione dando noi stessi da mangiare alle folle affamate. I discepoli sono sempre impreparati alle richieste del Maestro e perplessi. Gesù riesce a sconvolgere la loro incredulità: pochi pani e pochi pesci sfama 5000 persone perfino donne e bambini non comprese nel conteggio. Mettere a disposizione il nostro poco può riuscire a diventare il tutto per tanti fratelli. Molto spesso siamo preoccupati. Il tempo non è sufficiente per aiutare in parrocchia ad esempio, eppure se ci pensassimo la somma dei nostri pochi minuti può essere preziosa. Non avanzano mai soldi abbastanza per aiutare i poveri eppure se ci privassimo di qualche sigaretta potremmo aiutare tanti bisognosi nelle nostre comunità.
Ecco quello che dobbiamo chiederci in questi giorni: qual è il mio piccolo che posso mettere a disposizione per fare grandi cose? Allora, se riusciamo a mettere in luce i nostri piccoli contributi che possiamo apportare nelle singole situazioni, vedremo che saremo in grado di fare i grandi miracoli della condivisione. Oggi, in un contesto in cui siamo alla ricerca di grandi segni e si presentano nel panorama religioso tanti pellegrinaggi con lo scopo di cercare lo straordinario, il Signore ci chiede di riscoprire il prodigio che è da sempre del miracolo che avviene nella condivisione, fatto da tanti piccoli gesti.
Risuona la frase di Madre Teresa di Calcutta, che sicuramente è conosciuta da tutti, ma che è doveroso ripeterci perché ci fa bene: "Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno".
Via tante remore, tanti ostacoli nel nostro cuore che ci induriscono e ci rendono poco attenti alle necessità dei fratelli. Chiediamo un cuore pronto nel servizio a chi ci sta intorno.
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