Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche1 della Domenica «DEL RENDETE A CESARE E RENDETE A DIO»
XXIX Dom. Tempo Ordinario A
Mt 22,15-21; Is 45,1-4-6; Sal 95; 1 Ts l,l-5b
1. Il tributo a Cesare
"Di chi è l`immagine e l`iscrizione?" (Lc 20,24). In questo passo Egli c`insegna che dobbiamo essere cauti nel respingere le accuse degli eretici oppure dei Giudei. In un altro punto ha detto: "Siate astuti come i serpenti". Questo, diversi lo interpretano cosí: poiché la croce di Cristo fu preannunciata nel serpente levato in alto, affinché
venisse distrutto il veleno serpigno degli spiriti del male, parrebbe che si debba essere accorti come il Cristo, e semplici come lo Spirito. Ecco dunque chi è il serpente che tiene sempre protetto il capo, ed evita cosí le ferite mortali. Quando i Giudei gli chiedevano se avesse ricevuto dal Cielo la sua autorità, Egli rispose: "Il battesimo di Giovanni di dov`era, dal Cielo o dagli uomini?" (Mt 20,4). E lo scopo era che essi, non osando negare che era dal Cielo, si convincessero da soli della propria demenza nel negare che Colui che lo dava era dal Cielo. Egli chiede un didramma e domanda di chi è l`effigie: infatti diversa è l`effigie di Dio, diversa l`effigie del mondo. Per questo anche colui ci ammonisce: "E come abbiamo portato l`immagine dell`uomo terreno, cosí portiamo l`immagine dell`uomo celeste" (1Cor 15,49).
Cristo non ha l`immagine di Cesare, perché Egli è "l`immagine di Dio". Pietro non ha l`immagine di Cesare, perché ha detto: Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mt 19,27). Non si trova l`immagine di Cesare in Giacomo o in Giovanni, perché sono i figli del tuono, ma essa si trova nel mare, dove vi sono sulle acque quei mostri dalle teste fracassate, e lo stesso mostro principale, col capo mozzo, vien dato come cibo ai popoli degli Etiopi. Ma se non aveva l`immagine di Cesare, perché mai ha pagato il tributo?
Non l`ha pagato del suo, ma ha restituito al mondo ciò che apparteneva al mondo. E se anche tu non vuoi esser tributario di Cesare, non possedere le proprietà del mondo. Però hai le ricchezze: e allora sei tributario di Cesare. Se non vuoi esser assolutamente debitore del re della terra, abbandona ogni tua cosa e segui Cristo.
E giustamente Egli ordina di dare prima a Cesare ciò che è di Cesare, perché nessuno può appartenere al Signore, se prima non ha rinunziato al mondo. Tutti, certo, rinunziamo a parole, ma non rinunziamo col cuore; infatti, quando riceviamo i sacramenti, facciamo la rinunzia. Che pesante responsabilità è promettere a Dio, e poi non soddisfare il debito! "E` meglio non fare voti", sta scritto, "piuttosto che farne e non mantenerli" (Qo 5,4). L`obbligo della fede è piú forte di quello pecuniario. Rendi quanto hai promesso, finché sei in questo corpo, prima che giunga l`esecutore "e questi ti getti in prigione. In verità ti dico che non ne uscirai prima di aver pagato fino all`ultimo spicciolo";(Lc 12, 58; Mt 5,25s).
(Ambrogio, Exp. Ev. sec. Luc. 9, 34-36)
2. Preghiera per i governanti
Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verità (cf. 1Tm 2,7). Rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra.
Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza perché noi conoscendo la gloria e l`onore loro dati ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà. Dona ad essi, Signore, sanità, pace, concordia e costanza per esercitare al sicuro la sovranità data da te.
Tu, Signore, re celeste dei secoli concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito alla tua presenza per esercitare con pietà nella pace e nella dolcezza il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso.
Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri piú grandi per noi ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesú Cristo per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen.
