don Alberto Brignoli "Una Chiesa "ai crocicchi delle strade"
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Vangelo: Mt 22,1-14
Passiamo da un estremo all'altro. Ci sono momenti in cui avvertiamo lo stimolo della fame e momenti in cui non ne possiamo più del cibo; momenti in cui le nostre tavole sono imbandite di ogni ben di Dio e momenti in cui rientriamo in casa la sera e - soprattutto se viviamo da soli - assistiamo alla desolante scena del frigorifero vuoto; momenti in cui siamo nell'abbondanza e momenti in cui sperimentiamo la scarsità. Momenti molto diversi l'uno dall'altro, come gli estremi,
appunto: magari non ci è dato, almeno nel nostro contesto da "ceto medio", di sperimentare l'estrema indigenza di rimanere senza cibo oppure il lusso che si può permettere di tutto, sempre e comunque. Eppure, questa situazione non è per nulla lontana da noi: molte persone, molte famiglie, molti singoli e molti bambini, vivono nella povertà. Sono mezzo milione, i poveri, solamente nella nostra ricca Lombardia: tanto ricca, da potersi permettere di vietare la libera circolazione a mezza città per un matrimonio. Ma ormai, ci siamo abituati a tutto. E se spesso l'abitudine diviene assuefazione, c'è anche da dire che - per fortuna - la fede riesce ancora a darci una mano: per cui, abituarci alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza, non è solo uno sforzo ascetico, ma ci è reso possibile - come dice Paolo - in colui che ci dà la forza.
Sì, perché anche la Liturgia della Parola di oggi è una parola piena di forza e di speranza. A tutti i popoli oppressi dalla cupa ombra della morte, a tutte le genti che soffrono e piangono per qualsiasi sofferenza, alle nazioni che giacciono sotto la coltre di polvere delle macerie della guerra, oppure sotto la minaccia letale dei virus, o sotto l'oppressione dei fanatici di turno, il Signore degli eserciti - non uno qualunque, ma uno potente almeno quanto i potenti della terra - preparerà un banchetto di grasse vivande, di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Nessuno più sperimenterà l'indigenza, e ci sarà cibo per tutti.
Un ideale? Forse. Eppure - stando alla parabola che abbiamo ascoltato - è più facile che Dio riesca a portare a compimento questa utopia di dar da mangiare a tutta l'umanità, che vedere tutta l'umanità pronta a dire di sì all'invito di Dio al suo banchetto. Che Dio riesca a sfamare l'umanità, o che gli uomini di buona volontà di cui egli si serve preparino per ogni uomo un banchetto ricco ed abbondante, importa ben poco a coloro che ne erano invitati. Forse, loro non hanno bisogno di un Dio che provveda loro da mangiare: loro "si sono fatti da sé", loro mangiano ciò che hanno prodotto, loro non hanno bisogno della carità di nessuno, per cui Dio può anche aspettare. Prima, i loro interessi e i loro affari: poi, se c'è tempo, si andrà pure al banchetto di Dio. E che questo Dio non molesti troppo, con le sue feste e celebrazioni: siamo molto bravi anche ad eliminarlo per sempre dalla nostra vita!
Certo, siamo liberi anche di rifiutare Dio; come gli invitati a nozze della parabola. Attenzione, però, perché il Dio del Vangelo di Matteo è potente: raccoglie spighe di grano anche in un campo disseminato di pietre e di rovi, oppure infestato dalla zizzania; fa produrre uva anche da una vite selvatica e abbandonata dai vignaioli, figuriamoci se non riesce a organizzare comunque il banchetto di nozze del figlio! Ma se gli invitati della prima ora non ci sono più, come si fa a consumare quanto preparato? Il segreto sta tutto in una piccola espressione collocata proprio - non a caso - al centro della parabola, quasi a segnarne la svolta: i "crocicchi delle strade". Espressione circoscritta alla tradizione biblica (quando mai abbiamo sentito questa terminologia se non nel Vangelo?), ma dalla straordinaria apertura universale.
