Mario MORRA SDB "DOVE SONO DUE O TRE NEL MIO NOME..."
7 settembre 2014| 23a Domenica A - T. Ordinario | Omelia di approfondimento
La pagina del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato racchiude alcune espressioni che sicuramente Gesù ha pronunciato in momenti diversi, ma che si riferiscono tutte ad uno stesso argomento, e precisamente alla Chiesa, ed alla sua vita interna, la comunità dei credenti in Lui.
Essere Chiesa, o comunità cristiana, significa essere riuniti nel nome di Gesù: non è necessario essere in tanti, basta essere in due o tre; importante è essere uniti a Gesù nella fede e nell'amore verso di Lui, ed essere impegnati nel seguirlo e nel vivere il suo Vangelo.
La comunità cristiana, piccola o grande che sia, è una comunità in cui è presente Gesù, attraverso i Sacramenti, specialmente l'Eucaristia, attraverso la Parola annunciata dal magistero del Papa e dei Vescovi, attraverso l'assistenza dello Spirito Santo e la sua intima, vitale unione con ogni singola anima in grazia, tempio di Dio e dimora dello Spirito Santo.
La comunità cristiana, piccola o grande che sia, è una comunità che prega unita ed ha la certezza di essere ascoltata dal Padre: "se due di voi sopra la terra, si accorderanno nel domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli, ve la concederà" ha garantito Gesù. Questa certezza di essere esauditi non si fonda sui meriti dei singoli credenti e della comunità, ma sui meriti di Gesù che è presente e prega con noi.
La comunità cristiana inoltre è la comunità alla quale Gesù ha affidato il potere "di legare e di sciogliere": "In verità vi dico: tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo". Questo significa che la comunità cristiana, in comunione con i propri pastori (il Papa ed i Vescovi) ha il potere e l'autorità di giudicare: ciò che è in armonia con la fede e ciò che non lo è; ciò che è conforme al volere di Dio e ciò che non è conforme; chi fa parte effettivamente della comunità e chi si mette fuori di essa con il suo comportamento ed i suoi insegnamenti.
La comunità cristiana è ancora una comunità in cui tutti lavorano per il bene comune, tutti si sentono corresponsabili del suo buon andamento, tutti sono "sentinelle" vigili per il bene di tutti, come ci dice il Profeta Ezechiele nella 1a lettura.
Espressione concreta di questo sentirsi corresponsabili del bene della comunità e dei singoli è certo la correzione fraterna, il richiamo cioè fatto con amore e per amore, del fratello che sbaglia. Non è la critica velenosa, non la mormorazione sterile o il giudizio temerario, ma la correzione da fratello a fratello. "Se il tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo" ci dice Gesù. "Se ti ascolta avrai guadagnato tuo fratello".
E il profeta Ezechiele ci ricorda ancora: "Se tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, l'empio morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te". Non possiamo pertanto scusarci dicendo: "non mi interessa, io faccio i fatti miei"! siamo tutti responsabili in qualche misura della salvezza del fratello.
Nella comunità cristiana, e prima ancora in ogni famiglia (prima comunità e prima chiesa), la correzione fraterna fatta con amore e per amore, deve essere mentalità comune, stile di vita, metodo normale. Correggersi significa parlarsi con sincerità e franchezza, dialogare, per aiutarsi reciprocamente a vincere i propri difetti e a progredire nella via del bene. Tutto questo è possibile, ed anche facile e gioioso, se c'è l'amore, se ci si ama davvero.
Pertanto la comunità cristiana, ed ogni famiglia cristiana, è tale solo se è una comunità di fratelli che si amano. "Non abbiate alcun debito con nessuno se non quello di un amore vicendevole" scrive S. Paolo nella 2a lettura. Cioè l'amore vicendevole, reciproco, è un debito che non si estingue mai, un dovere che non si finisce mai di assolvere, ed è il compendio di tutti i comandamenti. Se c'è l'amore c'è tutto. "Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. Pieno compimento della legge è l'amore". È ancora S. Paolo che scrive.
Maria, la Madre del bell'amore, che tanto ci ama, aiuti ciascuno di noi nell'adoperarci per creare un clima di amore fraterno nell'ambiente in cui viviamo ed operiamo: trasformeremo così le nostre comunità e le nostre famiglie in tanti paradisi di bontà.
