PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE DOMUS SANCTAE MARTHAE"Quando Dio visita"
Martedì, 16 settembre 2014
Con la sua testimonianza il cristiano deve mostrare agli altri gli stessi atteggiamenti di Dio che visita il suo popolo: la vicinanza, la compassione, la capacità di restituire la speranza. Lo ha affermato Papa Francesco durante la messa celebrata stamani, martedì 16 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
«Dio ha visitato il suo popolo» è una espressione «che si ripete nella Scrittura», ha fatto subito notare il Pontefice riferendola all’episodio
evangelico della risurrezione del figlio della vedova di Nain raccontato da Luca (7, 11-17). Sono parole che, ha precisato, hanno «un senso speciale», diverso da quello di espressioni come «Dio ha parlato al suo popolo» oppure «Dio ha dato i Comandamenti al suo popolo» o ancora «Dio ha inviato un profeta al suo popolo».
Nell’affermazione «Dio ha visitato il suo popolo», ha ribadito, «c’è qualcosa in più, c’è qualcosa di nuovo». Nella Scrittura la si trova, per esempio, in relazione alla vicenda di Noemi, della quale — ha fatto notare il Papa — si dice: «Dio l’ha visitata nella sua vecchiaia e l’ha resa nonna». E lo stesso, ha aggiunto, «si dice di Elisabetta, la cugina di Maria: Dio l’ha visitata e l’ha resa madre».
Dunque «quando Dio visita il suo popolo, vuol dire che la sua presenza è specialmente lì». E, ha sottolineato Francesco richiamando l’episodio di Nain, «in questo passo del Vangelo, dove si racconta questa risurrezione del ragazzo, figlio della madre vedova, il popolo dice questa parola: Dio ci ha visitato».
Perché usa proprio questa espressione? Solo perché Gesù — si è chiesto il Pontefice — «ha fatto un miracolo?». In realtà c’è «di più». Infatti la questione fondamentale è comprendere «come visita Dio».
Egli, ha evidenziato il vescovo di Roma, visita «prima di tutto con la sua presenza, con la sua vicinanza». Nel brano evangelico proposto dalla liturgia «si dice che Gesù si recò in una città chiamata Nain e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla». In sostanza «era vicino alla gente: un Dio vicino che riesce a capire il cuore della gente, il cuore del suo popolo». Poi, racconta Luca, «vede quel corteo e si avvicina». Perciò «Dio visita il suo popolo», è «in mezzo al suo popolo, avvicinandosi». La «vicinanza è la modalità di Dio».
Inoltre, ha osservato ancora il Pontefice, «c’è un’espressione che si ripete nella Bibbia tante volte: “Il Signore fu preso da grande compassione”». Ed è proprio «la stessa compassione che, dice il Vangelo, aveva quando ha visto tanta gente come pecore senza pastore». È un fatto, allora, che «quando Dio visita il suo popolo gli è vicino, gli si avvicina e sente compassione: si commuove». Egli «è profondamente commosso, come lo è stato davanti alla tomba di Lazzaro». E commosso come il padre, nella parabola, quando vede tornare a casa il figliol prodigo.
«Vicinanza e compassione: così il Signore visita il suo popolo» ha rimarcato Francesco. E «quando noi vogliamo annunciare il Vangelo, portare avanti la parola di Gesù, questa è la strada». Invece «l’altra strada è quella dei maestri, dei predicatori del tempo: i dottori della legge, gli scribi, i farisei». Personaggi «lontani dal popolo», che «parlavano bene, insegnavano la legge bene». Eppure erano «lontani». E «questa non era una visita del Signore: era un’altra cosa». Tanto che «il popolo non sentiva questo come una grazia, perché mancava la vicinanza, mancava la compassione e cioè patire con il popolo».
A «vicinanza» e «compassione» il Papa ha aggiunto «un’altra parola che è propria di quando il Signore visita il suo popolo». Scrive Luca: «Il morto si mise seduto e incominciò a parlare, ed egli — Gesù — lo restituì a sua madre». Dunque «quando Dio visita il suo popolo, restituisce al popolo la speranza. Sempre!».
In proposito Francesco ha fatto notare che «si può predicare la parola di Dio brillantemente» e «ci sono stati nella storia tanti bravi predicatori: ma se questi predicatori non sono riusciti a seminare speranza, quella predica non serve. È vanità».
Proprio l’immagine proposta dal Vangelo di Luca, ha suggerito, può far capire fino in fondo «cosa significa una visita di Dio al suo popolo». Lo comprendiamo «guardando Gesù in mezzo a quella grande folla; guardando Gesù che si avvicina a quel corteo funebre, la madre che piange e lui le dice “non piangere”, forse l’ha accarezzata; guardando Gesù che restituì alla mamma il figlio vivo». Così, ha concluso il Pontefice, possiamo «chiedere la grazia che la nostra testimonianza di cristiani sia portatrice della visita di Dio al suo popolo, cioè di vicinanza che semina la speranza».
