don Marco Pedron "E' vivendo che impareremo a vivere"

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) 
Vangelo: Mt 21,33-43 
C'è una vigna e c'è il suo padrone. Nella Palestina del tempo vi erano questi grandi padroni stranieri con grandi latifondi. Il terreno veniva coltivato da affittuari o mezzadri. Naturalmente il padrone era all'estero e quando il raccolto era pronto veniva o mandava i suoi servi per portalo via. I conflitti erano frequenti sia per lo sfruttamento scriteriato da parte dei padroni,
sia perché non tutti gli anni vi era un buon raccolto, sia perché a volte i poveri affittuari cercavano di "fare i furbi".
Il padrone fa tutto bene: pianta la vigna, la circonda con una siepe, vi scava il frantoio, vi costruisce la torre e poi l'affida ai vignaioli (Mt 21,33). Le immagini descrivono l'amore del padrone per la sua vigna.
Arriva il tempo del raccolto e come è ovvio manda i suoi servi a ritirarlo (Mt 21,34). Fin qui tutto normale, tutto come ogni anno.
Ma qui succede l'imprevisto. Cosa fanno i vignaioli? Hanno una reazione furiosa, furibonda, esplosiva: prendono i servi e uno lo bastonano, uno lo uccidono, uno lo lapidano (Mt 21,35). E potremo chiederci: e che colpa ne avevano questi servi? Erano semplicemente degli emissari, degli ambasciatori, anche loro eseguivano. Ma per il fatto che sono stati mandati dal padrone vengono assimilati a lui.
Osserviamo la progressione continua dei servi: al primo salvano la vita, il secondo lo bastonano, il terzo lo uccidono, il quarto lo lapidano; nella seconda tornata i servi sono più numerosi; nella terza arriva addirittura il figlio: è una vera escalation di morte.
E' logica questa reazione? No. E' assurda la reazione dei vignaioli perché il padrone è sempre vivo, ed è ovvio che farà qualcosa di fronte a questa reazione. Forse da qualche parte vi era una legge che permetteva di usucapire un fondo abbandonato: ma questa terra non è abbandonata e il padrone di certo interverrà.
L'atteggiamento illogico dei vignaioli se da una parte, storicamente, descrive le reazioni violente di fronte all'oppressione brutale dei padroni, dall'altra, nel contesto di Mt, serve a descrivere la stupidità, l'ottusità, di ciò che i servi fanno: "Non ha senso! E' da stupidi! Ma come si può reagire così?".
E cosa succede? Se era illogica la reazione dei vignaioli lo è altrettanto quella del padrone. Infatti il padrone, dopo i primi servi, manda un gruppo di servi più numeroso (Mt21,36). Ma visto ciò che era successo ai primi, come poteva aspettarsi una reazione diversa? E infatti!
Ancora più illogico quando il padrone manda suo figlio: come fa a mandare suo figlio visto quello che avevano già fatto ai servi? Chi farebbe una cosa simile? Cosa si aspettava?
Il comportamento del padrone è dettato dalla logica dell'amore: "Avranno rispetto di mio figlio!" (Mt 21,37). Il comportamento dei vignaioli è dettato dall'ostilità e dall'odio: "Uccidiamolo e avremo noi l'eredità". Il figlio dev'essere il figlio unico e sperano di avere l'eredità: ma è illogico pensare questo. Come avrebbe non potuto intervenire il padrone?
A questo punto Gesù pone una domanda: "Ma secondo voi, che cosa farà il padrone della vigna a quei vignaioli" (Mt 21,40). E loro stessi danno la risposta e la propria condanna.
Per chi dice Gesù questa parabola? Non ci sono molti dubbi: per Israele e per i suoi capi. A noi non dice molto ma tutti gli ebrei conoscevano Is 5,7: "La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita".
Is 5,1 dice: "Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna". Israele era l'orgoglio, il popolo preferito, la vigna di Dio. E loro erano fieri di esserlo! E chi doveva capire ha capito: "I sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro" (Mt 21,43).
