Giuseppe Bortoloso (OCDS)Commento" ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE "
ESALTAZIONE
DELLA SANTA CROCE (14/09/2014)
Vangelo: Gv 3,13-17
Gli Orientali oggi celebrano la Croce con una solennità paragonabile alla quella della Pasqua. Costantino
aveva fatto costruire a Gerusalemme una basilica sul Golgota e un’altra sul Sepolcro di Cristo Risorto. La
dedicazione di queste basiliche il 13 settembre 335. Il giorno seguente si richiamava il popolo al significato
profondo delle due chiese, mostrando ciò che restava del legno della Croce del salvatore. Da quest’uso
ebbe origine la celebrazione del 14 settembre.
A questo anniversario si aggiunge poi il ricordo della vittoria di Eraclito sui Persiani (628), ai quali
l’imperatore strappò le reliquie della Croce, che furono solennemente riportate a Gerusalemme.
Da allora la Chiesa celebra in questo giorno il trionfo della Croce che è segno e strumento della nostra
salvezza.
“Nell’albero della Croce tu ( o Dio) hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là
risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore”
(prefazio).
L’uso liturgico che vuole la Croce presso l’altare quando si celebra la Messa, rappresenta un richiamo alla
figura biblica del serpente di rame che Mosè innalzò nel deserto: guardandolo gli Ebrei, morsicati dai
serpenti, erano guariti.
Giovanni nel racconto della Passione dovette avere presente il profondo simbolismo di questo avvenimento
dell’Esodo (cf. 1a lettura), e la profezia di Zaccaria, quando scrive: “Volgeranno lo sguardo a Colui che
hanno trafitto” (Zc 12,10; Gv 19,37).
Il simbolo della croce ha sacralizzato per secoli ogni angolo della terra e ogni manifestazione sociale e
privata. Oggi rischia di essere spazzato via o, peggio, strumentalizzato da una moda consumistica.
Tuttavia rimane sempre un simbolo che fa volgere lo sguardo a tutti i “crocifissi” di sempre: i poveri, gli
ammalati, i vecchi, gli sfruttati, i bambini diversi ecc. Essi sono i più degni di essere collocati nel “vivo”
delle nostre messe. A noi, figli del “benessere”, verrà la salvezza tramite loro, per i quali è sempre valida la
parola del vangelo: “Avevo fame … avevo sete … ero forestiero … ero nudo … ero malato …” ( Mt. 25)
L’opera del Verbo, già attiva al momento della creazione, è diventata palese per mezzo del legno della
croce: su di essa Gesù ha allargato le braccia, riunendo giudei e pagani in un solo popolo.
Tutta la storia della salvezza si svolge fra due alberi: l’albero del frutto proibito e l’albero della vita piantato
in mezzo al giardino. Se vogliamo mangiare il frutto della vita, dobbiamo convertirci alla sapienza di Dio e
non avere altro titolo di gloria che la croce del Cristo - “ Signore, riallacciami all’albero a cui appartengo:
non ho senso se rimango da solo!” ( A. de Saint – Exupéry
DELLA SANTA CROCE (14/09/2014)
Vangelo: Gv 3,13-17
Gli Orientali oggi celebrano la Croce con una solennità paragonabile alla quella della Pasqua. Costantino
aveva fatto costruire a Gerusalemme una basilica sul Golgota e un’altra sul Sepolcro di Cristo Risorto. La
dedicazione di queste basiliche il 13 settembre 335. Il giorno seguente si richiamava il popolo al significato
profondo delle due chiese, mostrando ciò che restava del legno della Croce del salvatore. Da quest’uso
ebbe origine la celebrazione del 14 settembre.
A questo anniversario si aggiunge poi il ricordo della vittoria di Eraclito sui Persiani (628), ai quali
l’imperatore strappò le reliquie della Croce, che furono solennemente riportate a Gerusalemme.
Da allora la Chiesa celebra in questo giorno il trionfo della Croce che è segno e strumento della nostra
salvezza.
“Nell’albero della Croce tu ( o Dio) hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là
risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore”
(prefazio).
L’uso liturgico che vuole la Croce presso l’altare quando si celebra la Messa, rappresenta un richiamo alla
figura biblica del serpente di rame che Mosè innalzò nel deserto: guardandolo gli Ebrei, morsicati dai
serpenti, erano guariti.
Giovanni nel racconto della Passione dovette avere presente il profondo simbolismo di questo avvenimento
dell’Esodo (cf. 1a lettura), e la profezia di Zaccaria, quando scrive: “Volgeranno lo sguardo a Colui che
hanno trafitto” (Zc 12,10; Gv 19,37).
Il simbolo della croce ha sacralizzato per secoli ogni angolo della terra e ogni manifestazione sociale e
privata. Oggi rischia di essere spazzato via o, peggio, strumentalizzato da una moda consumistica.
Tuttavia rimane sempre un simbolo che fa volgere lo sguardo a tutti i “crocifissi” di sempre: i poveri, gli
ammalati, i vecchi, gli sfruttati, i bambini diversi ecc. Essi sono i più degni di essere collocati nel “vivo”
delle nostre messe. A noi, figli del “benessere”, verrà la salvezza tramite loro, per i quali è sempre valida la
parola del vangelo: “Avevo fame … avevo sete … ero forestiero … ero nudo … ero malato …” ( Mt. 25)
L’opera del Verbo, già attiva al momento della creazione, è diventata palese per mezzo del legno della
croce: su di essa Gesù ha allargato le braccia, riunendo giudei e pagani in un solo popolo.
Tutta la storia della salvezza si svolge fra due alberi: l’albero del frutto proibito e l’albero della vita piantato
in mezzo al giardino. Se vogliamo mangiare il frutto della vita, dobbiamo convertirci alla sapienza di Dio e
non avere altro titolo di gloria che la croce del Cristo - “ Signore, riallacciami all’albero a cui appartengo:
non ho senso se rimango da solo!” ( A. de Saint – Exupéry
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