don Paolo Zamengo SDB "La profondità del cuore" ( Mt 18, 21-35)

La profondità del cuore     Mt 18, 21-35
Come comportarsi di fronte alle colpe altrui? Pietro fa l’esagerato e si dice pronto a perdonare fino a sette volte. Ma Gesù rincara la dose. Non fino a sette volte ma fino a settanta volte sette: un numero  smisurato. Dunque, sette volte non bastano. Il buon senso e la ragionevolezza non appartengono alla fede. Il cuore che perdona non ha fondo ma profondità.

Il pensiero di Pietro è anche il nostro. Ci chiediamo: i delitti efferati di oggi meritano il perdono? Impostare la questione così è sbagliato perché essa pone al centro chi subisce il torto. Il centro della parabola invece è la gratuità di Dio che chiede di perdonare sempre, a tutti e comunque, perché il giudizio compete a lui.

La giustizia umana vorrebbe mettere limiti e condizioni ma la legge del taglione è stata sconfitta dalla morte di Gesù. La croce e la morte di Gesù hanno rimosso il debito contratto con Dio e cancellata la condanna. Se il Padre guarda ogni uomo come a un figlio perdonato in Cristo, non ci è lecito condannare. La chiesa non è l’insieme di uomini perfetti ma la comunità dei perdonati che gustano la gioia della misericordia divina.

Nella parabola del re, pietoso e inflessibile, traspare l’agire di Dio. Attirano la nostra attenzione due particolari: l’entità del debito e la reazione di Dio. Il debito è impagabile. Diecimila talenti rappresentano una somma che va oltre ogni umana possibilità. In confronto i cento denari sono una cifra irrisoria.

La reazione del padrone ci spiazza. Di fronte alla disperazione del servo, il padrone si commuove e condona tutto il debito e riabilita il servo restituendogli dignità e libertà.  Decisione che, poco dopo, è rinnegata quando, quello stesso servo, si dimostra incapace, a sua volta, di perdono. Due decisioni e comportamenti sorprendenti che passano da un eccesso di bontà a una pena esemplare.

Questa parabola rivela il comportamento di Dio. Ogni creatura ha accumulato un debito fuori controllo, privo di ogni possibilità di estinzione. La cifra iperbolica descrive la condizione estrema nella quale il peccato riduce l’uomo, scavandogli attorno un abisso invalicabile. Ma, proprio qui, la parabola indica la via di salvezza: l’uomo dovrà assumere come proprio comportamento quello misericordioso di Dio.

L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. La ragione è semplice e allo stesso tempo altissima: così fa Dio. C’è un modo regale di stare al mondo ed è la grandezza del cuore. La profondità del cuore. Perdona chi è più grande e più forte.

Il contrario del cuore regale è il cuore servile. Dice la parabola che quel servo appena uscito trovò un altro servo. E’ ancora immerso nella gioia del condono, è da poco liberato da un peso che lo tormentava fino all’angoscia, è restituito al futuro e alla famiglia, eppure non sa fare altro che prendere per il collo un suo compagno, un suo pari, fino a strangolarlo. E gli urla: “Restituisci”. Questo servo perdonato ma spudorato non agisce contro il diritto ma contro la pietà di cui egli pure ha goduto.

Gesù propone l’illogica pietà: “Non dovevi anche tu avere pietà di lui, come io ho avuto pietà di te?”. La misericordia di Dio vince la vuota equità del mondo. Il perdono comporta un atto di fede non di ragione, un atto di speranza non di spontaneità.

Fede è dare fiducia all’altro guardando al suo futuro e non al suo passato. Così fa Dio. Perdona come colui che crea futuro e guarda al domani. Ogni volta, con il perdono, Dio crea,  rifa’ dal nulla, gonfia le vele della speranza e riapre strade nel deserto del mondo.

Dal Vangelo secondo Matteo
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.

Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».


Parola del Signore.

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