don Michele Cerutti"L'amore verso il prossimo rende la nostra fede autentica."

 Commento su Matteo 18,15-20
XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/09/2014)
Vangelo: Mt 18,15-20
Ancora una volta la Parola di Dio ci stimola a riscoprire la dimensione comunitaria della nostra fede. Sintesi mirabile è Paolo con la sua lettera ai Romani. In quei pochi versetti della lettura che oggi abbiamo letto Paolo scrive che l'amore nei confronti del prossimo è centrale nella nostra fede. L'amore
verso il prossimo rende la nostra fede autentica.
Chi è il nostro prossimo? La tendenza è pensare a chi vive in zone lontane senza le minime norme elementari di igiene e alimentazione. Nessuno dice di non pensare a loro è sicuramente importante risvegliare la nostra coscienza nei confronti di chi vive in paesi dove regna l'indigenza. Il nostro prossimo è, tuttavia, qualsiasi fratello che sta accanto a noi.
Molto spesso ci scervelliamo chiedendoci ma chissà il Signore cosa mi chiede, chissà qual è la volontà su di me. Il Signore chiede a tutti in qualsiasi situazione si trovi, in qualsiasi vocazione è chiamato a vivere, di amare il proprio prossimo, che è il proprio vicino. Allora vedrete che è molto più duro che amare il lontano che vive una situazione al limite. Sopportare il proprio figlio o la propria figlia che fa disperare, il vicino di casa che non rispetta nessuna regola, la sorella con cui magari da qualche anno non rivolgo più la parola è questo che ci chiede il Signore.
Ognuno ci è affidato ed Ezechiele è su questo punto molto chiaro: di questi fratelli ci verrà chiesto conto. Molto spesso siamo pronti a criticare, ma molto spesso non siamo in grado di chiarire le nostre posizioni di fronte a dei comportamenti che riteniamo sbagliati opposto è l'atteggiamento di chi scarica poi un sacco con violenza a scapito, invece, di una rottura definitiva dei rapporti.
Don Bosco invitava nella correzione dei suoi fanciulli il metodo di aspettare il momento opportuno per rimproverarli per evitare in particolare la seconda reazione di chi stanco di un comportamento riversa atteggiamenti forti ed incomprensibili.
Matteo nel suo brano ci aiuta a riscoprire la dimensione della correzione fraterna e in particolare ci invita ad affrontare a 4 occhi il fratello. La modalità è sempre la verità nella carità. Una delle modalità sbagliate di chi utilizza la via indicata da Matteo è quello di chi si sente quasi un professore abilitato ad indicare delle soluzioni. Bisogna, invece, cercare una via di riscoperta insieme di una strada percorribile per non cadere nell'errore. Solo se il fratello non vuole sentire ragioni Matteo, riportando Gesù, invita a parlarne con un terzo a modalità di arbitro. Una degli errori che si può incorrere è cercare chi la pensa uguale a noi, invece non è necessario. In una comunità può essere il sacerdote o una persona di spiccata prudenza e che può essere ritenuta da entrambe le parti imparziale.
La terza strada da adottare qualora il fratello in errore non intende cedere su consigli anche di un arbitro Matteo, rifacendosi a Gesù, indica la via comunitaria. I fratelli possono trovare insieme la strada da percorrere. Attenzione anche qui alle fazioni, ma tutto deve essere ritrovato per il bene dell'uno e dell'altro fratello in contrapposizione. Solo se anche di fronte a questo tentativo compiuto non si trova una soluzione allora Gesù nel brano di oggi ci dice di separare la strada tra i due.
Quanto c'è bisogno di questo metodo nelle nostre comunità cristiane sempre più contrassegnate dal pettegolezzo e cattiverie da atteggiamenti di contrapposizione. Facciamo nostro questa modalità di confronto per essere cristiani autentici nella verità. Il Signore garantisce la sua presenza quando due o tre sono riuniti nel suo nome.
Nelle prime comunità cristiane i discepoli di Gesù si riconoscevano dall'amore che l'uno aveva nei confronti dell'altro. Solo riscoprendo questa dimensione comunitaria della fede diventiamo cristiani che attirano a Gesù.

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