mons. Vincenzo Paglia Commento su Mt 16,21-27 XXII Domenica

 (31/08/2014)
Vangelo: Mt 16,21-27
Introduzione
"Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Pietro scopre così la vera identità di Gesù. Egli fa l'incredibile scoperta che questo carpentiere di Nazaret non è altro che il Cristo, l'unto di Israele, la realizzazione dell'attesa, lunga duemila anni, del suo popolo. Ma Pietro interpreta la missione di Gesù in termini politici. Gesù ben se ne rende conto e spiega che tipo di Messia sarà: andrà a Gerusalemme per soffrire, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno. Ciò è troppo per Pietro: nel suo spirito, l'idea di sofferenza e l'idea di Messia sono semplicemente incompatibili fra loro.

"Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Se Pietro potesse solo rendersene conto, sarebbe pervaso dalla gioia! Il Messia, che si sarebbe immerso nella sofferenza, che avrebbe incontrato l'ostilità degli uomini e che avrebbe subito tutte le conseguenze dell'ingratitudine secolare di Israele verso il Dio dell'Alleanza, era proprio lì! Davanti a lui c'era finalmente colui che avrebbe sconfitto Satana in uno scontro decisivo e che avrebbe, in questo modo, portato a compimento il piano divino di salvezza per l'umanità. Poiché Pietro "cominciò a protestare dicendo: Dio te ne scampi, Signore, questo non ti accadrà mai", Gesù gli disse: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!". Voltaire scrisse argutamente: "Dio fece l'uomo a sua immagine e somiglianza e l'uomo gliela rese proprio bene!".
Nella nostra tendenza innata a resistere a Dio, noi deformiamo la sua immagine, ci rifiutiamo di lasciare che Dio sia come vuole essere. Il nostro Dio è troppo piccolo, troppo fragile e troppo limitato, mentre il Dio di Gesù Cristo è letteralmente troppo bello per essere vero. Gesù si affretta a percorrere la via che porta a Gerusalemme per svelarcelo sulla croce.
Omelia
La risposta di Pietro, fatta a nome di tutti, conforta Gesù e gli permette di andare verso quella vera intimità che è la comunione con Lui e il suo mistero. Gesù apre loro il suo cuore e manifesta quale sarà la fine che lo attende a Gerusalemme: il Messia non è un potente, ma un debole che verrà persino ucciso. Pietro non capisce quello che Gesù sta dicendo; pensa, anzi, che stia vaneggiando e spinto dal suo istinto, non certo dalla fede che prima lo ha fatto parlare, vuole distogliere Gesù dalla sua missione e dalla via verso Gerusalemme. In verità, è lui che deve percorrere ancora molta strada sulla via della comprensione del Signore, come del resto ognuno di noi. La fede non è un dato fisso e acquisito una volta per sempre; è piuttosto un quotidiano e perseverante cammino di ascolto, di comprensione e di amore per il Signore. Gesù è durissimo con Pietro: il Vangelo è al di sopra di tutto e di tutti; richiede tagli con il proprio orgoglio e le proprie convinzioni; ed impegna ad un nuovo cammino. E la croce che Gesù chiede a chi vuol seguirlo; ma non è una pratica di sacrificio. L'adesione al Vangelo - che comporta anche una dura lotta contro il male - è l'unico modo per non perdere la propria vita, per non dissiparla in cose futili che né contano né rendono felici. A che serve avere tutto se perdiamo la nostra anima?

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