Commento (da VIRC, Vienna International Religious Centre) Mt 20,1-16 - Sei invidioso perché io sono buono?
Dobbiamo confessare che proviamo un certo disagio di fronte alla parabola degli operai
dell'ultima ora, che hanno fatto appena in tempo a sporcarsi le mani eppure ricevono il salario
intero, come gli altri. E non ci sembra giusto il comportamento del padrone, che non accetta le
rimostranze di quelli che sono stati assunti al mattino, disprezzando spudoratamente le regole
più elementari della giustizia sociale e distributiva. Se davvero il regno dei cieli è simile a tutto
questo, si tratta di un universo al di fuori dei nostri principi di coerenza e della nostra logica. E
la cosa è ancora più grave, in quanto Gesù racconta questa storia per giustificarsi: deve
difendersi dalle malelingue che gli rimproverano la sua preferenza per persone di dubbia
onestà e di facili costumi. Ha già risposto una volta che non sono i sani ad avere bisogno del
medico, ma i malati. Ora, per rinforzare ulteriormente quest'argomentazione, si appella al
modo di agire di Dio stesso.
"Sei invidioso perché io sono buono?". In questa frase sta la chiave di tutto il discorso. Di
fronte al comportamento insolito del padrone della parabola, noi ragioniamo in termini di
diritto, dimenticando la generosità, l'amore, che ha le sue preferenze e le sue motivazioni
segrete: "Voglio dare a quest'ultimo quanto a te!". Dal momento che tutto ciò che possediamo
l'abbiamo ricevuto da Dio, quali meriti possiamo far valere? E che diritto abbiamo di
protestare? Si sentono a volte, sulla bocca di certi cristiani, frasi di questo tipo: "La chiesa non
è più quella di una volta. Invece di essere la casa dei praticanti e delle persone irreprensibili, si
volge verso gli indifferenti, gli atei, e verso gente senza arte né parte, che non gode di una
buona reputazione...". Per fortuna! Questo significa che la chiesa si sta finalmente adattando
ai modi di fare di Dio. Se lasciassimo sempre l'ultima parola alla bontà e non alla giustizia in
senso stretto, la realtà del regno sarebbe viva e operante in mezzo a noi.
(da VIRC, Vienna International Religious Centre)
dell'ultima ora, che hanno fatto appena in tempo a sporcarsi le mani eppure ricevono il salario
intero, come gli altri. E non ci sembra giusto il comportamento del padrone, che non accetta le
rimostranze di quelli che sono stati assunti al mattino, disprezzando spudoratamente le regole
più elementari della giustizia sociale e distributiva. Se davvero il regno dei cieli è simile a tutto
questo, si tratta di un universo al di fuori dei nostri principi di coerenza e della nostra logica. E
la cosa è ancora più grave, in quanto Gesù racconta questa storia per giustificarsi: deve
difendersi dalle malelingue che gli rimproverano la sua preferenza per persone di dubbia
onestà e di facili costumi. Ha già risposto una volta che non sono i sani ad avere bisogno del
medico, ma i malati. Ora, per rinforzare ulteriormente quest'argomentazione, si appella al
modo di agire di Dio stesso.
"Sei invidioso perché io sono buono?". In questa frase sta la chiave di tutto il discorso. Di
fronte al comportamento insolito del padrone della parabola, noi ragioniamo in termini di
diritto, dimenticando la generosità, l'amore, che ha le sue preferenze e le sue motivazioni
segrete: "Voglio dare a quest'ultimo quanto a te!". Dal momento che tutto ciò che possediamo
l'abbiamo ricevuto da Dio, quali meriti possiamo far valere? E che diritto abbiamo di
protestare? Si sentono a volte, sulla bocca di certi cristiani, frasi di questo tipo: "La chiesa non
è più quella di una volta. Invece di essere la casa dei praticanti e delle persone irreprensibili, si
volge verso gli indifferenti, gli atei, e verso gente senza arte né parte, che non gode di una
buona reputazione...". Per fortuna! Questo significa che la chiesa si sta finalmente adattando
ai modi di fare di Dio. Se lasciassimo sempre l'ultima parola alla bontà e non alla giustizia in
senso stretto, la realtà del regno sarebbe viva e operante in mezzo a noi.
(da VIRC, Vienna International Religious Centre)
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