Che cosa sono i "crocicchi delle strade"? Di primo acchito, ci viene da pensare agli angoli delle strade, ai punti in cui strade strette e vicoli cittadini si intersecano, magari nella penombra dei grandi edifici: luoghi in cui, in maniera quasi del tutto naturale vengono a rifugiarsi i mendicanti e i senza tetto, gente di ogni tipo ("cattivi e buoni", direbbe Matteo) in attesa che qualcuno passi e rivolga loro una parola o un aiuto. E questo calza a pennello con la narrazione della parabola degli invitati a nozze. Ma forse "i crocicchi delle strade" sono molto di più di questo. Il termine originale che Matteo utilizza parla di "limiti delle strade", ossia quei punti in cui - soprattutto in tempi antichi - le vie o le strade di città terminano per lasciare spazio ai sentieri sterrati che poi si avventurano nell'area rurale, fuori dalle città, dove le opportunità di vita non erano certo rosee. Per dirla con papa Francesco, quei "crocicchi" sono le "periferie geografiche ed esistenziali" dell'umanità, quei luoghi "ai margini", quelle situazioni in cui si trovano accampati e vivono brandelli di umanità senza speranza. E qui, le descrizioni di un'umanità "ai margini" si sprecano.
È a questa "umanità dei crocicchi" che il re della parabola invia i suoi servi, certo di trovare gente disposta a sedersi a mensa, a mangiare - forse anche solo una volta nella vita - qualcosa di sostanzioso e succulento, come avviene in un banchetto nuziale. E la cosa più bella è che questo invito è rivolto in maniera incondizionata, senza previa richiesta di credenziali ai partecipanti, senza controllare la loro fedina penale e nemmeno il loro conto in banca, o la loro possibilità di regalare cose preziose al figlio del re. Niente di tutto questo: al banchetto nuziale possono entrare tutti, buoni e cattivi, purché vengano dai "crocicchi delle strade", da quegli "angoli di umanità" a cui la Chiesa è spinta ad andare per invitare tutti alla festa del Regno.
Gli invitati con il biglietto d'ingresso e le credenziali in mano, ossia quelli che sempre hanno pretese da avanzare con Dio; quelli che credono di essere più accreditati di altri e che pretendono di essere ripagati meglio degli altri perché credenti di lunga data; quelli che rispondono all'invito di Dio solo quando lo ritengano giusto loro e che magari, visto che al banchetto sono stati rimpiazzati da persone "ai limiti dell'umanità", cercano all'ultimo momento di intrufolarsi senza abito nuziale (del resto, erano nei campi presi dai loro affari...): ecco, a questi "pretendenti" la Chiesa non può più aprire le porte, perché lo ha già fatto, ed essi l'hanno rifiutata.
Ma il Regno non si ferma qui, e una Chiesa in uscita continuerà la sua opera invitando al banchetto un'altra umanità, quella dei "crocicchi delle strade".
Vangelo: Mt 22,1-14
Passiamo da un estremo all'altro. Ci sono momenti in cui avvertiamo lo stimolo della fame e momenti in cui non ne possiamo più del cibo; momenti in cui le nostre tavole sono imbandite di ogni ben di Dio e momenti in cui rientriamo in casa la sera e - soprattutto se viviamo da soli - assistiamo alla desolante scena del frigorifero vuoto; momenti in cui siamo nell'abbondanza e momenti in cui sperimentiamo la scarsità. Momenti molto diversi l'uno dall'altro, come gli estremi,
appunto: magari non ci è dato, almeno nel nostro contesto da "ceto medio", di sperimentare l'estrema indigenza di rimanere senza cibo oppure il lusso che si può permettere di tutto, sempre e comunque. Eppure, questa situazione non è per nulla lontana da noi: molte persone, molte famiglie, molti singoli e molti bambini, vivono nella povertà. Sono mezzo milione, i poveri, solamente nella nostra ricca Lombardia: tanto ricca, da potersi permettere di vietare la libera circolazione a mezza città per un matrimonio. Ma ormai, ci siamo abituati a tutto. E se spesso l'abitudine diviene assuefazione, c'è anche da dire che - per fortuna - la fede riesce ancora a darci una mano: per cui, abituarci alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza, non è solo uno sforzo ascetico, ma ci è reso possibile - come dice Paolo - in colui che ci dà la forza.
Sì, perché anche la Liturgia della Parola di oggi è una parola piena di forza e di speranza. A tutti i popoli oppressi dalla cupa ombra della morte, a tutte le genti che soffrono e piangono per qualsiasi sofferenza, alle nazioni che giacciono sotto la coltre di polvere delle macerie della guerra, oppure sotto la minaccia letale dei virus, o sotto l'oppressione dei fanatici di turno, il Signore degli eserciti - non uno qualunque, ma uno potente almeno quanto i potenti della terra - preparerà un banchetto di grasse vivande, di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Nessuno più sperimenterà l'indigenza, e ci sarà cibo per tutti.