(Clemente di Roma, Ad Corinth. 60, 4 - 61, 3)
3. L`adorazione si deve a Dio solo
Onorerò l`imperatore: non lo adorerò, ma per lui pregherò. Solo il Dio reale, il Dio vero adorerò, sapendo che da lui l`imperatore è stato fatto. Certo mi chiederai: perché non adori l`imperatore? Perché non è stato fatto per essere adorato, ma per essere onorato con l`ossequio delle leggi: non è infatti un Dio, ma un uomo costituito da Dio non ad essere adorato, ma a fungere da giusto giudice. In un certo senso gli è stata affidata da Dio l`amministrazione; ed egli stesso non vuole che chi a lui è subordinato si chiami imperatore: imperatore è il nome suo e a nessun altro è lecito chiamarsi cosí. Egualmente anche l`adorazione è unicamente di Dio. Dunque, o uomo, sei davvero in errore: onora l`imperatore amandolo, ubbidendogli, pregando per lui: facendo cosí, farai il volere di Dio. Dice infatti la legge divina: "O figlio, onora Dio e l`imperatore, e non essere disubbidiente né all`uno né all`altro. Subito infatti puniscono i loro nemici" (Pr 24,21s).
(Teofilo di Antiochia, Ad Auct. 1, 11)
4. Dio va messo al primo posto
Noi ci sforziamo d`essere i primi a pagare tasse e tributi ai vostri funzionari, dovunque; e cosí da lui ci fu insegnato. In quel tempo, difatti, presentatisi a lui certuni, gli domandarono se si dovessero i tributi a Cesare. Egli rispose "Ditemi: di chi reca l`immagine la moneta?" Quelli risposero: "Di Cesare". Ed egli: "Date dunque a Cesare ciò ch`è di Cesare; a Dio ciò ch`è di Dio" (Mt 22,21). Perciò l`adorazione la prestiamo a Dio solo; quanto al resto di buon grado serviamo voi, riconoscendovi imperatori e capi degli uomini, e pregando Dio che accanto all`autorità imperiale si riscontri in voi anche un sano discernimento. Che se, pur pregando per voi e mettendo ogni cosa alla luce, ci disprezzerete, sappiate che non saremo noi a riportarne danno, dacché crediamo, anzi siamo convinti, che ciascuno sconterà la pena del fuoco eterno secondo le azioni e renderà conto in proporzione delle facoltà ricevute da Dio, secondo il monito di Cristo: "Da colui al quale Dio piú diede, piú anche si esigerà" (Lc 12,48).
(Giustino, I Apol. 17)
5. L`esempio di Daniele
Pertanto, "quando Daniele venne a conoscenza dello scritto", accortosi che si trattava di un complotto contro di lui, tuttavia non ebbe paura, non si spaventò, perché era pronto ad andare in pasto alle fiere piuttosto che sottomettersi al decreto del re. Egli si ricordava dell`esempio che gli avevano dato i tre fanciulli. Poiché non avevano voluto prostrarsi davanti alla statua del re, essi erano stati salvati dalla fornace ardente. Rientrato a casa sua, aprí le finestre "del piano superiore, in direzione di Gerusalemme, e tre volte al giorno si inginocchiava e pregava continuando a far penitenza, come faceva prima".
Bisogna contemplare la pietà del beato Daniele. Benché sembrasse molto occupato dagli affari del re, nondimeno si applicava alla preghiera quotidiana, rendendo "a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio" (Mt 22,21). Forse mi si potrà dire: E che? Egli non poteva, di giorno, pregare Dio nel profondo del cuore, e, di notte, raccogliersi nascostamente in casa sua, come voleva, senza correre pericolo? Sí. Ma lui non voleva. Se infatti avesse agito cosí, i ministri e i satrapi avrebbero potuto dire: Che vale il suo timor di Dio, dal momento che ha paura dell`editto del re e si sottomette ai suoi ordini? Ed erano pronti a portare contro di lui un motivo di accusa: il rimprovero di infedeltà. Questo lo fa l`ipocrisia: non cosí il timore e la fede in Dio. E fu perché non diede ai suoi avversari pretesto alla maldicenza: "Perché chiunque è sottomesso a un uomo, è suo schiavo" (2Pt 2,19).
