D. Severino GALLO sdb" PENTITOSI... ANDÒ - NON PAROLE MA FATTI"

28 settembre 2014 | 26a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
(Le verità contenute nelle Letture di oggi si potrebbero sintetizzare così:
1. Chi ha peccato è personalmente e direttamente responsabile davanti a Dio per il male commesso.
La vita o la morte spirituale dipendono esclusivamente dalle azioni compiute.
2. Nonostante la perversione umana, Dio è sempre pronto al perdono e offre tutti i mezzi possibili perché l'uomo giunga alla salvezza.
3. Per una retta convivenza comunitaria è necessario saper vincere l'orgoglio, vivere nell'umiltà fino al punto di preferire
gl'interessi degli altri ai propri.
E' San Paolo che ce lo ricorda nella seconda lettura: "Non fate nulla... per vanagloria, ma ciascuno di voi... consideri gli altri superiori a se stesso".
4. L'obbedienza di Gesù è per tutti un esempio di abnegazione, perché colui che sa veramente umiliarsi verrà esaltato.
5. La vita cristiana deve essere un continuo "sì" alla voce del Signore; un "sì" fattivo, che porta a compiere atti concreti di conversione, di bontà e di amore. Non servono a nulla le ipocrisie dei falsi credenti).

NB/ Tutto quello che precede qui sopra, si potrebbe tralasciare e cominciare di qui in poi...

*** *** ***
Il brano evangelico odierno continua il tema della chiamata alla fede, già trattato domenica scorsa.
Oggi troviamo ancora l'immagine della vigna e l'invito del Signore - qui presentato come un padre di famiglia - invito ad andare a lavorare; invito rivolto ai suoi due figli.
Nei figli dobbiamo vedere due persone particolarmente interessate perché la vigna prosperi e produca buoni frutti.
Fuori immagine, possiamo considerarli come due persone che hanno già risposto alla chiamata del Signore; potrebbero essere due cristiani...

a) La fede non si limita alle parole.

E' proprio questo che Gesù vuol farci intendere con la parabola odierna. Non basta essere suoi amici solo a parole. Già nell'Antico Testamento era stato rimproverato questo atteggiamento di fede, che si accontentava di gesti esteriori, di preghiere interminabili senza la partecipazione del cuore.
Chi si comporta così, viene chiamato "ipocrita". Con questa parola i Greci chiamavano "l'attore", cioè: "colui che recita".

Nella vita di fede non si può "recitare". Essere attori con Dio, che scruta i cuori e conosce la nostra anima nel profondo, è una grave mancanza.
Del resto, se un nostro amico si comportasse in questo modo con noi, ne resteremmo profondamente offesi. Noi sappiamo bene che la sincerità è una virtù che tutti apprezzano.
Alla chiamata di Gesù, alle sue ispirazioni, non possiamo rispondere: "Sì, Signore", e poi non fare. Ci vuole coerenza.



Eccovi l'esempio di un Santo che non "recitava" la sua fede, ma la viveva.

Durante il colèra del 1873 San Pio X, ancora parroco, prodigava eroicamente la sua opera nel visitare e curare i malati e nel seppellire i morti.
Egli, affranto da quelle fatiche, dimagrì a tal punto da fare paura a tutti. Alle sorelle che insistevano, perché facesse lavorare di più i suoi cappellani, risparmiandosi un po', diceva:
- Ma brave, brave! Così voi mi esortate a mancare ai miei doveri. Per sfuggire al colèra, che ha una elle sola, mi esponete alla còllera di Dio, che ne ha due...
San Pio X non "recitava" la sua fede, ma la viveva, pagando di persona...


b) La fede consiste essenzialmente nel fare la volontà del Padre.

Nel Vangelo troviamo più volte che quel che conta è fare ciò che il Padre celeste vuole da ciascuno di noi.
Gesù ha detto: "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre, che è nei cieli".
Altra volta, ad alcuni che gli facevano notare che fuori c'erano sua madre e i suoi parenti, Gesù rispose: "Chi sono mia madre e i miei parenti? Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" (Mc. 3,34).
E Gesù non si accontentò di sole parole. Sappiamo che tutta la sua vita e soprattutto la sua morte furono una risposta concreta alla volontà del Padre.

Un vero imitatore di Gesù nel fare la volontà del Padre:

Quando Giovanni XXIII ebbe la notizia del male incurabile che ormai segnava la fine della sua vita, il segretario gli chiese se avrebbe pregato almeno per giungere a chiudere il Concilio Ecumenico, da lui aperto con tanta solennità l'11 ottobre 1962.