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.211, Merc. 17/09/2014)
Con la sua testimonianza il cristiano deve mostrare agli altri gli stessi atteggiamenti di Dio che visita il suo popolo: la vicinanza, la compassione, la capacità di restituire la speranza. Lo ha affermato Papa Francesco durante la messa celebrata stamani, martedì 16 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
«Dio ha visitato il suo popolo» è una espressione «che si ripete nella Scrittura», ha fatto subito notare il Pontefice riferendola all’episodio
evangelico della risurrezione del figlio della vedova di Nain raccontato da Luca (7, 11-17). Sono parole che, ha precisato, hanno «un senso speciale», diverso da quello di espressioni come «Dio ha parlato al suo popolo» oppure «Dio ha dato i Comandamenti al suo popolo» o ancora «Dio ha inviato un profeta al suo popolo».
Nell’affermazione «Dio ha visitato il suo popolo», ha ribadito, «c’è qualcosa in più, c’è qualcosa di nuovo». Nella Scrittura la si trova, per esempio, in relazione alla vicenda di Noemi, della quale — ha fatto notare il Papa — si dice: «Dio l’ha visitata nella sua vecchiaia e l’ha resa nonna». E lo stesso, ha aggiunto, «si dice di Elisabetta, la cugina di Maria: Dio l’ha visitata e l’ha resa madre».
Dunque «quando Dio visita il suo popolo, vuol dire che la sua presenza è specialmente lì». E, ha sottolineato Francesco richiamando l’episodio di Nain, «in questo passo del Vangelo, dove si racconta questa risurrezione del ragazzo, figlio della madre vedova, il popolo dice questa parola: Dio ci ha visitato».
Perché usa proprio questa espressione? Solo perché Gesù — si è chiesto il Pontefice — «ha fatto un miracolo?». In realtà c’è «di più». Infatti la questione fondamentale è comprendere «come visita Dio».
Egli, ha evidenziato il vescovo di Roma, visita «prima di tutto con la sua presenza, con la sua vicinanza». Nel brano evangelico proposto dalla liturgia «si dice che Gesù si recò in una città chiamata Nain e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla». In sostanza «era vicino alla gente: un Dio vicino che riesce a capire il cuore della gente, il cuore del suo popolo». Poi, racconta Luca, «vede quel corteo e si avvicina». Perciò «Dio visita il suo popolo», è «in mezzo al suo popolo, avvicinandosi». La «vicinanza è la modalità di Dio».
Inoltre, ha osservato ancora il Pontefice, «c’è un’espressione che si ripete nella Bibbia tante volte: “Il Signore fu preso da grande compassione”». Ed è proprio «la stessa compassione che, dice il Vangelo, aveva quando ha visto tanta gente come pecore senza pastore». È un fatto, allora, che «quando Dio visita il suo popolo gli è vicino, gli si avvicina e sente compassione: si commuove». Egli «è profondamente commosso, come lo è stato davanti alla tomba di Lazzaro». E commosso come il padre, nella parabola, quando vede tornare a casa il figliol prodigo.
«Vicinanza e compassione: così il Signore visita il suo popolo» ha rimarcato Francesco. E «quando noi vogliamo annunciare il Vangelo, portare avanti la parola di Gesù, questa è la strada». Invece «l’altra strada è quella dei maestri, dei predicatori del tempo: i dottori della legge, gli scribi, i farisei». Personaggi «lontani dal popolo», che «parlavano bene, insegnavano la legge bene». Eppure erano «lontani». E «questa non era una visita del Signore: era un’altra cosa». Tanto che «il popolo non sentiva questo come una grazia, perché mancava la vicinanza, mancava la compassione e cioè patire con il popolo».
A «vicinanza» e «compassione» il Papa ha aggiunto «un’altra parola che è propria di quando il Signore visita il suo popolo». Scrive Luca: «Il morto si mise seduto e incominciò a parlare, ed egli — Gesù — lo restituì a sua madre». Dunque «quando Dio visita il suo popolo, restituisce al popolo la speranza. Sempre!».
In proposito Francesco ha fatto notare che «si può predicare la parola di Dio brillantemente» e «ci sono stati nella storia tanti bravi predicatori: ma se questi predicatori non sono riusciti a seminare speranza, quella predica non serve. È vanità».
Proprio l’immagine proposta dal Vangelo di Luca, ha suggerito, può far capire fino in fondo «cosa significa una visita di Dio al suo popolo». Lo comprendiamo «guardando Gesù in mezzo a quella grande folla; guardando Gesù che si avvicina a quel corteo funebre, la madre che piange e lui le dice “non piangere”, forse l’ha accarezzata; guardando Gesù che restituì alla mamma il figlio vivo». Così, ha concluso il Pontefice, possiamo «chiedere la grazia che la nostra testimonianza di cristiani sia portatrice della visita di Dio al suo popolo, cioè di vicinanza che semina la speranza».
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.211, Merc. 17/09/2014)
Commenti
Posta un commento