In effetti, coloro che credono in Dio non sanno che farsene della dissimulazione, e non devono temere coloro che sono costituiti in autorità, se non commettono il male. Ma se vengono costretti, a causa della loro fede in Dio, ad agire diversamente, preferiscono morire spontaneamente piuttosto che fare ciò che è loro ordinato. E quando l`Apostolo dice che bisogna sottomettersi ad ogni "autorità costituita" (Rm 13,1), non allude a questo caso. Egli non domanda che rinneghiamo la nostra fede, né i comandamenti divini per eseguire gli ordini degli uomini, ma al contrario che, per deferenza verso l`autorità, non commettiamo alcun delitto, in modo da non essere castigati come malfattori. Ecco perché aggiunge: L`autorità è al servizio di Dio, contro coloro che fanno il male. "Vuoi non aver da temere l`autorità? Fa` il bene e ne riceverai lode. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada" (1Pt 2,14.20).
Dunque l`Apostolo raccomanda, in tal modo, di sottomettersi a una esistenza santa e pia in questo mondo, e di avere davanti agli occhi il pericolo della spada. Anche gli apostoli, nonostante l`opposizione dei principi e degli scribi, continuavano tuttavia a predicare la parola e a obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cf. At 4,18-20). Ecco perché i principi si infuriarono contro di loro e li chiusero in prigione. "Ma durante la notte un angelo li condusse fuori e disse: Andate e predicate queste parole di vita (At 5,19.20).
Nemmeno lui, Daniele, nonostante il divieto di pregare, si sottomise all`editto del re, non volendo mettere la gloria di Dio al di sotto di quella degli uomini. Infatti quando si muore per Dio, ci si può rallegrare di aver ottenuto cosí la vita eterna. E quando si soffre per Dio e si vive quaggiú nella purezza e nel timore, non bisogna dare il minimo pretesto di accusa a coloro che lo cercano, perché cosí essi saranno ancor piú coperti di confusione.
Cosí i ministri cercavano contro Daniele un pretesto e non ne trovavano, perché egli era fedele. E se alcuni ci obbligassero a non adorare Dio e a non pregare, minacciandoci di morte, sarebbe piú dolce per noi morire piuttosto che eseguire i loro ordini. "Chi", infatti, "ci separerà dall`amore di Dio? Forse la tribolazione, l`angoscia, la persecuzione, la fame, il pericolo, la spada"? (Rm 8,35).
Ecco perché il beato Daniele, che aveva preferito il timor di Dio e si era offerto alla morte, fu salvato dai leoni grazie all`angelo. Se egli avesse tenuto conto dell`editto, se fosse rimasto tranquillo per trenta giorni, la sua fede in Dio non avrebbe piú avuto la sua purezza. "Nessuno può servire a due padroni" (Mt 6,24).
Sempre l`arte del diavolo s`ingegna di perseguitare, opprimere, abbattere i santi per impedire loro di levare, nelle loro orazioni, "le mani sante" (1Tm 2,8) verso Dio. Egli infatti sa bene che la preghiera dei santi dà al mondo la pace e ai malvagi il castigo. Allo stesso modo, "quando", nel deserto, "Mosè alzava le mani, Israele era piú forte, ma quando le lasciava cadere, era piú forte Amalek" (Es 17,11). E` quanto ancor oggi ci capita: quando cessiamo di pregare, l`Avversario ha la meglio su noi, e quando ci aggrappiamo alla preghiera, la forza e la potenza del Maligno restano senza effetto.
(Ippolito di Roma, In Daniel. 3, 21-24)
6. Tu, o cristiano, sei moneta del tesoro divino.
Nell’evangelo di oggi troviamo due domande: una dei farisei a Cristo, l'altra di Cristo ai farisei. La prima è del tutto terrena, la seconda del tutto celeste e divina;quella è nata da somma ignoranza,questa da somma sapienza e bontà. « Di chi è questa immagine e l'iscrizione? Gli risposero: Di Cesare. Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,20-21).
