padre Gian Franco Scarpitta"Lavorare nella vigna"

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/09/2014)
Vangelo: Mt 21,33-43 
La vigna nell'antico Israele rappresentava il popolo di Dio, eletto unico fra tutte le altre nazioni e reso oggetto di continue attenzioni. Nonostante la costanza e la premura del suo padrone (Dio), il popolo si atteggia come una vigna sterile e refrattaria: pur avendo la
possibilità di produrre tanto frutto a beneficio di tutti, pur disponendo dei mezzi e delle risorse atte a fruttificare e della continua assistenza del padrone che adotta ogni ricorso per bonificarlo, questo popolo si da' al peccato e alla dispersione morale. Che questa vigna possa non recare frutto, in determinati contesti potrebbe anche essere comprensibile, ma ciò che suscita sdegno e scoramento è il fatto che essa produce frutti selvatici e velenosi! Essa risponde in senso opposto a quelle che sono le sollecitudini del padrone.
Tutti accorgimenti in realtà non necessari per una piantagione che di per sè dovrebbe rendere frutto da sola, spontaneamente, senza l'intervento di nessuno. E' anzi inverosimile che una vigna non produca frutti.
Di piantagioni infruttuose che sfruttano il terreno occupando spazio, la Scrittura parla spesso, basti pensare al fico improduttivo verso il quale il padrone, prima deciso a rimuoverlo, si dispone successivamente a pazientare ancora nell'attesa che maturino una buona volta i suoi frutti. Si tratta di una parabola molto affine alla presente immagine della vigna che è il popolo d'Israele, ma nel caso di quest'ultima vi è il particolare importante di una piantagione che non solamente occupa spazio considerevole nel terreno del contadino, ma addiritutta si mostra molto pericolosa per gli altri. Qual è il provvedimento di Dio nei suoi confronti? Il buon Padre, che non coatta nessuno verso la sua volontà e che non manca di rispettare la libera scelta di tutti e di ciascuno, consente che il popolo prediletto e peccatore sperimenti la propria emancipazione e la propria decantata autonomia e di conseguenza lascia il suo popolo in preda alla libertà che lui stesso si è scelta. Questa vigna dovrà sopportate il peso assillante della sua responsabilità e la conseguenza nefasta dei suoi peccati, nonché la condizione di smarrimento e di insicurezza fondamentale che il peccato stesso comporta. Sarà preda di lupi e mercenari e nella misura in cui aveva mostrato prima indifferenza e refrattarietà verso nei confronti dell'Amore, così adesso dovrà sorbire il mancato amore.
Dio in ogni caso non si stanca mai di recuperare l'uomo dal suo errore. Nella sua infinita misericordia va in cerca del peccatore e non si stanca di chiamarlo alla relazione intima con sé. Di conseguenza manda operai nella vigna e non manca di bonificare il terreno, fino ad impiantarvi egli stesso una Vite. Affidare il lavoro ad operai e braccianti era un'attitudine frequente nelle usanze locali d'Israele
Nonostante la morte violenta di tutti questi vignaioli appositamente inviati che rappresentano ciascuno i profeti e i testimoni della Parola, egli non si arrende e vi manda il Figlio di Dio, il Messia, che mostra amore ancora più incondizionato realizzando appieno il progetto iniziale del Proprietario Terriero: egli non solamente si dispone a coltivare la vigna e ad arricchirla di ulteriori bonifiche, ma da perfino la propria vita per essa, accettando anche di essere ucciso..
Gesù è infatti il Verbo incarnato, Dio fatto uomo che si occupa egli stesso con sollecitudine della sua vigna, condividendo ogni cosa con i membri di questa piantagione mostrando l'amore e la misericordia del Padre attraverso le parole e le opere del Regno e accettando di farsi anche uccidere per la causa dell'umanità. E tuttavia la morte non sarà la vittoria di quegli uomini omicidi né avrà l'ultima parola su di Lui, che, come afferma Pietro nella Seconda Lettura, si qualifica come "pietra scartata dai costruttori e tuttavia divenuta pietra angolare": proprio la morte e il disprezzo da parte degli uomini sono per lui cioè opportunità di innalzamento e di priorità, visto che vincerà la morte uscendo vittorioso dal sepolcro per la Risurrezione gloriosa e per il rinnovamento del mondo, ossia della "vigna". Già sulla croce farà scaturire il "Nuovo Israele", cioè la Chiesa e attraverso di essa guiderà definitivamente la sua vigna, così come aveva affermato:"Io sono la vite, voi i tralci"; "chi rimane in me, porta molto frutto poiché senza di me non potete far nulla. La pazienza di Dio supera di gran lunga le nostre aspettative umane e il suo amore prevarica la nostra presunzione e la tendenza ad agire indipendentemente da lui. Il sacrificio della croce esprimerà definitivamente l'Amore incondizionato per questa vigna perversa e ostile che è il nostro mondo

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