E Mt vuole proprio dire questo. Infatti, a che servono tutti i particolari della siepe, del frantoio, della torre? Se tu leggi Is 5,1-7 vi trovi proprio quei particolari: siepe, frantoio, torre. La vigna è Israele; il padrone è Dio; i vignaioli sono i capi religiosi; i servi, i profeti. Tutto è chiaro.
Dio (padrone) ha amato il suo popolo (vigna) ma questo hai rinnegato il suo amore e i suoi messaggi d'amore (i profeti). E poco più avanti (Mt 23,37) Gesù dirà: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati".
Sì, è stato così: Isaia, Geremia, Ezechiele e tutti i profeti non sono stati ascoltati. Erano dei messaggeri che richiamavano Israele a convertirsi, a ritornare sulla retta strada, ma non furono ascoltati. Anzi, spesso furono veramente uccisi o lapidati.
E il figlio? Il figlio è chiaro, è Gesù. Dio manda ciò che ha di più caro, di più prezioso: suo figlio. Come a dire: "Più di così, cosa posso fare per voi? Cosa posso dirti di più perché tu possa cambiare?". Più di così Dio non può niente: Dio le tenta tutte, ma se uno non vuol capire nessun messaggio è buono.
E loro stessi si condannano: "Cosa farà dunque il padrone?". "Farà morire miseramente quei malvagi e darà ad altri la vigna" (Mt 21,41). "Sì, sarà proprio così: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad altri (ai pagani, alla Chiesa) e la pietra (Gesù) che voi avete scartato, ucciso fuori da Gerusalemme (fuori dalla vigna; Mt 21,39) sarà invece la pietra d'angolo" (Mt 21,41-44).
Cosa dice quindi Gesù?
1. "Israele è stato infedele e sarà sostituito dalla chiesa". E così fu!
2. "Sento, so, che la mia fedeltà a Dio mi sta portando alla morte: è la fine di tutti i profeti e probabilmente sarà anche la mia fine". E non si sbagliò: fu proprio così!
Cosa può dire a noi questo vangelo? Ciò che non serve viene eliminato.
Il popolo d'Israele non è stato fedele a Dio ed è stato "sostituito". Non che Dio lo abbia eliminato, ma è un principio storico e biologico.
Tanti milioni di anni fa noi essere umani, in quanto provenienti dagli animali, avevamo la coda: ma, poiché non ci serviva più, l'abbiamo eliminata. Ciò che non serve viene eliminato. Gli embrioni umani hanno ancora la coda e misura un sesto dell'embrione stesso, che viene poi riassorbita dallo sviluppo successivo. Di tanto in tanto succede che qualche bambino nasca con la coda (coda vestigea), atavismo di ciò che fummo un tempo.
Ma la legge è uguale: tutto ciò che non serve viene eliminato.
Nei primi secoli in Turchia o in Africa c'erano comunità veramente fiorenti. Ad es. a Cartagine in un sinodo tra il 218 e il 222 sono presenti 70 vescovi africani e numidi; e attorno al 240 circa 90 vescovi. A metà del III secolo in Africa dovevano esserci tra 130-150 vescovi. Dove sono finite quelle comunità?
Oggi la Chiesa vive un momento difficile e "sparisce" nelle nostre città e in molte parti del mondo. Certo possiamo attribuire la colpa all'esterno (consumismo, cultura individualista, demoralizzazione, ecc.) ma a che ci serve fare questo? E se, invece, ci fosse un motivo interno? Ciò che non è più significativo, la storia nel tempo lo elimina. E' così per il nostro corpo, è stato così per Israele e per molte comunità cristiane africane.
Che cosa devono fare le persone?
Il padrone fa tutto bene: pianta, circonda, scava, costruisce, affida. E' la cura e l'amore di Dio. Gesù quando dice ciò parla di sé: "Io sono venuto nel nome dell'amore, della bontà, della guarigione, della non-violenza, per darvi una vita piena e sensata. Ma mi avete rifiutato. Perché? Vi ho guariti, fatti resuscitare, sfamati, perdonati, illuminati, vi ho fatto sentire quanto perdutamente vi amo, cos'altro dovevo fare?".
