dom Luigi Gioia "buona notizia" Commento su Matteo 20,1-16
XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/09/2014)
Vangelo: Mt 20,1-16
Nella seconda lettura dei testi che ci sono proposti per questa venticinquesima domenica
del tempo ordinario Paolo ci invita a comportarci in maniera degna del Vangelo di Cristo:
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.
Vangelo è una parola greca che vuol dire "buona notizia". Le buone notizie sono quelle
che ci danno gioia, che ci rinnovano nella speranza. Siamo sempre desiderosi di ricevere
buone notizie, soprattutto quando queste arrivano in modo inaspettato. Pensiamo alla gioia
di un genitore quando il figlio gli da la buona notizia che ha trovato un lavoro, un lavoro
stabile, un lavoro degno. Oppure alla gioia che proviamo quando un fratello, un figlio che
abita lontano e che non vediamo da tempo ci da la buona notizia che viene a trovarci. Il
Vangelo è in questo senso una buona notizia, non solo riguardo a un evento particolare della
nostra vita, ma a tutta la nostra esistenza.
Qual è questa buona notizia che ci dà il Vangelo? O piuttosto la buona notizia che è il
Vangelo? Tanti sarebbero i modi per riassumerla. La buona notizia è che Dio è amore e che
perdona tutti i nostri peccati. Questa è una buona notizia, è uno dei fondamenti della nostra
speranza. Oppure la buona notizia è che la morte non è la fine di tutto, perché Gesù è risorto
dai morti, ha vinto la morte. Buona notizia è ancora che noi che siamo uniti a lui,
risorgeremo con lui. Oppure, più generalmente, la buona notizia è che abbiamo un Padre
celeste che si occupa di noi, che niente è lasciato al caso nella nostra vita, che tutta la nostra
esistenza è nelle sue mani, che ognuno dei nostri capelli è contato. Anche questa è una
buona notizia.
Ogni domenica questo Vangelo, questa buona notizia, si ripropone a noi sotto un punto di
vista diverso e ogni domenica dobbiamo chiederci qual è la buona notizia che vuole darci il
Signore attraverso la sua Parola.
Questa domenica la buona notizia possiamo cominciare a cercarla in una frase della
prima lettura: I pensieri del Signore non sono i nostri pensieri. E quale migliore esempio di
questa differenza tra i pensieri del Signore e i nostri possiamo avere della parabola di questi
lavoratori che il padrone di casa chiama a lavorare nella sua vigna. A questo riguardo i nostri
pensieri, il modo di pensare umano, la giustizia umana è chiara: chi arriva prima e lavora di
più, riceve di più; chi arriva per ultimo e lavora di meno, riceve di meno.
Questo modo di pensare non è sbagliato. Se leggiamo attentamente il vangelo di oggi, ci
rendiamo conto che questo principio elementare di equità non è rinnegato dal padrone di
casa. Infatti il padrone di casa aveva pattuito con gli operai della prima ora la somma di un
denaro ed è stato fedele alla sua parola. Semplicemente, ha deciso di dare anche agli operai
dell'ultima ora tanto quanto aveva dato a quelli della prima ora. Non è stato ingiusto verso
gli operai della prima ora, ma è stato generoso verso quelli dell'ultima ora, proprio come
afferma lui stesso: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un
denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non
posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Non si tratta di una lezione di gestione aziendale: sarebbe un disastro amministrare
un'azienda in questo modo. Si tratta di un'immagine, di una parabola, della quale il Signore
si serve per darci appunto una buona notizia riguardo al suo modo di fare con noi. Dio vuole
che tutti gli uomini siano salvati. Vuole che nessuna delle sue pecore vada perduta. Non si
tratta di stabilire chi entra prima o chi entra dopo, chi crede prima o chi crede dopo, ma di
cercare di accogliere nel regno dei cieli tutti, fino all'ultimo secondo, fino all'ultima persona. Si tratta soprattutto di capire che sia chi entra per primo che chi entra per ultimo, entra non
per merito suo, non perché ha cercato lavoro, non perché è andato lui a cercare il Signore,
ma perché è il Signore che è venuto a cercare noi.
