JUAN JOSE BARTOLOME sdb"Lectio Divina :Mt 16,13-20 21a Domenica A

    24 agosto 2014 | 21a Domenica A - T. Ordinario | Omelia di approfondimento
Lectio Divina :Mt 16,13-20
Il vangelo ci ha appena ricordato uno dei momenti più importanti di tutto il ministero pubblico di Gesù che, contemporaneamente, costituì un vissuto incancellabile per quanti lo seguivano più da vicino. Dopo un periodo sufficiente di convivenza coi suoi discepoli che l'avevano accompagnato mentre predicava il Regno di Dio ed avevano presenziato ai portenti che faceva, Gesù si allontana dalla gente e rimane da solo coi suoi seguaci più vicini. Lontano da quanto possa distrarli, Gesù si interessa di sapere quello che dice la gente di Lui e che loro stessi pensano. Non è semplice curiosità quella che spinse Gesù a fare una simile domanda, ma la sua intenzione era di obbligare i suoi a che prendessero partito per lui e pubblicamente proclamassero chi era per loro e che cosa si aspettavano da lui seguendolo.
Chiunque vuole essere discepolo di Gesù finisce sempre per sentirsi obbligato di definirsi definendolo: a Gesù non basta che lo si segua da vicino, è necessario che lo si conosca in realtà e che lo si proclami senza complessi.
In quel tempo, 13giunto nella regione di Cesarea di Filipo, Gesù domandò ai suoi discepoli:
"Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?"
14 Essi risposero: "Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o uno dei profeti."
15 Egli domandò loro: "E voi, chi dite che io sia?"
16 Simon Pietro prese la parola e disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo."
17 Gesù gli rispose: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.
18 E io ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
19 A te darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nei cieli."
20 E comandò ai discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo
1. LEGGERE : capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Conosciuto già un certo fallimento nella sua missione personale (Mt 13,53-58; 15,1-9; 16,1-4) Gesù si concentra sui suoi seguaci. Per riuscire in una maggiore intimità, lascia la Galilea e le moltitudini. Durante il tragitto verso Cesarea di Filippo, Gesù provoca i suoi discepoli affinché si dichiarino. Il testo è la cronaca di una conversazione iniziata e sostenuta da Gesù con le sue domande. Non cammina con chiunque: vuole sapere quello che dice la gente di lui, e così prepara la vera questione: chi è egli per loro?
Nella loro risposta i discepoli rispondono su quello che si dice di Gesù; nonostante la pluralità di personaggi con i quali viene paragonato, il popolo lo vede come profeta. Curiosamente, Gesù non reagisce davanti a quello che ascolta; non sembra interessargli molto la confusione regnante tra la gente, perché rinnova la domanda diretta ai suoi interlocutori. Dietro tanta convivenza ed ascolto, dietro tanti portenti visti e tanto insegnamento specifico, chi è per essi Gesù? L'interesse di Gesù per l'opinione dei suoi discepoli lo incuriosisce: non gli basta avere con essi una vita di intimità condivisa, è arrivato il momento della confessione pubblica; il compagno di strada si deve fare pubblico testimone.
E Pietro confessa quello che il Padre gli ha messo nel cuore: definendo Gesù per quello che significa per Dio, il suo Messia e suo Figlio, fa suo il punto di vista di Dio, accetta la sua opzione. Benedicendolo, Gesù riconosce che la sua fede non è merito suo ma grazia concessa da Dio. Pietro non conosce Gesù perché ha convissuto con lui, bensì perché Dio glielo ha concesso rivelandogli la sua identità. E Gesù riconosce che questo uomo, beato perché premiato, può essere pietra e base di un nuovo popolo credente: non smetterà di essere debole per ciò, ma merita la fiducia, perché si è dichiarato per Gesù, vedendolo alla luce di Dio e non alla misura dei suoi desideri o sentimenti. Il potere nel cielo, l'autorità sulla terra, l'ottiene chi accetta che Gesù è Dio, e come Dio desidera: la fede è ben motivata quando si vede tutto, Gesù compreso, secondo Dio. Solo una fede che viene concessa può essere base e fondamento pietra angolare della fede comunitaria.