E ciò che hanno fatto gli operai, in fin dei conti, è ciò che anche noi facciamo. Abbiamo visto i tuoi miracoli, ma i nostri occhi non ti hanno riconosciuto. Abbiamo visto la tua vita ma la nostra vita non è cambiata, né si è convertita. Abbiamo sentito le tue parole ma il nostro cuore non si è lasciato contagiare. Abbiamo sperimentato le tue guarigioni ma la nostra mente si è chiusa in disquisizioni teologiche per ucciderti ed eliminarti finché eri sulla terra perché ci facevi troppa paura.
Ma che cosa dovevi fare Gesù? Ma di che cosa doveva parlarci Gesù per avere la nostra fiducia? Che cosa dovevi fare perché ti accogliessimo, ti accettassimo, ti facessimo entrare nel nostro cuore? Ti abbiamo rifiutato e ti rifiutiamo solo perché tu ci dici la verità?
Che cosa devono fare le persone perché possiamo credergli che vengono nel nome dell'amore? Che cosa devono dirci o dimostrarci le persone? O il problema siamo noi? O il problema è il nostro cuore?
Noi non vediamo i migliaia gesti d'amore che le persone ci fanno e continuiamo a recriminare. Non vediamo la bontà che c'è attorno a noi, di chi ci aiuta e ci sostiene. Non vediamo la bellezza che ci circonda e che ci illumina ogni mattina quando apriamo i nostri occhi. Non vediamo la vita e l'amore che pulsa attorno a noi e che potrebbe stupire e rallegrare la nostra vita, ma continuiamo a lamentarci per quello che ci manca e che non abbiamo.
Quando uno muore allora sì che ci accorgiamo di quanto era importante e di quanto ci amava: perché non farlo prima? Bisogna arrivare a perdere le persone per rendersi conto di quanto sono importanti?
Eravate d'accordo con vostro marito che passava a prendere in pasticceria il dolce da portare ai vostri amici. E, invece, se l'è dimenticato. Quando arriva a casa lo distruggete di parole: "Dovevi fare solo questo! Sei sempre il solito!". Un gesto, un comportamento, rovina la persona che avete davanti. Ma quell'uomo lì stamattina si è alzato e ti ha preparato la colazione; è andato in un ufficio e ha aspettato pazientemente in coda senza fare il furbo; al lavoro è un uomo onesto; ti ha telefonato nella pausa pranzo e ti ha detto che ti vuole bene; quando è arrivato ti ha chiesto scusa: "Proprio non ce l'ho fatta, scusami!". Basta un gesto per distruggere tutto, per rovinare un rapporto, per eliminare tutto il resto?
Quando tuo figlio prende "insufficiente" a scuola allora vai su tutte le furie. Ma perché non gli fai una festa quando prende "buono, ottimo"? Perché non ti accorgi di tutte le volte che ci mette impegno e studia? Perché quando va bene gli dici: "Hai fatto solo il tuo dovere!".
Eri amico con quella persona da vent'anni. Poi ti ha fatto uno sgarbo e hai chiuso tutto: "Io ho chiuso con quello lì. Non doveva farmelo. Mi ha mentito finora!". Ti basta così poco per offenderti? Sei così egoista, concentrato su di te, che alla prima ferita chiudi tutto? E' lui il problema o sei tu?
C'è una storia che racconta che due uomini, soci di un'azienda, fallirono. Il debito era di due milioni di euro, quindi uno a testa. Chiedevano aiuto ai familiari, agli amici, alle persone, a tutti per pagare il loro debito. Le persone offrivano quel che avevano: chi mille euro, chi cinquecento, chi trecento, ecc. Il primo era sdegnato da quelle offerte così piccole: "Che me ne faccio di offerte così piccole?". Il secondo, invece, raccolse tutto e in un paio d'anni il suo buco finanziario fu coperto.
