Commento a cura di don Paolo Matarrese


 Commento su Matteo 22,1-14
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Ci è sicuramente capitato di trovarci di fronte un giovane che si innamora o una madre che aspetta un bambino e siamo rimasti stupiti perché il loro volto cambia, diventa più bello e luminoso; non solo, cambia anche il loro modo di guardare la vita e quella degli altri! E' questa l'esperienza in cui Gesù desidera far entrare ogni uomo e in particolare, nel vangelo di oggi, i capi dei sacerdoti e i farisei
attraverso l'incontro con lui: Accogliere la bellezza dell' Amore di Dio per lasciarci cambiare il modo di guardare la vita!
Accogliere l'invito e lasciarci cambiare possono essere allora i due movimenti che la Parola di oggi ci dona e nei quali proviamo ad entrare con maggiore profondità:
Accogliere l'invito: E' ormai da qualche domenica che il vangelo di Matteo ci offre racconti di Gesù rivolti a chi oppone resistenza ad accogliere Dio, che svela la sua onnipotenza esercitata esclusivamente nella misericordia, un Dio che si fa vicino a tutti gli uomini, indistintamente, per fargli vivere la dignità ddi figli di Dio e farli partecipi della salvezza del suo Regno!
E' bello innanzitutto evidenziare l'insistenza di Gesù nel rivolgere il suo invito: Dio non demorde, Dio insiste e fa tutto il possibile e perfino l'impossibile, per svegliare, per raggiungere ogni uomo. Come un genitore premuroso che per far capire al proprio figlio quanto è bella e importante una cosa, la ripete più volte con pazienza amorevole, cambiando magari esempi, tempi e modi per farsi intendere. Gesù fa lo stesso oggi nel suo racconto - così come ce lo presenta l'evangelista Matteo - ed usa l'immagine dell'invito al banchetto di nozze per cercare di scardinare il cuore dei suoi destinatari: Dio è un Padre che svela il suo Amore all'umanità attraverso Gesù che si presenta, non come giudice, ma come sposo che cerca unicamente il bene dell'amata! Accogliere l'amicizia di Gesù nella propria vita è paragonabile alla gioia di un banchetto nuziale a cui ognuno di noi è invitato ad entrare e partecipare. Nella prima lettura abbiamo ascoltato che il "Signore degli eserciti" depone le armi del giudizio e della collera per preparare "un banchetto di grosse vivande, di vini eccellenti e di cibi succulenti".Ora, adesso, questo banchetto è pronto, è disponibile, è consumabile nella nostra vita attraverso Gesù e la sua Pasqua! La nostra vita è affamata di speranza, di senso, di comunione con gli altri, di pace e tutto questo è possibile viverlo ora in Cristo Gesù! Nel racconto che abbiamo ascoltato nel vangelo è sicuramente importante per l'evangelista evidenziare il rifiuto dei primi invitati alle nozze e la reazione violenta del re con il successivo invito rivolto a chiunque, ma ciò che la Parola oggi evidenzia è soprattutto che "la festa di nozze è pronta!" per ogni uomo, per la nostra vita! Tra poco nella messa, prenderemo, mangeremo e berremo il corpo e sangue di Cristo offerto per tutti in remissione dei peccati: è questa la comunione di vita e di amore con la Pasqua di Cristo, il nostro banchetto a cui siamo chiamati.
Da qui allora il secondo movimento della Parola di oggi: lasciarci cambiare! Nella seconda parte del racconto Gesù narra di un invitato sorpreso dal re senza "abito nuziale" e, per questo, gettato fuori nelle tenebre. Sembra quasi una contraddizione all'invito precedente che il re aveva esteso a tutti "cattivi e buoni". E' bene quindi evidenziare che l'invito a questo banchetto, l'amore di Dio verso ognuno di noi è totalmente gratuito. L'amicizia con Gesù e la sua misericordia sono doni del tutto gratuiti, aperti a tutti, senza limiti di tempo, in nessun modo meritati e senza condizioni se non quello di aderirvi con la nostra libertà. L'amore di Dio non si conquista attraverso uno sforzo moralistico e volontaristico, ma con l'incontro di Cristo e il sentirci continuamente amati e perdonati da Lui, questo sicuramente cambia il nostro modo di guardare noi stessi, gli altri e gli avvenimenti della nostra vita! Significa davvero entrare nella nostra vita con un abito nuovo, un abito "nuziale"! E' la resistenza dei farisei al tempo di Gesù, ed anche della comunità cristiana a cui scrive Matteo, dove la novità di Cristo poteva rischiare di venire " barattata" con una interpretazione della fede "legalistica" e "conservatrice" oppure "pilotata" da una mentalità di autosufficienza fondata sulle dalle proprie certezze e sicurezze prettamente umane! La novità di Cristo è l'esperienza che ci invita a rivestire ogni relazione della nostra vita con l'abito della sua Pasqua e del suo Spirito e cambiare in nome della sola forza più debole ma più irresistibile che si conosca: il suo amore! Come direbbe San Paolo "Rivestitevi dunque come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza[...] Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi. Al di sopra di tutto vi sia poi la carità che è il vincolo della perfezione" (Col 3, 12.14) Incontrare l'amore di Dio, seguire Cristo allora non ci esonera dall'impegno fattivo, fatto di scelte e gesti concreti, ma ci apre davvero all'esercizio della "responsabilità"e del "prendersi cura", che può essere vissuto pienamente soltanto dentro una logica di libertà e di amore e non di timore e di imposizione!
A proposito dell'immagine della "veste nuziale" utilizzata nel vangelo vorrei concludere con una provocazione di Melliot, biblista protestante, che sia anche un augurio per tutte le comunità all'inizio del nuovo anno pastorale: "Non è più semplice vedere nell'uomo privo della veste nuziale qualcuno che è entrato, ma non vuol credere di essere alla festa di nozze? Voglio dire uno di quei cristiani i quali non riescono a credere che il Regno è un banchetto nuziale e quindi si vestono come per un funerale. Un uomo credente, ma rivestito di severità, di austerità, di tristezza, di silenzio, dove invece occorre vestirsi di gioia e di speranza. Uno che crede di dover portare tutta la tristezza del mondo invece di portare il sorriso di Dio al mondo. Perciò mi domando se il Cristo presente al momento delle nostre sante cene, guardando i nostri volti tesi e i nostri occhi spenti, non senta di nuovo il desiderio di dirci: - Come mai sei entrato qui senza la veste nuziale? La tua gioia, la tua pace, la tua speranza, in quale guardaroba le hai lasciate?

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