Un dettaglio importantissimo del vangelo di oggi è infatti proprio questo. Tanto gli operai
della prima ora che quelli dell'ultima ora non sono andati a lavorare di loro spontanea
volontà. Stavano oziosi, senza lavoro, disoccupati nella piazza. Non pensavano neanche a
prendere l'iniziativa di andare a cercare lavoro. E' il padrone di casa, è il Signore che è uscito
per andare a cercarli. Il regno dei cieli - dice l'inizio di questo vangelo - è simile ad un
padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
La buona notizia è che tutti noi siamo cristiani, abbiamo la fede, crediamo, perché il
Signore è venuto a cercarci. Tutti siamo salvi per grazia, per un dono di Dio. Tutti eravamo
peccatori, tutti nemici. Tutti siamo entrati, sia quelli che sono arrivati per primi che quelli
che sono arrivati per ultimi, solo e unicamente a causa della bontà, della misericordia, della
generosità del Signore.
Il problema è che i primi arrivati possono dimenticare questo fatto, possono cominciare
ad attribuirsi dei meriti, cominciare ad inorgoglirsi, perdendo l'aspetto più fondamentale
della vita di fede, la gratitudine verso il Signore. Questo è il senso della frase,
apparentemente enigmatica, con la quale si conclude il vangelo di oggi: Così gli ultimi
saranno primi e i primi, ultimi.
Primi ed ultimi sono uguali davanti al Signore, perché tutti il Signore ama ugualmente e
tutti sono salvati gratuitamente, per grazia. Per gli ultimi questo è evidente: proprio perché
hanno lavorato di meno, hanno una coscienza più profonda della generosità, della
misericordia di Dio, e per questo sono più umili, più riconoscenti. I primi invece, perché
hanno lavorato di più o perché sono stati chiamati per primi, hanno cominciato a credere di
potersi attribuire qualcosa, si sono inorgogliti, hanno perso il senso della loro indegnità e
soprattutto hanno perso la riconoscenza verso il padrone di casa che così generosamente era
andato a cercarli quando anche loro erano disoccupati e senza speranza.
La logica del Signore non è la nostra logica. I miei pensieri non sono i vostri pensieri -
dice il Signore. Tutti siamo servi inutili davanti a lui, non perché quello che facciamo non
conti per lui, ma perché non è a causa di quello che facciamo che abbiamo valore ai suoi
occhi. Il Signore è un padre che ci ama come figli, non per quello che facciamo, ma per
quello che siamo, perché siamo suoi figli.
Allo stesso modo il Signore vuole che tra di noi impariamo ad amarci, ad essere solidali,
non giudicandoci sulla base di quello che facciamo o non facciamo, di chi arriva prima o di
chi arriva dopo, di chi è esemplare o di chi non lo è, ma che impariamo a guardare gli uni
agli altri, a provare della gioia gli uni per gli altri, come veri fratelli e sorelle che vogliono
solo il bene, solo la salvezza di tutti.
Dobbiamo lasciarci giudicare da questa constatazione: i nostri pensieri, il nostro modo di
giudicare, di vedere le cose, il nostro modo di giudicarci gli uni gli altri non è quello del
Signore. Questa è una buona notizia perché se il Signore ci guardasse come noi ci
guardiamo gli uni gli altri saremmo tutti condannati, perché tutti manchiamo davanti a lui,
tutti siamo indegni davanti a lui. La buona notizia è ancora che la logica del Signore è
diversa: è una logica di amore, una logica di misericordia, una logica che vuole solo la nostra
salvezza. Il Signore vuole solo averci con lui ed è pronto ad una infinita pazienza, pronto ad
accoglierci fino all'ultimo secondo, pronto ad accogliere il nostro pentimento, in qualunque
momento esso arrivi.
Lasciamoci consolare da questa speranza, sia nei nostri riguardi che nei riguardi dei
nostri fratelli e delle nostre sorelle che sembrano essere lontani dalla fede, sembrano essere
lontani dal Signore. Il Vangelo ci garantisce che non è il momento nel quale entrano che è
importante, ma il fatto che prima o poi, fosse anche all'ultimo secondo, finiscano per
entrare. Il Signore è buono e vuole tutti i suoi figli uniti e felici nella sua casa, per servirci lui
stesso nel banchetto eterno che prepara per noi, perché - ci dice il Signore - i miei pensieri
non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.