A ciascuno, egli rispose, si deve dare il suo: sentenza piena di sapienza celeste e di dottrina. Egli insegna che vi sono due tipi di potere: uno terreno e umano, l'altro celeste e divino; e insegna che da noi si richiede una duplice obbedienza: alle leggi umane e a quelle divine, e che dobbiamo pagare un duplice tributo: uno a Cesare, l'altro a Dio. A Cesare dobbiamo dare la moneta che porta l'immagine e l'iscrizione di lui, a Dio invece ciò su cui è impressa l'immagine e la somiglianza divina: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto (Sal 4,7).
Tu,o cristiano, sei uomo: sei dunque moneta del tesoro divino, sei il danaro che porta impressa l'immagine e l'iscrizione del re divino. Con Cristo io ti chiedo: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?» (Mt 22, 20) Tu dici: di-Dio. Osservo: e perché non dai a Dio ciò che è suo? Se vogliamo essere immagine di Dio, dobbiamo essere simili a Cristo, perché egli è l'immagine della bontà di Dio e forma della sua sostanza. Dio poi «quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8,29). E Cristo ha veramente dato a Cesare ciò che era di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, perché ha osservato alla perfezione le due tavole della legge divina «facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8); e fu adorno nel grado più perfetto di tutte le virtù interne ed esterne.
Risalta poi oggi in Cristo una somma prudenza, grazie alla quale sfugge con la sua risposta così saggia e avveduta ai lacci dei nemici; risplende anche la giustizia con cui insegna a rendere a ciascuno il suo, per cui volle anche lui pagare il tributo per sé e per Pietro; risalta la forza d'animo, con cui insegna liberamente che si devono pagare i tributi a Cesare, per nulla timoroso dei giudei che malvolentieri lo tolleravano. Questa è la via di Dio che il Cristo insegnò con piena verità.
Chi pertanto nella vita, nei costumi e nelle virtù è simile e conforme a Cristo, manifesta davvero l'immagine di Dio: e il pieno splendore di questa divina immagine consiste in una perfetta giustizia: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»: a ciascuno il suo.
Dalle «Omelie» di san Lorenzo da Brindisi, sacerdote
lunedì 13 ottobre 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano
Mt 22,15-21; Is 45,1-4-6; Sal 95; 1 Ts l,l-5b
1. Il tributo a Cesare
"Di chi è l`immagine e l`iscrizione?" (Lc 20,24). In questo passo Egli c`insegna che dobbiamo essere cauti nel respingere le accuse degli eretici oppure dei Giudei. In un altro punto ha detto: "Siate astuti come i serpenti". Questo, diversi lo interpretano cosí: poiché la croce di Cristo fu preannunciata nel serpente levato in alto, affinché
venisse distrutto il veleno serpigno degli spiriti del male, parrebbe che si debba essere accorti come il Cristo, e semplici come lo Spirito. Ecco dunque chi è il serpente che tiene sempre protetto il capo, ed evita cosí le ferite mortali. Quando i Giudei gli chiedevano se avesse ricevuto dal Cielo la sua autorità, Egli rispose: "Il battesimo di Giovanni di dov`era, dal Cielo o dagli uomini?" (Mt 20,4). E lo scopo era che essi, non osando negare che era dal Cielo, si convincessero da soli della propria demenza nel negare che Colui che lo dava era dal Cielo. Egli chiede un didramma e domanda di chi è l`effigie: infatti diversa è l`effigie di Dio, diversa l`effigie del mondo. Per questo anche colui ci ammonisce: "E come abbiamo portato l`immagine dell`uomo terreno, cosí portiamo l`immagine dell`uomo celeste" (1Cor 15,49).
Cristo non ha l`immagine di Cesare, perché Egli è "l`immagine di Dio". Pietro non ha l`immagine di Cesare, perché ha detto: Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mt 19,27). Non si trova l`immagine di Cesare in Giacomo o in Giovanni, perché sono i figli del tuono, ma essa si trova nel mare, dove vi sono sulle acque quei mostri dalle teste fracassate, e lo stesso mostro principale, col capo mozzo, vien dato come cibo ai popoli degli Etiopi. Ma se non aveva l`immagine di Cesare, perché mai ha pagato il tributo?
