padre Antonio Rungi "Rivedere continuamente la propria vita per essere in armonia con Dio"

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/09/2014)
Vangelo: Mt 21,28-32 
Oggi la parola di Dio ritorna a parlare della vigna del Signore e della necessità di lavorare in essa con la disponibilità della parola e del
cuore, ma soprattutto con un impegno fattivo e coerente rispondente alle indicazione del padrone della vigna, che in questo caso è Dio stesso. La parabola di due figlioli di questo speciale Signore che chiede ad entrambi di andare a lavorare ci fa capire quanto sia importante la sincerità, ma soprattutto il ripensare alle proprie azioni o decisioni assunte in precedenza ed agire in base al dettame del cuore. Dovremmo davvero andare dove ci porta il cuore, il senso della responsabilità e fare le cose che ci è dovuto fare con l'entusiasmo, anche se ci costa fatica.
Non è facile e tantomeno leggero lavorare con coerenza nella vigna di Regno di Dio. Non senza motivo di fronte alla falsità e alla ipocrisia di quanti si dicono cristiani e in cammino sulla strada di Cristo, Gesù ricorda senza mezzi termini che "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Ed aggiungendo a tale affermazione una motivazione molto importante: "i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli".
Ecco cosa può accadere ad ognuno di noi. Quello di dire sì al Signore e poi on andare a lavoro, quello spirituale ed apostolico, perché il regno di Dio venga accolto e vissuto nella nostra vita e venga diffuso con la nostra parola, testimonianza e buon esempio. Al contrario può succedere che chi dice inizialmente no, ci ripensa e facendo il suo esame di coscienza incomincia un lavoro interiore che lo porta all'adesione alla fede e alla vera conversione del cuore e della vita. Di fronte a queste ipotesi, a questi atteggiamenti, anche a noi il Signore pone la stessa domanda che ha posto ai capi dei sacerdoti, perché noi possiamo esprimere un giudizio e valutare le cose.
La stessa domanda vi pongo: secondo voi chi ha agito bene? Chi ha compiuto la volontà del padre? I furbi di oggi direbbero il secondo, gli onesti di oggi e di sempre direbbero il primo. Una prima deduzione da questo brano del vangelo è la seguente: noi non possiamo essere falsi con noi stessi e tantomeno con Dio, che conosce ogni. Noi una sola cosa possiamo essere e di conseguenza fare: la volontà di Dio, come Cristo che è venuto a fare la volontà del Padre.
Questa volontà del Padre è che tutti i suoi figli in Gesù Cristo si salvino, vivano nella pace e nella comunione fraterna e che siano davvero una sola cosa in Cristo. Per questo è necessario mettersi in un atteggiamento di conversione permanente, come ci ricorda, la prima lettura di oggi, tratta dal profeta Ezechiele, nella quale leggiamo testualmente: "Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà". Chiaramente si riferisce alla vita della grazia, dello spirito e a quella eterna. In quanto, molte volte, i malvagi in questo modo godono di condizioni di salute, di benessere e di qualsiasi privilegio rispetto ai buoni che sono costretti a soffrire e a patire. Davanti a Dio conta un cuore pentito e non la ricchezza o la condizione di salute o di potere che si è potuto vantare nel corso dell'esistenza terrena. I poveri, gli afflitti, i peccatori sono sempre i privilegiati nel cuore di Dio, consapevoli di quanto preghiamo oggi nel Salmo Responsariale: "Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre. I peccati della mia giovinezza (ed aggiungiamo della maturità, della vecchia e di tutta la vita) e le mie ribellioni, non li ricordare: ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via".
San Paolo Apostolo suggella questo insegnamento biblico e questa morale della responsabilità in un bellissimo brano del suo epistolario, che oggi leggiamo come seconda lettura, tratta dalla sua lettera ai Filippesi. C'è un insegnamento preciso e circostanziato ritroviamo nel testo: avere gli stessi sentimenti di Gesù (e come è difficile!!!); considerare gli altri superiori a noi (il che praticamente è impossibile, perché tutti quasi ci sentiamo superiori agli altri, più giusti e retti ed onesti degli altri); carità, amore, gioia, concordia, disinteresse (sono valori su cui dobbiamo lavorare per perseguirli).
A conclusione delle nostre riflessioni e come preghiera comunitaria che eleviamo a Dio, diciamo con fede: "O Padre, sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore, tu prometti vita e salvezza a ogni uomo che desiste dall'ingiustizia: il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola e ci doni gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù". Amen.

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