Vangelo: Mt 20,1-16
Nella seconda lettura dei testi che ci sono proposti per questa venticinquesima domenica
del tempo ordinario Paolo ci invita a comportarci in maniera degna del Vangelo di Cristo:
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.
Vangelo è una parola greca che vuol dire "buona notizia". Le buone notizie sono quelle
che ci danno gioia, che ci rinnovano nella speranza. Siamo sempre desiderosi di ricevere
buone notizie, soprattutto quando queste arrivano in modo inaspettato. Pensiamo alla gioia
di un genitore quando il figlio gli da la buona notizia che ha trovato un lavoro, un lavoro
stabile, un lavoro degno. Oppure alla gioia che proviamo quando un fratello, un figlio che
abita lontano e che non vediamo da tempo ci da la buona notizia che viene a trovarci. Il
Vangelo è in questo senso una buona notizia, non solo riguardo a un evento particolare della
nostra vita, ma a tutta la nostra esistenza.
Qual è questa buona notizia che ci dà il Vangelo? O piuttosto la buona notizia che è il
Vangelo? Tanti sarebbero i modi per riassumerla. La buona notizia è che Dio è amore e che
perdona tutti i nostri peccati. Questa è una buona notizia, è uno dei fondamenti della nostra
speranza. Oppure la buona notizia è che la morte non è la fine di tutto, perché Gesù è risorto
dai morti, ha vinto la morte. Buona notizia è ancora che noi che siamo uniti a lui,
risorgeremo con lui. Oppure, più generalmente, la buona notizia è che abbiamo un Padre
celeste che si occupa di noi, che niente è lasciato al caso nella nostra vita, che tutta la nostra
esistenza è nelle sue mani, che ognuno dei nostri capelli è contato. Anche questa è una
buona notizia.
Ogni domenica questo Vangelo, questa buona notizia, si ripropone a noi sotto un punto di
vista diverso e ogni domenica dobbiamo chiederci qual è la buona notizia che vuole darci il
Signore attraverso la sua Parola.
Questa domenica la buona notizia possiamo cominciare a cercarla in una frase della
prima lettura: I pensieri del Signore non sono i nostri pensieri. E quale migliore esempio di
questa differenza tra i pensieri del Signore e i nostri possiamo avere della parabola di questi
lavoratori che il padrone di casa chiama a lavorare nella sua vigna. A questo riguardo i nostri
pensieri, il modo di pensare umano, la giustizia umana è chiara: chi arriva prima e lavora di
più, riceve di più; chi arriva per ultimo e lavora di meno, riceve di meno.
Questo modo di pensare non è sbagliato. Se leggiamo attentamente il vangelo di oggi, ci
rendiamo conto che questo principio elementare di equità non è rinnegato dal padrone di
casa. Infatti il padrone di casa aveva pattuito con gli operai della prima ora la somma di un
denaro ed è stato fedele alla sua parola. Semplicemente, ha deciso di dare anche agli operai
dell'ultima ora tanto quanto aveva dato a quelli della prima ora. Non è stato ingiusto verso
gli operai della prima ora, ma è stato generoso verso quelli dell'ultima ora, proprio come
afferma lui stesso: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un
denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non
posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Non si tratta di una lezione di gestione aziendale: sarebbe un disastro amministrare
un'azienda in questo modo. Si tratta di un'immagine, di una parabola, della quale il Signore
si serve per darci appunto una buona notizia riguardo al suo modo di fare con noi. Dio vuole
che tutti gli uomini siano salvati. Vuole che nessuna delle sue pecore vada perduta. Non si
tratta di stabilire chi entra prima o chi entra dopo, chi crede prima o chi crede dopo, ma di
cercare di accogliere nel regno dei cieli tutti, fino all'ultimo secondo, fino all'ultima persona. Si tratta soprattutto di capire che sia chi entra per primo che chi entra per ultimo, entra non
per merito suo, non perché ha cercato lavoro, non perché è andato lui a cercare il Signore,
ma perché è il Signore che è venuto a cercare noi.
