Luca Desserafino sdb "Il tuo amore vale più della vita"

31 agosto 2014 | 22a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
In questa XXII domenica del Tempo Ordinario, Gesù continua a istruire i suoi sulla sua identità di Messia e sulla modalità della sua missione, che deve essere paradigma anche della loro e di tutti i credenti in Lui.
La prima lettura è un brano delle "confessioni", amare e dolorose, di Geremia per le ostilità che il profeta incontra nell'esercizio del suo ministero. Sono testi caratteristici di Geremia e assai importanti perché all'origine di una tradizione letteraria sul tema del profeta perseguitato.

Il ministero profetico, soprattutto, non è una vocazione alla tranquillità: è scomodo e scomodante. Geremia vorrebbe sottrarsi all'ingrato compito; ma la parola di Dio gli brucia dentro con tale urgenza che non può contenerla. La sua anima è terreno di battaglia dove si scontrano potenze difficilmente conciliabili fra loro: Dio, il mondo, la ricerca di se stesso.
Al profeta non rimane che una possibilità: lasciarsi sedurre dal suo Signore. Di fronte all'amore del Signore Geremia non può che agire così, lasciando che questo amore lo pervada fin nella profondità del suo essere. Da questo amore il Signore affida a Geremia la missione di profeta, lo abilita a ciò, perché Geremia stesso si è lasciato abilitare dall'amore del Signore a questo progetto.

Proprio come due innamorati si donano reciprocamente il propio amore anche Geremia è "preso" dall'amore che il Signore gli dona, tanto da esclamare: "Nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo". L'incontro dell'amore di Dio con il cuore umano è sempre un eccedere, una sovrabbondanza, e non lo si può trannere per sè, ma deve aprirsi alla testimonianza.

La seconda lettura tratta, sempre dalla Lettera ai Romani, illumina ancora meglio e in modo più profondo la realtà della testimonianza, che è per tutti. Paolo, infatti, esorta "a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio". Questa offerta, non è fine a se stessa, anche se agli occhi del mondo il sacrificio è bene che non ci sia nella vita, anzi ogni realtà che conduce ad esso deve essere in qulche maniera estirpata; parlare di sacrificio è parlare di bruttezza e quindi è meglio escluderlo il più possibile da una qualità di vita che ha altri metri di misura.

Il sacrificio che qui san Paolo ci ricorda, è quel sacrificio risultante dall'amore di Gesù verso il Padre e verso i suoi figli, al credente di ogni tempo è chiesto di "comportarsi come Gesù", facendo della propria vita un sacrificio d'amore al Padre e ai fratelli; un sacrificio che risulta essere vivo, santo e gradito a Dio.

Da questa offerta scaturisce il culto spirituale. Non occorre e non bisogna opporre il corpo allo spirito, siamo spiriti incarnati, ciò vuole dire che quel sacrificio d'amore che ci è richiesto ci è anche stato dato per primo dal Maestro che inaugura il nuovo culto dell'amore, ed è attento alla pienezza della realtà e della creatura.

Proseguendo, san Paolo, indica il modo con cui questo sacrificio gradito agli occhi di Dio, può e deve essere attuato. "Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare" ecco qui in sintesi delineato il cammino di fede che ogni discepolo è chiamato ad attuare nella propria vita credente. La conformazione che ci è richiesta è una conformazione a quell'amore insegnato da Gesù ed un lasciare che questo amore modelli la nostra vita al fine di prendere la sua forma.

Questo assumere sempre più la forma dell'amore testimoniata dalla vita di Gesù è una dinamica che interessa tutto l'essere creaturale, la libertà umana tende alla pienezza di questo amore testimoniato nel sacrificio del Figlio e da quanti, lungo lo scorrere dei secoli, hanno fatto, come Lui, con la loro vita un "sacrificio gradio a Dio".

Il brano del Vangelo di Matteo anche abbiamo ascoltato questa domenica è il proseguimento del brano che abbiamo ascoltato la scorsa domenica. Gesù continua il suo discorso sulla sua identità e delinea come essa si debba manifestare al mondo. Dopo che Pietro riconosce, con il suo atto di fede Gesù-Messia, lo stesso Gesù spiega ai discepoli in quale modo questa sua missione si instaurerà nel mondo. Nell'immaginario del tempo la venuta messianica era pensata come ventuta trionfare e potente per l'instaurazione del nuovo regno.

Nel presentare la modalità di instaurazione della sua missione Gesù scalza questa visione e presenta la logica del servo, dell'amore obbediente e sacrificale. In questo modo Egli si immette nella scia profetica, un Messia-profeta che instaura il regno di Dio non con la forza e la potenza, ma nella logica dell'obbedienza filiale al progetto del Padre, con tutte le conseguenza che esso comporta. Questa rivelazione di Gesù fa sì che Pietro si senta in dovere di riferire a Gesù il suo discordante pensiero proprio su questa rivelazione.

Colui che in Gesù riconosce il Cristo, quindi il Messia, l'inviato di Dio, qui si manifesta poco docile al suo annuncio, anzi oppone questa visione alla sua. Per questo Gesù ha nei suoi confronti parole molto dure. Gesù aborre e condanna questa mentalità definita satanica, lontana, cioè lontana dalla mentalità del Padre.

E subito specifica come i discepoli devono intendere la sua e loro missione. La sequela a Cristo, è una sequela esigente che comporta il mettere da parte le false visioni del mondo per assumere occhi nuovi che vedono nel giusto modo il rivelarsi dell'amore del Padre, che in Gesù viene offerto a ciscuno di noi. La logica con cui Gesù manifesta l'amore del Padre è quello della croce, un discepolato senza croce è un discepolato falso. La croce non va', però, cercata per se stessa, ma assunta nel momento in cui si presenta nella nostra vita, come l'ha assunta Gesù.

La fede in Cristo ha la sua propria prassi: la sequela del Crocifisso. "Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà". Credere nell'amore con la propria vita o, almeno, cercare di farlo vuol dire essere credenti nel Dio di Gesù Cristo nel mondo e per il mondo, dunque a favore di tutti coloro che lo abitano.

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