D. Severino GALLO sdb " AMOR DI DIO E AMOR DEL PROSSIMO"

  26 ottobre 2014 | 30a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
"Qual è il più grande comandamento della legge?..." (Mt. 22,36).
Gesù, rispondendo al suo interlocutore, ripete a lui e a noi la
legge di sempre, la legge del cristiano: Il primo comandamento è l'amore di Dio.

Oggi, questo proclama, sembra venirci da lontananze siderali, tanto sembra difforme alla mentalità corrente, tanto pare antimondano, a confronto con una mentalità tutta orizzontale, tutta terrena.
Chiediamoci un po': può essere attuale questo primo, fondamentale precetto? Può essere capito dall'uomo di oggi, così terrestre, così superficiale?

Eppure Gesù ripete questa urgenza: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore..." (Mt. 22,37). Ecco la legge suprema, il dovere originale, la scelta base dell'uomo vero...
Ma, si può imporre l'amore? Dio può comandarci di amarLo? Si può amare per obbligo? Io dico di no.
Amare Dio, per me, è un bisogno, è necessità struggente, è vita, è tutto. Ma sarà così, solo quando penseremo che Colui che amiamo, ha donato se stesso per noi: "Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me", dice San Paolo.

Ad un così grande amore di Dio deve corrispondere da parte nostra un:

a) Amore supremo:

S. Giovanna Francesca di Chantal, partendo di casa per farsi religiosa, trovò disteso sulla soglia, suo figlio che le disse: "Mamma, tu non uscirai di qui senza aver prima calpestato tuo figlio".
E quella generosa, facendo violenza al suo cuore sanguinante, esclamò: "Figlio mio, tu sai quanto ti amo, ma è Gesù che mi chiama, e devo seguirlo". Così dicendo, partì.
E noi amiamo così il Signore? Lo preferiamo ad ogni cosa? San Francesco di Sales, il santo della carità, diceva: "Se io sapessi che nel mio cuore c'è una sola fibra che non è per Dio, me la strapperei subito".
E noi diamo il primo posto nel nostro cuore a Gesù?... Siamo disposti a sacrificare per Lui quella soddisfazione illecita, quella lettura frivola, quella disobbedienza, quello sguardo pericoloso?

b) Il nostro amore verso Dio deve essere generoso:

era generoso l'amore di Sant'Agostino che diceva: "Se avessi dinanzi a me una fornace di fuoco e un peccato mortale, io mi getterei nel fuoco, piuttosto che commettere il peccato".
Fu generoso l'amore di Sant'Ignazio Martire, che, condotto all'anfiteatro per essere divorato dalle fiere, non appena udì i loro ruggiti, tutto giubilante esclamò: "Sono frumento di Cristo: ch'io venga triturato dai denti delle bestie, per divenire pane mondo e candidissimo".

Fu questo il grido dei Martiri, la parola d'ordine di tutti i Confessori, il programma delle Vergini: "Meglio morire che macchiarsi: Potius mori quam foedari".
Se noi vogliamo amare Gesù generosamente, dobbiamo compiere questo primo atto fondamentale: scrivere a caratteri di sangue nella nostra volontà e nel nostro cuore questa semplice parola di San Domenico Savio: "La morte, ma non peccati".

Però Gesù ha proseguito dicendo: "Il secondo comandamento è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt. 22,39).
Gesù, stranamente, completa la sua risposta aggiungendo, non richiesto, anche il secondo comandamento; il comandamento "simile al primo: l'amore fraterno".
Perché? Non è forse per dirci che l'amore di Dio, quello vero, non può essere separato da quello del prossimo? Non è forse questa l'originalità del cristianesimo: l'aver congiunto l'amore ai fratelli all'amore di Dio in modo da farne la più bella espressione, la prova necessaria?

Ce lo conferma San Giovanni Evangelista: "Se uno dice di amare Dio mentre odia il suo fratello, è menzognero. Infatti chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da Lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1 Gv. 4,20-21).
Certamente, oggi, il grande pericolo per alcuni cristiani è l'orizzontalismo, cioè la riduzione del cristianesimo solo alla misura umana, sociale, all'amore degli uomini senza l'amore di Dio. Ma, diciamolo chiaro, altro pericolo è quello di trovare nell'amore di Dio un comodo rifugio per non amare i fratelli, per non sacrificarsi per loro.