2 - MEDITARE : Applicare quello che dice il testo alla vita
Prima di chiedere la loro opinione personale, Gesù vuole sapere dai suoi discepoli che cosa è quello che la gente sta dicendo su di lui. Non sappiamo che cosa portò Gesù ad informarsi sulle dicerie che la sua missione aveva svegliato tra il popolo. Il fatto è che volle conoscerlo dalla bocca dei suoi prossimi. In questo modo, li obbligava ad interessarsi di quanto, sul maestro, pensava il popolo. Il discepolo di Gesù che vuole vivere tutta la vita vicino a lui, non deve disinteressarsi di quanto il mondo pensi sul suo Maestro: vivere occupati nella sequela non ci dispensa di preoccuparci di quello che Gesù significa per gli altri.
Prova del nostro interesse per Gesù è l'interesse che mostriamo nel sapere se la gente condivide il nostro entusiasmo per lui. Difficilmente dimostreremmo che le nostre convinzioni e la nostra fede sono sentite e sincere, se non ci preoccupa che il mondo non si informi su Gesù, né ci faccia male che non sia conosciuto quanto basta o non è amato tanto quanto lo facciamo noi. Rimanere contenti perché, vivendo oggi in una società interessata sempre meno per il nostro Signore, riusciamo, e non è poco, a conservare intatta la nostra fede in Lui, non è sufficiente; avrebbe poco valore per noi il Gesù che seguiamo, se non ci preoccupasse che sono meno i suoi discepoli o che pochi l'apprezzano come noi.
Con la sua domanda, in realtà, Gesù preparava ancora i suoi discepoli per una sfida più decisiva. Non interessava molto a Gesù quello che pensassero i suoi contemporanei di lui; cercava, piuttosto, di preparare i suoi seguaci davanti alla questione decisiva: chi era egli per loro? L'interesse di Gesù per l'opinione dei suoi è autentico e la risposta improrogabile: devono proclamare pubblicamente quello che in gran segreto tante volte hanno pensato. Finalmente devono arrischiarsi a dire quello che tante volte hanno sentito in privato. Gesù non si accontenta che loro abbiano seguito e condiviso il suo lavoro e la sua intimità. La sequela di Gesù non è mai tema privato che compete solo alla coscienza del discepolo e che accade nella più stretta intimità: senza professione pubblica, senza dire ad alta voce quello che sa il cuore, nessun discepolo supera la prova. Il compagno di Gesù deve farsi suo testimone; l'intimo di Cristo, il suo predicatore.
Non basta, dunque, alimentare buoni sentimenti senza opere che li manifestino. Bisogna dire quello che si pensa e pubblicare quello che si vive; non sono le intenzioni buone quelle che fanno il buon discepolo, bensì la sua vita fatta messaggio. Gesù non sopporta nelle sue compagnia persone che non si definiscono che non optano per lui che non sanno chi è o non osano farlo in pubblico. Egli stesso continua oggi a sfidare tutti quelli che desiderano essere suoi discepoli; egli è colui che vuole sapere da noi stessi la nostra opinione. Se ancora non abbiamo sentito quella domanda di Gesù, se non ce l'ha fatta ancora, è probabile che non ci abbia considerati ancora come i suoi seguaci più vicini: in realtà, la fece solo a chi lo seguiva da vicino e dagli inizi.
Dovremmo augurarci di sentire oggi di nuovo la domanda di Gesù: se non ci siamo visti mai obbligati a prendere posizione davanti a lui, chissà è perché non siamo stati sufficientemente vicini a lui affinché potesse dirigerci la sua parola. Recuperiamo il tempo perduto; basterebbe che ci sentiamo interpellati da Gesù. Chi è egli realmente per noi? Cosa significa, in concreto, nel quotidiano, nelle nostre vite? Dipenderà da quello che gli rispondiamo pubblicamente, davanti agli altri e, specialmente, alla sua presenza, affinché, come a Pietro, ci consideri degni di lui e beati perché il Padre si degna di rivelarci i suoi segreti.
Confessare Gesù non è semplicemente dire l'opinione che ci siamo fatti di lui e neanche confessare la fede che riceviamo dai nostri genitori; accettandolo come Cristo e Figlio di Dio, Pietro non proclamò quello che sentiva per Gesù, ma quello che Dio voleva. Pietro non espresse il suo pensiero personale, disse quello che Dio gli aveva messo nel suo cuore. Credere in Cristo Gesù suppone, dunque, fare nostro il punto di vista di Dio, vedere Gesù come Dio stesso lo vede, sentire per lui quello che Dio sente, contemplarlo alla sua luce ed amarlo come Dio vuole. Non è legittimo che ci immaginiamo Gesù alla misura dei nostri desideri ed in conformità alla nostra necessità; non sarebbe quello il Gesù autentico, il vero figlio di Dio: confessare Cristo è accettarlo come Dio lo volle. Un Gesù modellato secondo le nostre preferenze non starebbe all'altezza delle preferenze divine: Gesù, il Messia, il Figlio di Dio, è sempre molto meglio di quanto noi avremmo potuto desiderare. Ma, per sperimentarlo, bisogna accettarlo realmente è, come Dio ce lo diede.
Solo i discepoli che, come Pietro a Cesarea, vedono e proclamano Gesù come Dio lo ha rivelato a loro, saranno chiamati ad essere pietra e fondamento della fede per gli altri. Il credente ha assicurato il potere nel cielo e gode di autorità sulla terra, ogni volta che fonda la sua esistenza in Cristo Gesù, il Figlio di Dio. Nel suo interesse per conoscere la nostra opinione su di lui, Gesù si interessa di sapere se l'abbiamo accettato come Dio ce lo ha mostrato, come suo Figlio e nostro Cristo. Se oggi trovasse tra noi un credente così, lo proclamerebbe beato e gli confiderebbe di nuovo la missione di essere pietra e base della fede degli altri. Siamo chiamati a proclamare senza complessi la nostra fede; non è il mondo che ce lo chiede, ma il nostro stesso Signore. E tutti siamo così chiamati ad essere, come Pietro, roccia della fede e pilastro della fedeltà dei nostri fratelli.
Sentiamoci spinti da Gesù a dirgli che cosa rappresenta per noi. Beato chi, tra di noi lo confessa come Dio lo vede: niente si dovrà invidiare a Pietro! La sua 'missione', essere fondamento ed appoggio della fedeltà degli altri, sta a portata di quanti riescono a proclamare la loro fede in Gesù, Messia e Figlio di Dio. È la nostra opportunità, perché non approfittarne?


                                                                                    JUAN JOSE BARTOLOME sdb,

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