Mario MORRA SDB |"andare a lavorare nella vigna,"

28 settembre 2014| 26a Domenica A - T. Ordinario | Omelia di approfondimento
Domenica 26a del Tempo Ordinario
La parabola che il Vangelo di oggi ci propone è molto semplice, ed assai significativa: due figli ricevono dal padre un medesimo ordine, quello di andare a lavorare nella vigna, ma la loro risposta è diversa. Il primo dice "Sì, vado", ma poi non va, mentre il secondo subito risponde "No, non vado", ma poi ripensandoci, va ed esegue l'ordine del padre.

Ancora una volta la parabola di Gesù è rivolta "ai principi dei sacerdoti ed agli anziani del popolo", a coloro cioè che sono i detentori dell'autorità morale e religiosa del popolo di Israele, che si ritengono più giusti degli altri e perfettamente a posto con Dio. Sono loro che, come il primo figlio, hanno detto sì al Dio dell'alleanza, ma che poi, giunto il momento di riconoscere Gesù, come l'inviato di Dio, lo rifiutano. Al contrario, i pubblicani, ritenuti peccatori e disonesti, e le donne di strada, qualificate come donne perdute, si ravvedono, si pentono, credono alla predicazione di Giovanni Battista e riconoscono Gesù come salvatore. "è venuto a voi Giovanni nella via della giustizia, e non gli avete creduto...pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli. I pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto; per questo vi passano avanti nel regno di Dio".
La parabola di Gesù ha un grande insegnamento per noi. Dio chiama tutti a lavorare nella sua vigna, anche se in ore diverse, per la salvezza della propria anima e per la salvezza di quella porzione di umanità che è accanto a noi. C'è chi risponde a questa chiamata con entusiasmo, ma poi si comporta in modo contrario alla risposta data. Al contrario c'è chi risponde no, "non ne ho voglia", ma poi si ravvede, e si comporta secondo l'invito di Dio. Quanti sono nella storia della Chiesa i grandi Santi, che possiamo enumerare in questa seconda categoria di persone, a partire dagli Apostoli che, deboli ed insicuri, diventano poi coraggiosi testimoni della risurrezione di Gesù; S. Matteo, il pubblicano all'invito di Gesù lascia tutto e lo segue; S. Paolo, da persecutore diventa apostolo infaticabile; così S. Agostino, S. Francesco di Assisi, S. Ignazio di Lojola, S. Camillo de Lellis, e tanti altri.
Il Signore invita a credere in Lui, ed a seguirlo, non a parole, ma con i fatti.
La parabola parla di due categorie di persone: quelle che dicono sì e poi non fanno, e quelle che dicono no e poi fanno. Non dimentica però la categoria di quelle persone che, alla chiamata del Signore, dicono sì e poi si comportano in conformità e con fedeltà, al sì pronunciato. Ne è modello Gesù stesso che, come afferma S. Paolo nella 2a lettura, "umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce". La sua vita è stata un continuo sì alla volontà del Padre, dall'inizio alla fine. "Entrando nel mondo disse: ecco, io vengo, o Padre, per fare la tua volontà…Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato".
Alla scuola di Gesù anche noi, come i Santi, possiamo e dobbiamo vivere con coerenza il nostro sì detto al Signore per la nostra salvezza. S. Paolo ce ne indica la strada, e cioè: - la strada dell'umiltà: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù…; Egli spogliò se stesso, assumendo una condizione di servo e divenendo simile agli uomini;… ognuno consideri gli altri superiori a se stesso";
- la strada del servizio per amore: Gesù ci dice "Non sono venuto per essere servito, ma per servire e dare la mia vita; S. Paolo ci esorta Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri".
Il programma è certamente chiaro ed anche semplice, ma non è certo facile da attuare, a causa della nostra fragilità umana; ci aiuti il Signore con la sua grazia a volerlo sinceramente attuare ed a realizzarlo ogni giorno, con costanza.
Ci aiuti la Madonna, docile sempre al piano di Dio, e Madre che comprende le nostre difficoltà.



Mario MORRA SDB |

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