Non l`ha pagato del suo, ma ha restituito al mondo ciò che apparteneva al mondo. E se anche tu non vuoi esser tributario di Cesare, non possedere le proprietà del mondo. Però hai le ricchezze: e allora sei tributario di Cesare. Se non vuoi esser assolutamente debitore del re della terra, abbandona ogni tua cosa e segui Cristo.
E giustamente Egli ordina di dare prima a Cesare ciò che è di Cesare, perché nessuno può appartenere al Signore, se prima non ha rinunziato al mondo. Tutti, certo, rinunziamo a parole, ma non rinunziamo col cuore; infatti, quando riceviamo i sacramenti, facciamo la rinunzia. Che pesante responsabilità è promettere a Dio, e poi non soddisfare il debito! "E` meglio non fare voti", sta scritto, "piuttosto che farne e non mantenerli" (Qo 5,4). L`obbligo della fede è piú forte di quello pecuniario. Rendi quanto hai promesso, finché sei in questo corpo, prima che giunga l`esecutore "e questi ti getti in prigione. In verità ti dico che non ne uscirai prima di aver pagato fino all`ultimo spicciolo";(Lc 12, 58; Mt 5,25s).
(Ambrogio, Exp. Ev. sec. Luc. 9, 34-36)
2. Preghiera per i governanti
Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verità (cf. 1Tm 2,7). Rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra.
Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza perché noi conoscendo la gloria e l`onore loro dati ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà. Dona ad essi, Signore, sanità, pace, concordia e costanza per esercitare al sicuro la sovranità data da te.
Tu, Signore, re celeste dei secoli concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito alla tua presenza per esercitare con pietà nella pace e nella dolcezza il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso.
Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri piú grandi per noi ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesú Cristo per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen.
(Clemente di Roma, Ad Corinth. 60, 4 - 61, 3)
3. L`adorazione si deve a Dio solo
Onorerò l`imperatore: non lo adorerò, ma per lui pregherò. Solo il Dio reale, il Dio vero adorerò, sapendo che da lui l`imperatore è stato fatto. Certo mi chiederai: perché non adori l`imperatore? Perché non è stato fatto per essere adorato, ma per essere onorato con l`ossequio delle leggi: non è infatti un Dio, ma un uomo costituito da Dio non ad essere adorato, ma a fungere da giusto giudice. In un certo senso gli è stata affidata da Dio l`amministrazione; ed egli stesso non vuole che chi a lui è subordinato si chiami imperatore: imperatore è il nome suo e a nessun altro è lecito chiamarsi cosí. Egualmente anche l`adorazione è unicamente di Dio. Dunque, o uomo, sei davvero in errore: onora l`imperatore amandolo, ubbidendogli, pregando per lui: facendo cosí, farai il volere di Dio. Dice infatti la legge divina: "O figlio, onora Dio e l`imperatore, e non essere disubbidiente né all`uno né all`altro. Subito infatti puniscono i loro nemici" (Pr 24,21s).
(Teofilo di Antiochia, Ad Auct. 1, 11)
4. Dio va messo al primo posto
Noi ci sforziamo d`essere i primi a pagare tasse e tributi ai vostri funzionari, dovunque; e cosí da lui ci fu insegnato. In quel tempo, difatti, presentatisi a lui certuni, gli domandarono se si dovessero i tributi a Cesare. Egli rispose "Ditemi: di chi reca l`immagine la moneta?" Quelli risposero: "Di Cesare". Ed egli: "Date dunque a Cesare ciò ch`è di Cesare; a Dio ciò ch`è di Dio" (Mt 22,21). Perciò l`adorazione la prestiamo a Dio solo; quanto al resto di buon grado serviamo voi, riconoscendovi imperatori e capi degli uomini, e pregando Dio che accanto all`autorità imperiale si riscontri in voi anche un sano discernimento. Che se, pur pregando per voi e mettendo ogni cosa alla luce, ci disprezzerete, sappiate che non saremo noi a riportarne danno, dacché crediamo, anzi siamo convinti, che ciascuno sconterà la pena del fuoco eterno secondo le azioni e renderà conto in proporzione delle facoltà ricevute da Dio, secondo il monito di Cristo: "Da colui al quale Dio piú diede, piú anche si esigerà" (Lc 12,48).
