mons. Roberto Brunelli"Pensare come Dio: un'impresa, ma redditizia
XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/08/2014)
Vangelo: Mt 16,21-27
L'episodio evangelico della scorsa domenica, come si ricorderà, riferiva che un giorno Pietro ha riconosciuto Gesù come "il Cristo, il Figlio del Dio vivente": riconoscimento tanto acuto, specie da parte di quel semplice pescatore, da non poter essere farina del suo sacco. Non l'hai capito da te, gli risponde Gesù: te l'ha rivelato "il Padre mio che sta nei cieli". Una prova viene dal passo odierno (Matteo 16,21-27), in cui il pescatore, lasciato alla sua sola intelligenza, dimostra
di non saper bene neppure lui quello che aveva dichiarato. La sua personale idea del Cristo, il Messia annunciato dai profeti, si conformava in tutto all'opinione corrente, che ignorando certi passi dei profeti preferiva interpretarne altri come la promessa di un salvatore politico-militare, un capo potente che avrebbe liberato la nazione dall'oppressione straniera (nella fattispecie, quella dei Romani) e avrebbe ridato vita all'antico glorioso regno di Davide. Così, quando "Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto", sino alla morte, per di più da parte proprio dei capi della nazione, Pietro respinse una tale prospettiva, esclamando: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai"!
A quelle parole, la reazione di Gesù fu tra le più severe che gli si conoscono: lo allontanò da sé, chiamandolo satana e motivo di scandalo. E ne diede la motivazione, con una frase che fissò una regola fondamentale nella vita di ogni credente: così dicendo tu, Pietro, "non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Ecco: il credente è chi pensa secondo Dio, vale a dire si fida di lui, gli si affida, ha fede; per questo si uniforma alla sua volontà, valuta uomini e cose col suo metro, e quand'anche l'umano giudizio, la personale convenienza o l'opinione dei più contrastasse con la chiara volontà di Dio, sa bene quale sia la scelta da fare. Il credente "pensa secondo Dio": cerca sempre di conoscere il pensiero di Dio per uniformarsi ad esso, e di conseguenza agire come lui vuole. Dicendo la cosa in altri termini, la seconda lettura di oggi (Romani 12,1-2) riporta una raccomandazione di Paolo ai cristiani di Roma: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".
Ma come si fa', viene spontaneo chiedersi, a conoscere la volontà di Dio? La risposta è facile: seguendo la propria coscienza, illuminata dalla Parola che Dio si è paternamente degnato di rivolgerci. Soprattutto, guardando alla Parola incarnata, il suo stesso Figlio: ciò che ha detto, ciò che ha fatto. Viene dal Medio Evo un aureo libretto sempre d'attualità, che già nel titolo condensa il concetto: è "L'imitazione di Cristo". Chi vuole dirsi cristiano ha un modello da seguire che è il suo Signore, il quale anche per questo si è fatto uomo: si è messo al nostro livello anche proprio perché possiamo agire come lui. Per applicarlo alla pratica quotidiana, un quasi infallibile vademecum deriva dal darsi una sincera risposta a una domanda: che cosa penserebbe, direbbe, farebbe Gesù se fosse qui, ora, al posto mio?
Certo non è sempre agevole pensare, e dunque agire, come farebbe Gesù; il groviglio di pulsioni che si agita in ogni uomo a volte è molto riluttante a farsi domare; l'attrattiva di un tornaconto immediato talora abbatte le barriere della logica, della riflessione. Lo sapeva bene lo stesso Gesù, il quale per questo concluse l'episodio di oggi invitando a non essere miopi, a considerare gli effetti ultimi dei nostri comportamenti. Disse: "Chi vuole salvare la propria vita", cioè pensa solo a sé e a quanto gli conviene nella vita presente, "la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà". Pensare come Dio, imitare il suo Figlio: può significare umane rinunce, ma è la garanzia della vita che solo lui ci assicura.
Vangelo: Mt 16,21-27
L'episodio evangelico della scorsa domenica, come si ricorderà, riferiva che un giorno Pietro ha riconosciuto Gesù come "il Cristo, il Figlio del Dio vivente": riconoscimento tanto acuto, specie da parte di quel semplice pescatore, da non poter essere farina del suo sacco. Non l'hai capito da te, gli risponde Gesù: te l'ha rivelato "il Padre mio che sta nei cieli". Una prova viene dal passo odierno (Matteo 16,21-27), in cui il pescatore, lasciato alla sua sola intelligenza, dimostra
di non saper bene neppure lui quello che aveva dichiarato. La sua personale idea del Cristo, il Messia annunciato dai profeti, si conformava in tutto all'opinione corrente, che ignorando certi passi dei profeti preferiva interpretarne altri come la promessa di un salvatore politico-militare, un capo potente che avrebbe liberato la nazione dall'oppressione straniera (nella fattispecie, quella dei Romani) e avrebbe ridato vita all'antico glorioso regno di Davide. Così, quando "Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto", sino alla morte, per di più da parte proprio dei capi della nazione, Pietro respinse una tale prospettiva, esclamando: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai"!
A quelle parole, la reazione di Gesù fu tra le più severe che gli si conoscono: lo allontanò da sé, chiamandolo satana e motivo di scandalo. E ne diede la motivazione, con una frase che fissò una regola fondamentale nella vita di ogni credente: così dicendo tu, Pietro, "non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Ecco: il credente è chi pensa secondo Dio, vale a dire si fida di lui, gli si affida, ha fede; per questo si uniforma alla sua volontà, valuta uomini e cose col suo metro, e quand'anche l'umano giudizio, la personale convenienza o l'opinione dei più contrastasse con la chiara volontà di Dio, sa bene quale sia la scelta da fare. Il credente "pensa secondo Dio": cerca sempre di conoscere il pensiero di Dio per uniformarsi ad esso, e di conseguenza agire come lui vuole. Dicendo la cosa in altri termini, la seconda lettura di oggi (Romani 12,1-2) riporta una raccomandazione di Paolo ai cristiani di Roma: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".
Ma come si fa', viene spontaneo chiedersi, a conoscere la volontà di Dio? La risposta è facile: seguendo la propria coscienza, illuminata dalla Parola che Dio si è paternamente degnato di rivolgerci. Soprattutto, guardando alla Parola incarnata, il suo stesso Figlio: ciò che ha detto, ciò che ha fatto. Viene dal Medio Evo un aureo libretto sempre d'attualità, che già nel titolo condensa il concetto: è "L'imitazione di Cristo". Chi vuole dirsi cristiano ha un modello da seguire che è il suo Signore, il quale anche per questo si è fatto uomo: si è messo al nostro livello anche proprio perché possiamo agire come lui. Per applicarlo alla pratica quotidiana, un quasi infallibile vademecum deriva dal darsi una sincera risposta a una domanda: che cosa penserebbe, direbbe, farebbe Gesù se fosse qui, ora, al posto mio?
Certo non è sempre agevole pensare, e dunque agire, come farebbe Gesù; il groviglio di pulsioni che si agita in ogni uomo a volte è molto riluttante a farsi domare; l'attrattiva di un tornaconto immediato talora abbatte le barriere della logica, della riflessione. Lo sapeva bene lo stesso Gesù, il quale per questo concluse l'episodio di oggi invitando a non essere miopi, a considerare gli effetti ultimi dei nostri comportamenti. Disse: "Chi vuole salvare la propria vita", cioè pensa solo a sé e a quanto gli conviene nella vita presente, "la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà". Pensare come Dio, imitare il suo Figlio: può significare umane rinunce, ma è la garanzia della vita che solo lui ci assicura.
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