Avere un buco d'amore è difficile da accettare, per tutti. Quando noi pretendiamo dagli altri, questo è un segnale chiaro che abbiamo un buco d'amore: "Tu non fai questo... tu non ci sei mai... tu preferisci gli altri... tu non ci sei... la gente non ti dà niente... sono tutti egoisti... ognuno pensa a sé...".
Quando ho un buco d'amore, io sono uno di quei due uomini: ho un buco enorme. Le persone, ciascuno in maniera diversa, mi vogliono bene, mi amano. Certo, non possono riempire, soddisfare tutta la voragine che io ho dentro. Ma se lo accetto, mi vogliono bene.
Posso essere il primo uomo: chiedo al mio partner, ai miei amici, di colmare il mio buco. Allora chiedo a loro qualcosa che non possono dare né fare, perché quello è un compito solo mio. Se faccio così, mi sentirò sempre non amato e rifiuterò l'amore che invece potrei ricevere. Sarò pieno di pretese, di richieste e continuamente insoddisfatto.
Posso essere il secondo uomo: accetto il bene che la gente mi dà, anche se non è come io vorrei; accetto che nessuno può riempire del tutto la mia voragine, sono felice di ciò che ricevo, lo sento, ringrazio, e se faccio così, nel tempo, guarisco e il mio buco si riempie.
Ma cosa devono fare le persone per farci sentire il loro amore?
Un pesce aveva sete e cercava l'acqua. La cercava così tanto... che morì di sete. Avesse saputo che vi era immerso...
Ascolta i messaggi che ti arrivano. Noi possiamo leggere questo vangelo anche così.
La vigna sono io: e sono una bella vigna! Il padrone, Dio, ha fatto tutto bene con me (Mt 21,33). Poi ha affidato a ciascuno la sua vigna: è la nostra esistenza. E ci ricorda: "Guarda che non è tua la vita. Non essere così stolto da pensare che la vita sia tua. E' solo un dono. Lavoraci, usalo bene, fallo fruttificare, godi dei suoi frutti. Ma ricorda la legge per tutti: non è tua, è Mia".
Poi, siccome di tanto in tanto si accorge che noi "usciamo" di strada, allora ci manda un messaggio: "Così non funziona, attento! Se vivi così muori dentro, rovini le relazioni, lasci morire il tuo cuore, ecc.". Ma che facciamo noi? Ce ne infischiamo dei suoi messaggi e continuiamo a vivere come prima.
Allora il Gran Padrone ci manda un altro messaggio, un angelo, un profeta, che ci dice: "Guarda che così non va! Attento! Sei fuori dalla tua strada", ma noi ce la ridiamo e proprio ci disinteressiamo. E siccome ogni volta che arriva un messaggio del Capo Buono, noi non lo ascoltiamo, lui è costretto a mandarci un messaggio "più forte" per vedere se riusciamo a dargli ascolto.
E, dice il vangelo, viene un momento in cui è troppo tardi, in cui i "vignaioli" si sono così rinchiusi nelle loro idee e diventati insensibili, che nessuno può fare più niente (neanche il Figlio, Gesù).
C'è un incendio in casa, dove la moglie sta dormendo. Il marito corre su di corsa e la scuote per svegliarla, ma lei continua a dormire. Allora la sberletta, ma lei continua a dormire. Allora lui le tira quattro sberle, ma lei continua a dormire. Allora lui disperato le tira un pugno: è doloroso, ma se serve! Ma siccome lei ancora non si sveglia, allora lui prende una mazzo da baseball vicino al letto e la colpisce violentemente: e questo è pericoloso... ma se lei non si sveglia, è necessario!
Quando noi leggiamo questa parabola diciamo: "Ma come hanno fatto a non capire? Ma erano proprio stupidi! Ma come pensavano di farla franca?". Ci sembrano davvero stolti quei vignaioli. Ma...
Dio è buono e ci manda dei messaggi (angelo, in greco=messaggio), degli angeli. Dio non ci costringe, non ci forza, non ci toglie la libertà. Ci invita ma mai ci costringe. I messaggi di Dio sono come una chiamata telefonica: il telefono suona ma bisogna alzare la cornetta! Altrimenti suona invano! La Vita è piena di messaggi... per chi alza la cornetta.