(Giustino, I Apol. 17)
5. L`esempio di Daniele
Pertanto, "quando Daniele venne a conoscenza dello scritto", accortosi che si trattava di un complotto contro di lui, tuttavia non ebbe paura, non si spaventò, perché era pronto ad andare in pasto alle fiere piuttosto che sottomettersi al decreto del re. Egli si ricordava dell`esempio che gli avevano dato i tre fanciulli. Poiché non avevano voluto prostrarsi davanti alla statua del re, essi erano stati salvati dalla fornace ardente. Rientrato a casa sua, aprí le finestre "del piano superiore, in direzione di Gerusalemme, e tre volte al giorno si inginocchiava e pregava continuando a far penitenza, come faceva prima".
Bisogna contemplare la pietà del beato Daniele. Benché sembrasse molto occupato dagli affari del re, nondimeno si applicava alla preghiera quotidiana, rendendo "a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio" (Mt 22,21). Forse mi si potrà dire: E che? Egli non poteva, di giorno, pregare Dio nel profondo del cuore, e, di notte, raccogliersi nascostamente in casa sua, come voleva, senza correre pericolo? Sí. Ma lui non voleva. Se infatti avesse agito cosí, i ministri e i satrapi avrebbero potuto dire: Che vale il suo timor di Dio, dal momento che ha paura dell`editto del re e si sottomette ai suoi ordini? Ed erano pronti a portare contro di lui un motivo di accusa: il rimprovero di infedeltà. Questo lo fa l`ipocrisia: non cosí il timore e la fede in Dio. E fu perché non diede ai suoi avversari pretesto alla maldicenza: "Perché chiunque è sottomesso a un uomo, è suo schiavo" (2Pt 2,19).
In effetti, coloro che credono in Dio non sanno che farsene della dissimulazione, e non devono temere coloro che sono costituiti in autorità, se non commettono il male. Ma se vengono costretti, a causa della loro fede in Dio, ad agire diversamente, preferiscono morire spontaneamente piuttosto che fare ciò che è loro ordinato. E quando l`Apostolo dice che bisogna sottomettersi ad ogni "autorità costituita" (Rm 13,1), non allude a questo caso. Egli non domanda che rinneghiamo la nostra fede, né i comandamenti divini per eseguire gli ordini degli uomini, ma al contrario che, per deferenza verso l`autorità, non commettiamo alcun delitto, in modo da non essere castigati come malfattori. Ecco perché aggiunge: L`autorità è al servizio di Dio, contro coloro che fanno il male. "Vuoi non aver da temere l`autorità? Fa` il bene e ne riceverai lode. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada" (1Pt 2,14.20).
Dunque l`Apostolo raccomanda, in tal modo, di sottomettersi a una esistenza santa e pia in questo mondo, e di avere davanti agli occhi il pericolo della spada. Anche gli apostoli, nonostante l`opposizione dei principi e degli scribi, continuavano tuttavia a predicare la parola e a obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cf. At 4,18-20). Ecco perché i principi si infuriarono contro di loro e li chiusero in prigione. "Ma durante la notte un angelo li condusse fuori e disse: Andate e predicate queste parole di vita (At 5,19.20).
Nemmeno lui, Daniele, nonostante il divieto di pregare, si sottomise all`editto del re, non volendo mettere la gloria di Dio al di sotto di quella degli uomini. Infatti quando si muore per Dio, ci si può rallegrare di aver ottenuto cosí la vita eterna. E quando si soffre per Dio e si vive quaggiú nella purezza e nel timore, non bisogna dare il minimo pretesto di accusa a coloro che lo cercano, perché cosí essi saranno ancor piú coperti di confusione.