Mario MORRA SDB |
La pagina del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato racchiude alcune espressioni che sicuramente Gesù ha pronunciato in momenti diversi, ma che si riferiscono tutte ad uno stesso argomento, e precisamente alla Chiesa, ed alla sua vita interna, la comunità dei credenti in Lui.
Essere Chiesa, o comunità cristiana, significa essere riuniti nel nome di Gesù: non è necessario essere in tanti, basta essere in due o tre; importante è essere uniti a Gesù nella fede e nell'amore verso di Lui, ed essere impegnati nel seguirlo e nel vivere il suo Vangelo.
La comunità cristiana, piccola o grande che sia, è una comunità in cui è presente Gesù, attraverso i Sacramenti, specialmente l'Eucaristia, attraverso la Parola annunciata dal magistero del Papa e dei Vescovi, attraverso l'assistenza dello Spirito Santo e la sua intima, vitale unione con ogni singola anima in grazia, tempio di Dio e dimora dello Spirito Santo.
La comunità cristiana, piccola o grande che sia, è una comunità che prega unita ed ha la certezza di essere ascoltata dal Padre: "se due di voi sopra la terra, si accorderanno nel domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli, ve la concederà" ha garantito Gesù. Questa certezza di essere esauditi non si fonda sui meriti dei singoli credenti e della comunità, ma sui meriti di Gesù che è presente e prega con noi.
La comunità cristiana inoltre è la comunità alla quale Gesù ha affidato il potere "di legare e di sciogliere": "In verità vi dico: tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo". Questo significa che la comunità cristiana, in comunione con i propri pastori (il Papa ed i Vescovi) ha il potere e l'autorità di giudicare: ciò che è in armonia con la fede e ciò che non lo è; ciò che è conforme al volere di Dio e ciò che non è conforme; chi fa parte effettivamente della comunità e chi si mette fuori di essa con il suo comportamento ed i suoi insegnamenti.
La comunità cristiana è ancora una comunità in cui tutti lavorano per il bene comune, tutti si sentono corresponsabili del suo buon andamento, tutti sono "sentinelle" vigili per il bene di tutti, come ci dice il Profeta Ezechiele nella 1a lettura.
Espressione concreta di questo sentirsi corresponsabili del bene della comunità e dei singoli è certo la correzione fraterna, il richiamo cioè fatto con amore e per amore, del fratello che sbaglia. Non è la critica velenosa, non la mormorazione sterile o il giudizio temerario, ma la correzione da fratello a fratello. "Se il tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo" ci dice Gesù. "Se ti ascolta avrai guadagnato tuo fratello".
E il profeta Ezechiele ci ricorda ancora: "Se tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, l'empio morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te". Non possiamo pertanto scusarci dicendo: "non mi interessa, io faccio i fatti miei"! siamo tutti responsabili in qualche misura della salvezza del fratello.
Nella comunità cristiana, e prima ancora in ogni famiglia (prima comunità e prima chiesa), la correzione fraterna fatta con amore e per amore, deve essere mentalità comune, stile di vita, metodo normale. Correggersi significa parlarsi con sincerità e franchezza, dialogare, per aiutarsi reciprocamente a vincere i propri difetti e a progredire nella via del bene. Tutto questo è possibile, ed anche facile e gioioso, se c'è l'amore, se ci si ama davvero.
Pertanto la comunità cristiana, ed ogni famiglia cristiana, è tale solo se è una comunità di fratelli che si amano. "Non abbiate alcun debito con nessuno se non quello di un amore vicendevole" scrive S. Paolo nella 2a lettura. Cioè l'amore vicendevole, reciproco, è un debito che non si estingue mai, un dovere che non si finisce mai di assolvere, ed è il compendio di tutti i comandamenti. Se c'è l'amore c'è tutto. "Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. Pieno compimento della legge è l'amore". È ancora S. Paolo che scrive.
Maria, la Madre del bell'amore, che tanto ci ama, aiuti ciascuno di noi nell'adoperarci per creare un clima di amore fraterno nell'ambiente in cui viviamo ed operiamo: trasformeremo così le nostre comunità e le nostre famiglie in tanti paradisi di bontà.
Mario MORRA SDB |
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