Gaetano Salvati Commento su Matteo 20,1-16"Liberati e perdonati"

Commento su Matteo 20,1-16
XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/09/2014)
San Paolo esorta i filippesi a comportarsi "in modo degno del vangelo di Cristo" (Fil 1,27); senza invidia, ma riconoscenti verso il Signore per il dono di grazia ricevuto con il battesimo. Tale dono libera le nostre esistenza dall'ombra della morte.
Liberati e perdonati, i nostri pensieri sono lontani, estranei al modo di guardare e custodire il cammino degli uomini da parte del Signore (Is 55,8). È quello che Gesù ci dice nella parabola odierna.
"Il regno dei cieli" (Mt 20,1) è l'incontro fra Dio, che vuole tutti salvi, e la nostra storia, trasformata, redenta con il sangue dell'Innocente. In Lui, nella sua opera d'amore, ogni uomo può trovare la verità, la condizione necessaria per realizzarsi come
uomo e come figlio di Dio.
"Il padrone di casa uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna" (v. 1). La verità non aspetta l'iniziativa dell'uomo: è Cristo, una persona non una idea, che cerca la creatura. Quando l'ha trovata e questi ha risposto al Suo amore, la rende testimone del Suo regno. Essere testimone del regno significa che ogni cristiano è chiamato a servire il padrone, Cristo. Servire non indica schiavitù, bensì amare nei fratelli il Signore, senza ottenere nulla in cambio, fino al sacrificio, come ha fatto il Figlio di Dio.
"Chiama i lavoratori e dai loro la paga" (v.8). Qual è la paga che il Signore riserva a coloro che hanno risposto al suo invito? È Cristo la nostra paga, la Sua dolce presenza che conforta nelle afflizioni, che dona la forza per superare gli ostacoli quotidiani, che elargisce la pace e la consapevolezza che siamo amati nonostante tutto.
"Quando arrivarono i primi - i lavoratori della prima ora - mormoravano contro il padrone" (v.10-11). Se lavoriamo per noi stessi e non per il padrone, vogliamo gli elogi oppure avanzare di carriera; in questo modo abbandoniamo il senso per cui siamo stati chiamati, la gratuità: vivere per Cristo.
"Gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi" (v.16). È una ammonizione del Signore, un consiglio a non farci superbi, a non considerarci pienamente realizzati anche se svolgiamo un compito rilevante all'interno della comunità cristiana. La paga è ottenuta, ma è facile pure che i nostri sguardi possano rivolgersi verso l'egoismo e la disumanità. Cristo invece ci invita a rimanere con Lui, ad essere sensibili, buoni con tutti; a coinvolgere ognuno nell'opera d'amore, a dare spazio a ciascuno. Amen.

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