Cosí i ministri cercavano contro Daniele un pretesto e non ne trovavano, perché egli era fedele. E se alcuni ci obbligassero a non adorare Dio e a non pregare, minacciandoci di morte, sarebbe piú dolce per noi morire piuttosto che eseguire i loro ordini. "Chi", infatti, "ci separerà dall`amore di Dio? Forse la tribolazione, l`angoscia, la persecuzione, la fame, il pericolo, la spada"? (Rm 8,35).
Ecco perché il beato Daniele, che aveva preferito il timor di Dio e si era offerto alla morte, fu salvato dai leoni grazie all`angelo. Se egli avesse tenuto conto dell`editto, se fosse rimasto tranquillo per trenta giorni, la sua fede in Dio non avrebbe piú avuto la sua purezza. "Nessuno può servire a due padroni" (Mt 6,24).
Sempre l`arte del diavolo s`ingegna di perseguitare, opprimere, abbattere i santi per impedire loro di levare, nelle loro orazioni, "le mani sante" (1Tm 2,8) verso Dio. Egli infatti sa bene che la preghiera dei santi dà al mondo la pace e ai malvagi il castigo. Allo stesso modo, "quando", nel deserto, "Mosè alzava le mani, Israele era piú forte, ma quando le lasciava cadere, era piú forte Amalek" (Es 17,11). E` quanto ancor oggi ci capita: quando cessiamo di pregare, l`Avversario ha la meglio su noi, e quando ci aggrappiamo alla preghiera, la forza e la potenza del Maligno restano senza effetto.
(Ippolito di Roma, In Daniel. 3, 21-24)
6. Tu, o cristiano, sei moneta del tesoro divino.
Nell’evangelo di oggi troviamo due domande: una dei farisei a Cristo, l'altra di Cristo ai farisei. La prima è del tutto terrena, la seconda del tutto celeste e divina;quella è nata da somma ignoranza,questa da somma sapienza e bontà. « Di chi è questa immagine e l'iscrizione? Gli risposero: Di Cesare. Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,20-21).
A ciascuno, egli rispose, si deve dare il suo: sentenza piena di sapienza celeste e di dottrina. Egli insegna che vi sono due tipi di potere: uno terreno e umano, l'altro celeste e divino; e insegna che da noi si richiede una duplice obbedienza: alle leggi umane e a quelle divine, e che dobbiamo pagare un duplice tributo: uno a Cesare, l'altro a Dio. A Cesare dobbiamo dare la moneta che porta l'immagine e l'iscrizione di lui, a Dio invece ciò su cui è impressa l'immagine e la somiglianza divina: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto (Sal 4,7).
Tu,o cristiano, sei uomo: sei dunque moneta del tesoro divino, sei il danaro che porta impressa l'immagine e l'iscrizione del re divino. Con Cristo io ti chiedo: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?» (Mt 22, 20) Tu dici: di-Dio. Osservo: e perché non dai a Dio ciò che è suo? Se vogliamo essere immagine di Dio, dobbiamo essere simili a Cristo, perché egli è l'immagine della bontà di Dio e forma della sua sostanza. Dio poi «quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8,29). E Cristo ha veramente dato a Cesare ciò che era di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, perché ha osservato alla perfezione le due tavole della legge divina «facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8); e fu adorno nel grado più perfetto di tutte le virtù interne ed esterne.
Risalta poi oggi in Cristo una somma prudenza, grazie alla quale sfugge con la sua risposta così saggia e avveduta ai lacci dei nemici; risplende anche la giustizia con cui insegna a rendere a ciascuno il suo, per cui volle anche lui pagare il tributo per sé e per Pietro; risalta la forza d'animo, con cui insegna liberamente che si devono pagare i tributi a Cesare, per nulla timoroso dei giudei che malvolentieri lo tolleravano. Questa è la via di Dio che il Cristo insegnò con piena verità.
Chi pertanto nella vita, nei costumi e nelle virtù è simile e conforme a Cristo, manifesta davvero l'immagine di Dio: e il pieno splendore di questa divina immagine consiste in una perfetta giustizia: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»: a ciascuno il suo.
Dalle «Omelie» di san Lorenzo da Brindisi, sacerdote
lunedì 13 ottobre 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano
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