mons. Antonio Riboldi"Voi chi dite che Io sia?

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/08/2014)
Vangelo: Mt 16,13-20
Sappiamo tutti come il termine ‘cristiano' il più delle volte sia semplicemente ‘un aggettivo' e non un ‘modo di essere', che testimonia e interpreta il dono della vita, ossia, come afferma Paolo: ‘Per me vivere è Cristo'.
Eppure ci troviamo di fronte ad un presente che conosce tanti che vivono sul serio Cristo, ne sono testimoni viventi e ritengono che Lui sia la sola Persona, il solo Bene da coltivare e a cui donarsi, in altre parole Gesù è ‘la Via, la Verità e la Vita', e sono di Cristo fino a ritenere un dono il testimoniare il loro amore dando la vita, con il martirio.

Penso tante volte a fratelli nella fede, in Paesi dove è assolutamente proibita ogni forma di religione o domina l'integralismo islamico, e dove professare apertamente la fede cristiana significa carcere duro e, non sono pochi i casi in questi ultimi mesi, la pena di morte.
Vescovi, sacerdoti e tanti semplici cristiani hanno sperimentato l'asprezza del carcere duro per tanti anni, ma non si sono mai arresi.
Tanti vivono la ‘passione di Cristo' oggi, in tutto il mondo, spesso dai mass-media, perché ‘non fanno notizia', ma ‘seme di nuovi cristiani' nel piano di Dio -
Chiedere loro: ‘Chi dite che sia il Figlio dell'uomo?' Li sorprenderebbe, perché, con evidente stupore, direbbero sicuri: ‘Tutto, la nostra vita'.
Ricordo mia mamma, innamorata di Gesù, che, quando con papà affermava: ‘Gesù è davvero tutto per me', lui scherzando rispondeva: ‘Allora per me è rimasto nulla!?'.
Così come tanti, nei conventi, nella vita comune, vivono davvero un'esistenza in cui Cristo è il tutto. Sono ‘la luce del mondo, il sale della terra' e quello spazio tra noi, in cui Dio si mostra vivo, come fu al tempo di Gesù.
Forse, per tanti, questo modo discreto che prende le distanze dai tanti ‘rumori del mondo' - capace solo di promettere illusioni, che spesso si rivelano amare - questo stile tipico dell'amore, che si dà senza rumore, non fa presa.
Purtroppo è questa superficialità, che sconfina nell'indifferenza religiosa o nell'ateismo pratico, in cui Gesù conta poco o nulla, quella che regna su troppi.
Ma se è meravigliosamente bello, divino, farsi conquistare da Gesù, è terribilmente triste vivere senza di Lui: un'assenza, quella di Gesù, che a volte porta ad odiare la stessa vita.
Così Gesù, oggi, interpella i ‘suoi' sulla Sua identità. Scelti da Lui, si erano lasciati affascinare. Chissà quanti sogni nutrivano gli apostoli. Ma erano sogni di mondo o di Cielo?
Avevano scelto di seguire Lui o quello che speravano di ricevere da Lui?
Narra il Vangelo:
"In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: ‘La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?'. Risposero: ‘Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremia o qualcuno dei profeti'.
Disse loro: ‘Ma voi chi dite che io sia?'. Rispose Simon Pietro: ‘Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente'. E Gesù gli disse: ‘Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli'.
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo". (Mt. 16, 13-20)
La domanda, posta da Gesù stesso: ‘Voi chi dite che io sia?' è rivolta ancora agli uomini di oggi, a noi personalmente. Io, cosa penso di Cristo? Forse lo conosciamo perché Egli vive con noi, in una società, in cui ancora traspaiono i Suoi principi. Lo conosciamo, forse, per l'educazione religiosa ricevuta.
Ma la domanda resta e le nostre labbra, sovente, sono senza risposta, o perlomeno senza una risposta piena, perché la sentiamo troppo impegnativa, grave, perché implica tutto il nostro destino umano e spirituale: conoscerLo vorrebbe dire seguirlo e vivere per Lui e in Lui.
La sua figura rimane così vaga e sbiadita, e, come i discepoli colti nella tempesta sul lago, vedendoLo venire, camminando sulle acque, grideremmo: ‘E' un fantasma!'.
Così la nostra conoscenza di Cristo è rudimentale, frammentaria, incerta o forse fredda, se non ostile. Lo conosciamo senza amarLo, Lo ‘supponiamo' senza conoscerLo, trascurandoLo e dimenticandoLo. Oppure come scriveva don Tonino Bello: ‘Conosco molti cristiani, e tra questi ci sono anch'io, che si aggrappano al Signore, perché hanno paura, ma non si abbandonano a Lui perché Lo amano. E questo non è un abbraccio di tenerezza, è un prodotto della paura. Noi al Signore ci dobbiamo abbandonare.... Ecco, così è Gesù Cristo: Lui per ognuno ha una parola particolare. Ha una parola di tenerezza, di incoraggiamento. Noi dobbiamo riscoprirla soltanto.
Ma come può avvenire questo reale e vivo incontro? Abbiamo una direttiva sicura nelle parole pronunciate da Papa Francesco in un'omelia a Santa Marta: "La domanda - ‘Chi sono io per voi, per te?' - a Pietro, soltanto si capisce lungo una strada, una lunga strada di grazia e di peccato, una strada di discepolo. Gesù non ha detto 'Conoscimi!' ha detto ‘Seguimi!'. Seguire Gesù con le nostre virtù, anche con i nostri peccati, ma seguire sempre Gesù. Non è uno studio di cose che è necessario, ma è una vita di discepolo. Ci vuole un incontro quotidiano con il Signore, tutti i giorni, con le nostre vittorie e le nostre debolezze".
Ma, ha aggiunto, è anche "un cammino che noi non possiamo fare da soli.... Conoscere Gesù è un dono del Padre, è Lui che ci fa conoscere Gesù; è un lavoro dello Spirito Santo, che è un grande lavoratore e lavora in noi, sempre.... Chiediamo al Padre che ci dia la conoscenza di Cristo nello Spirito Santo, ci spieghi questo mistero".

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