Una donna sbatte sempre addosso agli oggetti. Si può mettersi a ridere di questo. Si sbatte perché non si vede ciò che si dovrebbe vedere. Che cosa non vede che dovrebbe vedere? Oggi non vede gli oggetti: ma se un giorno non vedesse un'auto? O una persona sul ciglio della strada?
Un'altra donna perde sempre le chiavi di casa. Perché uno è costretto a perdere le chiavi? La chiave di una cosa è la soluzione per aprire quella porta. Ma non si può avere sempre la soluzione, la ricetta, la risposta facile e risolutiva per ogni cosa. Non c'è il libro delle risposte e delle soluzioni. Bisogna "perdere" le chiavi per trovare da sé la propria soluzione. Lei vuole certezze (le chiavi), risposte: forse ha bisogno di imparare a trovare da sé la sua risposta alle sue domande, senza chiedere sempre "fuori".
Un uomo ha le mani "lasche" (così le chiama lui): quando prende una cosa in mano gli sfugge, come se non avesse forza. Le mani (il fare) fanno ciò che lui non vuole fare: si è costretto a fare della cose che non vuole fare e si sforza. Le sue mani gli stanno dicendo: "Lascia andare! Non trattenere questo lavoro che dentro non vuoi fare! Perché vuoi (volontariamente) fare ciò che in realtà (dentro di te) non vuoi fare?". Oggi "perde" gli oggetti, ma domani, se non coglie il messaggio, cosa potrà perdere?
Un altro uomo continua a fare incidenti d'auto contro altre auto. L'auto è l'autonomia. Perché la vita fa ciò che tu non vuoi fare. Nella sua autonomia lui "sbatte", entra in conflitto, calpesta gli altri: chiunque è sulla sua strada lui lo distrugge. Il messaggio è chiaro: "Non si può calpestare gli altri". Cosa potrà accadere nel tempo se non ascolta il messaggio?
Un ragazzo perde sempre il portafogli. Il portafogli contiene i soldi (=il nostro valore) e i documenti (=la nostra identità). Perché perde (=lasciare agli altri) il suo valore e la sua identità? A chi è in mano il suo valore? Chi definisce la sua identità e ciò che egli è? Lui ha capito: il suo valore lo dettavano gli altri e lui sentiva di valere (identità) in base a quello che gli altri dicevano. E da quando ha capito che il proprio valore dipende da sé e non dagli altri, non ha più perso il portafogli.
Anche il nostro corpo ci manda dei messaggi: che si fa?
Un ragazzo ha l'alopecia (caduta dei capelli). Si può dire: succede! E far finta di niente. E se fosse un messaggio? L'aiuto a quest'uomo è arrivato nel modo più casuale possibile: la Vita, in realtà, parla sempre, basta solo avere le orecchie aperte. Finché guardava la televisione ha visto un documentario sulla volpe dove si diceva che la volpe costruisce il suo nido strappando i peli del suo corpo per fare un piccolo nido-cestino dove poi partorisce i suoi piccoli. Sua nonna era morta qualche mese prima. Sua nonna era stata "una madre", un riferimento per lui: aveva perso il suo nido e il suo conforto. Non era riuscito a piangere, ad esprimere la sofferenza e ad accettarla. Si fece aiutare medicalmente e psicologicamente e oggi è guarito.
Un uomo s'è rotto il tendine d'Achille. L'aiuto a volte viene dalle parti più svariate. Visto che doveva stare fermo in malattia, s'è messo a leggere. E leggendo gli è venuta sotto mano la storia di Achille, soprannominato "più veloce o piè rapido", l'eroe mitologico greco. Già questo lo aveva toccato: anche lui era "piede rapido" visto che per lavoro era sempre in giro per il mondo. Leggendo, però, una frase, ebbe una rivelazione: "Achille era soggetto al suo destino per cui non poteva mai fermarsi e mai poté fissarsi in un posto". Una frase semplicissima ma era lui. Lui era così stanco di girare il mondo (ma è difficile dirsi questo quando guadagni bene!) e questo gli impediva una stabilità affettiva e di vita. Rompersi il tendine di Achille era la soluzione buona per fermarsi, per smettere di girare e iniziare a mettere radici stabili.
