fr. Massimo Rossi" credo, o non credo?"

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2014)
Vangelo: Mt 14,13-21
Ricordate, domenica scorsa riflettevo insieme con voi sulla differenza tra credere in Dio per avere il miracolo e credere in Dio e basta; passare cioè dall'amore per il dono - amore infantile -, all'amore per Dio in quanto donatore del dono - amore adolescenziale -, all'amore per Dio in quanto tale - amore adulto e maturo -.

A proposito di infantilismo adolescenziale, l'apostolo Pietro ce ne dà oggi un esempio a dir poco patetico: "Dici di essere il Figlio di Dio? dimostramelo!". Non dimentichiamo, almeno noi, che Gesù aveva appena moltiplicato pani e pesci per migliaia di persone; evidentemente Pietro se lo era già dimenticato... Oltre ad essere patetico, Pietro mostra anche poca intelligenza. Potrebbe sembrare il contrario: in altre parole, pretendere di credere solo a fronte di una dimostrazione, mette la nostra fede al riparo dal rischio del fideismo. Vero!
Tuttavia la nostra esperienza ci ha insegnato che non solo in materia di fede siamo chiamati a credere, sapendo di non poter pretendere l'evidenza. Chiedersi il perché di tutto ciò che accade è senza dubbio segno di un pensiero che funzione, che riflette, che ricerca... Ma arriva il momento in cui i perché non funzionano più...perché le risposte sono finite, e pure le dimostrazioni.
Nostro malgrado il ragionamento e la logica si arrestano davanti a un bivio: credo, o non credo.
Durante il Tempo di Pasqua, la liturgia ci ha riproposto la famosa scena dell'incontro di Tommaso apostolo con il Cristo risorto: "Se non vedo, non credo!"; un fatto analogo a quello odierno. Non di rado siamo convinti che, con il nostro atteggiamento ipercritico, rendiamo ragione della ragione che è in noi... ma ne siamo davvero convinti?
A questo primo spunto di riflessione, il Vangelo ne aggiunge un altro ben più inquietante: alla domanda sciocca di Pietro, Gesù risponde di sì. Della serie: facciamo attenzione a quello che domandiamo a Dio! Dio potrebbe anche concedercelo... E poi? poi si tratta di realizzare quello che abbiamo chiesto a Dio e che Dio ci ha concesso di diventare... E così, Pietro deve scendere dalla barca, per camminare sul mare, per di più, agitato dalla tempesta.
Complimenti, Pietro, un vero modello di intelligenza superiore...e di fede!
Come dico sempre, leggendo pagine come questa, Dio sta al gioco; o, il che è lo stesso, il gioco non lo conduce Dio, lo conduciamo noi!
Non abbiamo bisogno di chiedere prove assurde, fuori da ogni umana possibilità, o che rasentano addirittura la stupidità! Pensate voi se, quale condizione alla nostra fede, chiedessimo a Dio di farci camminare, che so, sulle mani, o, peggio, di farci volare. La fantasia - anche questa infantile - ci fa desiderare questo e altro: i supereroi della MARVEL, i mutanti, hanno fatto sognare generazioni di bambini, di adolescenti e, ahimé, anche di adulti... ne hanno tratto pure una saga cinematografica, piena zeppa di effetti speciali, seguitissima dal un pubblico di ogni età.
Ma è mai possibile che dobbiamo anche noi cadere nella trappola del "più strano e più esagerato è, più e segno che è ‘supernatural', soprannaturale"?
Eppure la prima lettura tratta dal primo Libro dei Re, è molto chiara: quando Dio si manifestò al profeta Elia, non era nel vento impetuoso, e neppure nel terremoto, tantomeno nel fuoco; ma in una brezza leggera, che ti accarezza i capelli e, tuttalpiù provoca un lieve brivido nella schiena... Dobbiamo imparare a riconoscere la presenza di Dio nei fatti quotidiani della vita, quelli meno eclatanti e in apparenza insignificanti.
I prestigiatori e gli illusionisti sono fatti per stupirci con i loro trucchi... Ma Dio non è un prestigiatore, Dio non è un illusionista; e la vita non è fatta di illusioni e neppure di trucchi; al contrario, i trucchi e le illusioni ci rovinano la vita! a cominciare dal fatto che prima o poi si rivelano per quello che sono veramente, una solenne menzogna!
Del resto, il desiderio mai sopito di immortalità, ci porta spesso a cadere nella trappola della cosiddetta menzogna vitale: in sostanza, la persona si racconta delle menzogne, pur di non guardare in faccia la realtà; tutti ci raccontiamo delle menzogne vitali: dallo studente universitario che rimanda l'esame, convinto che la prossima volta sarà più preparato, al malato terminale che si illude di non avere il cancro...
La verità è che non siamo padroni assoluti delle nostre vite; non sappiamo reggerci da soli, e dobbiamo appoggiarci su qualcosa che ci trascenda, e che ha la forza che noi non abbiamo. Non sempre questa forza è identificata in un Dio. S.Agostino, come Kierkegaard, Scheler, Tillich, si avvidero che l'uomo, a dispetto di tutte le sue vanterie, trae il coraggio per esistere da un Dio, o da una serie di conquiste reali, o presunte: qualche Grande Fratello, una bandiera, il proletariato, i feticci del potere e del conto in banca...
I simboli di immortalità sono frutto di meccanismi di difesa, legati alle nostre inconsistenze interiori. Sappiamo che i detrattori della religione muovono alla risposta religiosa le stesse accuse di essere una menzogna vitale, un'illusione, una proiezione del desiderio di immortalità su un soggetto (frutto di fantasia) che sia - almeno lui - libero dalla precarietà e dalla contingenza.
E' possibile vivere la vita di fede come una proiezione, un'utopia, un'evasione dal reale... ricordiamocelo. Questa non è vera fede!
Credeteci, è molto meglio restare ben piantati con i piedi per terra! Tanto più che Dio stesso si è fatto uomo per vivere anche lui con i piedi per terra, camminare con noi e mostrarci, con il suo esempio, che questa vita, per quanto possa sembrare monotona e banale, o dolorosa e frustrante, vale la pena di essere vissuta, senza cercare un oltre, un altro che non c'è - e non intendo l'aldilà, non intendo la vita eterna, sulla quale non ho mi avuto dubbi! -. La vita è questa e non ce ne sono di migliori di questa. Per convincerci, lo ripeto ancora, Dio stesso è venuto a viverla tra noi, con noi e per noi. E la sua esperienza terrena, lo sappiamo, non è stata delle più facili, e delle più desiderabili... La Parola di oggi ci sfida a credere che la nostra esistenza, così com'è, è abitata da Dio: la comunione con Lui può darci la felicità che cerchiamo! Non è una frase ad effetto, uno slogan, di quelli che stampano sulla carta di uno noto cioccolatino...
È la verità, pura e semplice!...e questa verità sta al bivio, quello citato sopra, quello che ci aspetta tutti; presto o tardi ci arriviamo tutti: "Ci credo, o non ci credo?"
"Che i vangeli siano in parte leggendari è evidente,
poiché sono pieni di miracoli e di soprannaturale..."
Ernest Renan

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