Il Papa rispose: - Se il Signore Gesù mi dicesse: "Chiedimi questa grazia e io te la concederò", io risponderei: - No, Signore, non chiedo. Fate voi, Signore. Fino al termine della mia vita, voglio restare fedele alla dottrina del "Padre Nostro", che Voi avete insegnato; voglio restare fedele al "Fiat voluntas tua", di cui mi avete offerto un esempio indimenticabile da Betlemme al Calvario.



Questo è imitare Gesù nel compiere la volontà del Padre.
Ecco come la fede non è più una "recita", ma la strada che conduce al gioioso incontro con il Signore.
San Giovanni Crisostomo scriveva: "La preghiera è zoppa, quando le opere non camminano di pari passo con l'orazione. La preghiera e le opere buone sono i due piedi che reggono l'anima".

c) Manifestazione della volontà del Padre.

Possiamo però domandarci quale può essere la volontà del Padre celeste nei nostri riguardi. E' facile conoscerla: basta imitare Gesù, indicato come Figlio prediletto del Padre, dare ascolto alla voce della Chiesa, o più semplicemente, osservare i Comandamenti.
Però dobbiamo far bene attenzione: non si tratta solo di non fare determinate cose per essere dei buoni cristiani, ma occorre soprattutto fare, essere attivi, svegli.

Per ritornare all'immagine della vigna: affinché questa sia rigogliosa e dia una buona vendemmia, non basta soltanto non danneggiarla, ma occorre soprattutto coltivarla.
E questo è vero per ogni cosa. Per costruire la Chiesa - di cui tutti siamo responsabili - non basta solo non danneggiarla, ma è necessario che ognuno di noi porti il proprio contributo.

La fede dunque deve accompagnarsi con le buone opere. Avere soltanto la fede o fare soltanto opere buone è come l'essere zoppi. E in tal caso la strada che si percorre è davvero un po' pochina...



Non bastano più le parole: ormai se ne sono dette e... scritte troppe... Ormai bisogna parlare con la vita.

Un giorno una Suora (nemmeno troppo anziana) piagnucolava così: - Com'è possibile andare avanti in questo modo? I giovani non accettano più niente da noi. Non ci vogliono più ascoltare...
Le fu risposto:
- E lei si faccia ascoltare cambiando registro!
Allora veniva da pensare a Livia Pietrantoni, di cui fu scritta la vita col titolo: Una certa Suor Agostina; di lei fu pure introdotta la Causa di Beatificazione.
Veniva da pensare al suo ascendente, al naturale "magistero" sulle compagne, al suo fascino su tutti. Alla sua autorità. Lei, sì, sapeva farsi ascoltare, eccome. Perché possedeva parecchi registri.

Noi purtroppo, sovente abbiamo a disposizione un unico registro. Parole, consigli esortazioni, prediche, rimproveri. Recriminazioni sui tempi.
Viene il momento in cui qualcuno si stanca delle nostre chiacchiere. Non prende più sul serio le nostre parole.
Bisogna farne una tragedia? Ma nemmeno per sogno. Basta cambiare registro! Si chiude la bocca, e si parla con la vita. E' difficile resistere al fascino di una vita. E' impossibile non prendere sul serio una vita.
Sr. Agostina è lì, a dimostrarci precisamente che le parole vengono prese sul serio quando sono garantite dalla "copertura dei fatti".
Ella si è lasciata letteralmente trucidare da un ammalato, che aveva curato e servito con tanto amore.
E noi, poveri maestri "diplomati" regolarmente, noi che abbiamo fatto i corsi come si deve, noi che teniamo in tasca e in bocca le risposte giuste, rimaniamo a mugugnare, perché qualcuno non ci dà più ascolto.
E se provassimo a "spiegarci" diversamente? Con la vita?


Un tale diceva: "Si insegna, non ciò che si vuole, né ciò che si sa, ma ciò che si è".
Sr. Agostina non conosceva certamente questa citazione. In compenso, ne era l'illustrazione più puntuale ed evidente.
Non si tratta di "sapere di meno". Si tratta semplicemente di "essere di più".

Anche la Madonna faceva così: pochissime parole... ma molti fatti. Non per nulla era stata 33 anni alla scuola di Gesù. ImitiamoLa!

                                                                                  D. Severino GALLO sdb

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