Un ideale? Forse. Eppure - stando alla parabola che abbiamo ascoltato - è più facile che Dio riesca a portare a compimento questa utopia di dar da mangiare a tutta l'umanità, che vedere tutta l'umanità pronta a dire di sì all'invito di Dio al suo banchetto. Che Dio riesca a sfamare l'umanità, o che gli uomini di buona volontà di cui egli si serve preparino per ogni uomo un banchetto ricco ed abbondante, importa ben poco a coloro che ne erano invitati. Forse, loro non hanno bisogno di un Dio che provveda loro da mangiare: loro "si sono fatti da sé", loro mangiano ciò che hanno prodotto, loro non hanno bisogno della carità di nessuno, per cui Dio può anche aspettare. Prima, i loro interessi e i loro affari: poi, se c'è tempo, si andrà pure al banchetto di Dio. E che questo Dio non molesti troppo, con le sue feste e celebrazioni: siamo molto bravi anche ad eliminarlo per sempre dalla nostra vita!
Certo, siamo liberi anche di rifiutare Dio; come gli invitati a nozze della parabola. Attenzione, però, perché il Dio del Vangelo di Matteo è potente: raccoglie spighe di grano anche in un campo disseminato di pietre e di rovi, oppure infestato dalla zizzania; fa produrre uva anche da una vite selvatica e abbandonata dai vignaioli, figuriamoci se non riesce a organizzare comunque il banchetto di nozze del figlio! Ma se gli invitati della prima ora non ci sono più, come si fa a consumare quanto preparato? Il segreto sta tutto in una piccola espressione collocata proprio - non a caso - al centro della parabola, quasi a segnarne la svolta: i "crocicchi delle strade". Espressione circoscritta alla tradizione biblica (quando mai abbiamo sentito questa terminologia se non nel Vangelo?), ma dalla straordinaria apertura universale.
Che cosa sono i "crocicchi delle strade"? Di primo acchito, ci viene da pensare agli angoli delle strade, ai punti in cui strade strette e vicoli cittadini si intersecano, magari nella penombra dei grandi edifici: luoghi in cui, in maniera quasi del tutto naturale vengono a rifugiarsi i mendicanti e i senza tetto, gente di ogni tipo ("cattivi e buoni", direbbe Matteo) in attesa che qualcuno passi e rivolga loro una parola o un aiuto. E questo calza a pennello con la narrazione della parabola degli invitati a nozze. Ma forse "i crocicchi delle strade" sono molto di più di questo. Il termine originale che Matteo utilizza parla di "limiti delle strade", ossia quei punti in cui - soprattutto in tempi antichi - le vie o le strade di città terminano per lasciare spazio ai sentieri sterrati che poi si avventurano nell'area rurale, fuori dalle città, dove le opportunità di vita non erano certo rosee. Per dirla con papa Francesco, quei "crocicchi" sono le "periferie geografiche ed esistenziali" dell'umanità, quei luoghi "ai margini", quelle situazioni in cui si trovano accampati e vivono brandelli di umanità senza speranza. E qui, le descrizioni di un'umanità "ai margini" si sprecano.
È a questa "umanità dei crocicchi" che il re della parabola invia i suoi servi, certo di trovare gente disposta a sedersi a mensa, a mangiare - forse anche solo una volta nella vita - qualcosa di sostanzioso e succulento, come avviene in un banchetto nuziale. E la cosa più bella è che questo invito è rivolto in maniera incondizionata, senza previa richiesta di credenziali ai partecipanti, senza controllare la loro fedina penale e nemmeno il loro conto in banca, o la loro possibilità di regalare cose preziose al figlio del re. Niente di tutto questo: al banchetto nuziale possono entrare tutti, buoni e cattivi, purché vengano dai "crocicchi delle strade", da quegli "angoli di umanità" a cui la Chiesa è spinta ad andare per invitare tutti alla festa del Regno.
Gli invitati con il biglietto d'ingresso e le credenziali in mano, ossia quelli che sempre hanno pretese da avanzare con Dio; quelli che credono di essere più accreditati di altri e che pretendono di essere ripagati meglio degli altri perché credenti di lunga data; quelli che rispondono all'invito di Dio solo quando lo ritengano giusto loro e che magari, visto che al banchetto sono stati rimpiazzati da persone "ai limiti dell'umanità", cercano all'ultimo momento di intrufolarsi senza abito nuziale (del resto, erano nei campi presi dai loro affari...): ecco, a questi "pretendenti" la Chiesa non può più aprire le porte, perché lo ha già fatto, ed essi l'hanno rifiutata.
Ma il Regno non si ferma qui, e una Chiesa in uscita continuerà la sua opera invitando al banchetto un'altra umanità, quella dei "crocicchi delle strade".
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