Un uomo aveva una psoriasi fortissima. Tutti i rimedi non avevano effetto. Il suo medico di base un giorno gli dice: "Lei ha la pelle come il pesce della sabbia". Che frase è? Forse il suo medico sapeva molto bene ciò che diceva o forse no, fatto sta che comunque l'uomo è curioso e si va a vedere in internet cos'è questo pesce della sabbia. Il pesce della sabbia (scincus scincus) è un pesce che realmente nuota nella sabbia del Sahara. Milioni di anni fa nel Sahara c'era l'acqua e questo pesce si è adattato al nuovo ambiente di origine passando dall'acqua alla sabbia, e per questo ha cheratinizzato la sua pelle. E' come, simbolicamente, se avesse fatto la psoriasi. E quest'uomo ha capito: "Il mio ambiente di origine non sarà mai più lo stesso". Guarda caso, la psoriasi gli è apparsa dopo la morte dei suoi genitori, a distanza di qualche mese uno dall'altro, quando era giovane. Il suo ambiente d'origine (padre e madre da cui si è separato), non poteva mai più essere lo stesso di prima!
Certo non c'è un manuale di decodifica: ogni messaggio è unico, ognuno risente ciò che accade in base al suo vissuto. Ma la Vita e il nostro corpo ci parlano sempre: ho bisogno di iniziare ad ascoltare i suoi messaggi. Se so questo (che la Vita mi parla sempre), inizio ad ascoltarla, e la ascolto secondo il suo linguaggio (delicato e rispettoso) che non è il mio.
La Vita è buona e ci in-vita ogni giorno con dei piccoli grandi messaggi. Qualunque cosa ti succeda, ti arrivi, chiediti (senza ansie!): "Cosa mi vuol dire? Cosa devo imparare?". Allora ogni giornata diventa una scuola di vita e finché vivi, tu ti formi e impari. Non c'è maestro più grande della vita per chi la ascolta. E' vivendo che impareremo a vivere.
Ma per chi non la ascolta, invece, la vita è un peregrinare stupido, insignificante, senza senso e tanto doloroso. E più che un amico, è un nemico da cui difendersi.
Ciò che è importante è accogliere tutto, ascoltare ciò che ci succede, guardare, porsi delle domande e sapere che Dio è presente sempre e in ogni cosa. Nulla è all'infuori di Lui. Lui c'è, quindi in ogni fatto, in ogni evento, in ogni malattia, in ogni situazione. Tutto parla o niente parla.
Ciò che conta è rimanere aperti e anche se qualcosa non lo si capisce subito, è importante non buttare la cosa in cantina, in soffitta, dimenticarlo, ma tenerlo lì. A suo modo e a suo tempo parlerà. Angelo, in greco, vuol dire messaggero: "Ascolta i tuoi angeli".
C'è una storia che rende bene: ci fu una grande inondazione. L'acqua era salita fino al primo piano e l'uomo si rifugiò nel tetto. Arrivò la protezione civile su di una barca per portarlo in salvo. Ma l'uomo disse: "Dio mi ha detto che qualunque cosa mi capiti lui mi salverà". E non ci fu verso di farlo salire. L'acqua arrivò al tetto e di nuovo la protezione civile venne per prenderlo. "Dio mi ha detto che lui mi salverà". L'acqua gli arrivò al collo. Vennero di nuovo, ma l'uomo fu irremovibile. Sapete cosa capitò: che morì affogato. Quando andò di là e incontrò il Gran Capo gli disse: "E che mi avevi detto di non preoccuparmi! Mi avevi detto che qualunque cosa sarebbe capitata tu mi avresti salvato...!": E il Gran Capo rispose: "Amico, ti ho mandato tre barche".
Pensiero della settimana
Ci sono sempre due scelte nella vita:
accettare le condizioni in cui viviamo
o assumersi la responsabilità di cambiarle.

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