Oggi bisognerà evitare i due scogli: un orizzontalismo pernicioso che esclude Dio, il suo amore, la comunione con Lui, la preghiera; ma, in pari tempo, bisognerà evitare un verticalismo puro che esclude un serio impegno per i fratelli.
Chi oppone l'amore di Dio a quello dei fratelli, o quest'ultimo all'amore di Dio, non è cristiano, non può aspirare ad essere tra coloro che adempiono tutta la legge.

I Santi più attivi furono spesso anche i più contemplativi e viceversa. Pensiamo semplicemente a San Bernardo e a San Giovanni Bosco:

due grandi lavoratori, ma anche grandi uomini di preghiera, tanto che Don Bosco fu chiamato addirittura l'unione con Dio".
Il nostro amore deve essere la prova più convincente dell'esistenza di Dio.


Si chiamava Sr. Maddalena.
Faceva l'infermiera a domicilio. Tutti i giorni andava a casa di un vecchio. Sul volto del poveretto c'era una piaga cancerosa che non si riassorbiva, gli devastava i lineamenti ed emanava un odore spaventoso che prendeva alla gola.
Sr. Maddalena non provava alcun ribrezzo. Era sempre sorridente, delicata, premurosa.
Nel quartiere la gente commentava la disgrazia che si era abbattuta su quella casa e diceva:
- Se ci fosse un Dio misericordioso...
Qualcuno ribatté: - Se non ci fosse Dio, non ci sarebbe neanche Sr. Maddalena...
Ecco. Il nostro amore deve essere appunto la prova più convincente dell'esistenza di Dio.
La nostra carità è il catechismo più efficace. Qualcuno riceve informazioni preziose sul conto di Dio, vedendo la nostra dedizione. "Dio è vivo grazie al nostro cuore".
Detto questo, come non raccogliere l'invito ad un sincero esame di coscienza sul nostro amore fraterno, anche dalla prima lettura di oggi?
Come ben si vede, il testo dell'Esodo ci porta su un terreno molto pratico: la cura della vedova e dell'orfano, dello straniero e degli indigenti... Problema di ieri, di oggi, di sempre.
Oggi le categorie che chiedono il nostro aiuto concreto sono aumentate: gli affamati, i senza tetto i baraccati, i disoccupati, i malati, i lebbrosi... Il forestiero per noi sarà l'immigrato o il meridionale o l'uomo di colore...
Sarà bene riascoltare le gravi parole del Signore: "Io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada...".
Questo grido oggi è oceanico. E' il grido di una moltitudine immensa che aumenta ogni anno di più. Fino a quando Dio tacerà? Faremo in tempo a convertirci?

Ricordiamoci bene, la prova del nostro amore per Dio passa attraverso l'amore del prossimo.
"Come ti chiami?".

- "Sono un galeotto uscito ora dalla prigione", mormorò l'uomo chinando il capo.
- "Vattene, e non farti più vedere", gli gridò il custode di uno stabilimento, sbatacchiandogli l'uscio in faccia.
Si avviò verso la panetteria, perché aveva fame e chiese un pane.
- "Chi sei?", domandò una voce burbera.
- "Un galeotto", rispose ed arrossì di vergogna.
- "Vattene!", replicò la voce, e un bastone si alzò per colpirlo.
Fermò un passante. "Per amor di Dio, un soldo, perché muoio di fame".
- "Come ti chiami?", gli domandò il ricco signore.
- "Galeotto!", rispose e si asciugò una lacrima.
- "Via!", disse il signore serrando i pugni.
Scendeva la sera. Faceva freddo. Era stanco e aveva tanta fame. Bussò ad una porta. Entrò. Era una canonica. In cucina, sopra una tavola coperta da una linda tovaglia di bucato, fumava una scodella di minestra.
- "Che vuoi?", domandò con dolcezza un venerando sacerdote, andandogli incontro.
- "Ho fame!", rispose il meschino.
- "Mangia!", gli disse il sacerdote e lo fece sedere. Il disgraziato lo guardò come istupidito.
- "Ma sapete chi sono io?... sono un galeotto".
- "No", gli rispose il sacerdote abbracciandolo; "tu sei un mio fratello".

Cari Fratelli e Sorelle, questa è vera carità.
Chiediamo alla Madonna che voglia stamparla profondamente anche nei nostri cuori.                                                                                                                            

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