Un dettaglio importantissimo del vangelo di oggi è infatti proprio questo. Tanto gli operai
della prima ora che quelli dell'ultima ora non sono andati a lavorare di loro spontanea
volontà. Stavano oziosi, senza lavoro, disoccupati nella piazza. Non pensavano neanche a
prendere l'iniziativa di andare a cercare lavoro. E' il padrone di casa, è il Signore che è uscito
per andare a cercarli. Il regno dei cieli - dice l'inizio di questo vangelo - è simile ad un
padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
La buona notizia è che tutti noi siamo cristiani, abbiamo la fede, crediamo, perché il
Signore è venuto a cercarci. Tutti siamo salvi per grazia, per un dono di Dio. Tutti eravamo
peccatori, tutti nemici. Tutti siamo entrati, sia quelli che sono arrivati per primi che quelli
che sono arrivati per ultimi, solo e unicamente a causa della bontà, della misericordia, della
generosità del Signore.
Il problema è che i primi arrivati possono dimenticare questo fatto, possono cominciare
ad attribuirsi dei meriti, cominciare ad inorgoglirsi, perdendo l'aspetto più fondamentale
della vita di fede, la gratitudine verso il Signore. Questo è il senso della frase,
apparentemente enigmatica, con la quale si conclude il vangelo di oggi: Così gli ultimi
saranno primi e i primi, ultimi.
Primi ed ultimi sono uguali davanti al Signore, perché tutti il Signore ama ugualmente e
tutti sono salvati gratuitamente, per grazia. Per gli ultimi questo è evidente: proprio perché
hanno lavorato di meno, hanno una coscienza più profonda della generosità, della
misericordia di Dio, e per questo sono più umili, più riconoscenti. I primi invece, perché
hanno lavorato di più o perché sono stati chiamati per primi, hanno cominciato a credere di
potersi attribuire qualcosa, si sono inorgogliti, hanno perso il senso della loro indegnità e
soprattutto hanno perso la riconoscenza verso il padrone di casa che così generosamente era
andato a cercarli quando anche loro erano disoccupati e senza speranza.
La logica del Signore non è la nostra logica. I miei pensieri non sono i vostri pensieri -
dice il Signore. Tutti siamo servi inutili davanti a lui, non perché quello che facciamo non
conti per lui, ma perché non è a causa di quello che facciamo che abbiamo valore ai suoi
occhi. Il Signore è un padre che ci ama come figli, non per quello che facciamo, ma per
quello che siamo, perché siamo suoi figli.
Allo stesso modo il Signore vuole che tra di noi impariamo ad amarci, ad essere solidali,
non giudicandoci sulla base di quello che facciamo o non facciamo, di chi arriva prima o di
chi arriva dopo, di chi è esemplare o di chi non lo è, ma che impariamo a guardare gli uni
agli altri, a provare della gioia gli uni per gli altri, come veri fratelli e sorelle che vogliono
solo il bene, solo la salvezza di tutti.
Dobbiamo lasciarci giudicare da questa constatazione: i nostri pensieri, il nostro modo di
giudicare, di vedere le cose, il nostro modo di giudicarci gli uni gli altri non è quello del
Signore. Questa è una buona notizia perché se il Signore ci guardasse come noi ci
guardiamo gli uni gli altri saremmo tutti condannati, perché tutti manchiamo davanti a lui,
tutti siamo indegni davanti a lui. La buona notizia è ancora che la logica del Signore è
diversa: è una logica di amore, una logica di misericordia, una logica che vuole solo la nostra
salvezza. Il Signore vuole solo averci con lui ed è pronto ad una infinita pazienza, pronto ad
accoglierci fino all'ultimo secondo, pronto ad accogliere il nostro pentimento, in qualunque
momento esso arrivi.
Lasciamoci consolare da questa speranza, sia nei nostri riguardi che nei riguardi dei
nostri fratelli e delle nostre sorelle che sembrano essere lontani dalla fede, sembrano essere
lontani dal Signore. Il Vangelo ci garantisce che non è il momento nel quale entrano che è
importante, ma il fatto che prima o poi, fosse anche all'ultimo secondo, finiscano per
entrare. Il Signore è buono e vuole tutti i suoi figli uniti e felici nella sua casa, per servirci lui
stesso nel banchetto eterno che prepara per noi, perché - ci dice il Signore - i miei pensieri
non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.
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