don Giovanni Berti " Servi e non proprietari"

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/10/2014)
Vangelo: Mt 21,33-43 
Domani a Roma inizia il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, voluto da papa Francesco, e che porterà la Chiesa di tutto il mondo, per una quindicina di giorni, a riflettere su questa esperienza umana così centrale e fondamentale che è appunto la famiglia.
Siamo in un periodo storico dove sembra che solamente la questione economica sia centrale e problematica. In realtà anche l'identità, la vita e i problemi della famiglia
non vanno dimenticati e messi in secondo o terzo piano.
Dentro la Chiesa c'è molta attesa su cosa diranno i vescovi e in papa riguardo questioni molto difficili e controverse come ad esempio il divorzio, le seconde nozze, i sacramenti a coloro che pur se divorziati intraprendono un'altra relazione e matrimonio civile.
La questione non è solo stabilire nuove regole o ribadire quelle di sempre, ma è importante che i vescovi si ritrovino senza paura e censure, per ripensare alla famiglia e spingere l'intera comunità dei cristiani ad affrontare le nuove sfide della famiglia oggi.
Il Vangelo ci parla di una vigna, che nella bibbia è immagine del popolo di Dio, affidata a qualcuno che doveva averne cura senza essere il proprietario, ma che alla fine se ne impossessa con violenza, arrivando ad uccidere persino il figlio del padrone. Da una missione di cura, i vignaioli arrivano alla depredazione con l'inganno e la violenza.
Gesù sta parlando ai capi religiosi del suo popolo, e quando Matteo evangelista scrive questa parte del Vangelo, ha davanti il primo gruppo di cristiani, che si sta interrogando sulla propria identità e missione.
Gesù vede se stesso in quel figlio ucciso dai vignaioli, che sono i capi religiosi del popolo di Israele, che pur di non perdere il proprio potere arrivano all'incredibile, cioè eliminare Dio stesso.
La sete di potere annebbia persino la fede e allontana da Dio, anche se si sembra di servirlo. E' questa la forte accusa di Gesù ai suoi contemporanei che pensando di servire Dio in realtà servono se stessi.
Ma alla fine perderanno tutto, perché hanno rifiutato Dio.
La comunità cristiana dei primi tempi sa che è lei questo nuovo popolo di Dio a cui è affidata la vigna del Signore. Importante è non cadere nello stesso errore di quelli che sono venuti prima di loro, cioè sentirsi proprietari della volontà di Dio e del suo Regno, irrigidendosi in posizioni chiuse e violente (come quelle dei vignaioli che si trincerano dietro la loro posizione e arrivano ad uccidere pur di non perdere i privilegi acquisiti)
Noi come cristiani di oggi, troviamo in questa parabola la nostra identità e missione. A noi è affidato il mondo e il piano di Dio di portare frutto nell'amore. Non siamo proprietari di nulla e non possiamo che metterci sempre a disposizione del vero e unico proprietario del mondo che è Dio.
Anche il più in alto nella Chiesa alla fin fine non è altro che un servo come tutti, e come servo è chiamato ad ascoltare disposto anche a cambiare, pur di non tradire la fiducia del padrone del mondo e della storia che è di Dio.
Preghiamo dunque perché in ogni nostra azione non prevalga mai la sete di potere e controllo del prossimo, ma il desiderio di servizio, rifiutando ogni forma di violenza e prevaricazione.
Che sia anche questo lo stile con il quale i nostri vescovi insieme al vescovo di Roma, cioè il papa, si interrogano sulla famiglia e sulle nuove sfide della modernità riguardo il matrimonio, i figli e la vita famigliare. Preghiamo perché il loro sia un atteggiamento di servizio e non di comando e controllo, e sia l'ascolto attento e vero, il primo e fondamentale atteggiamento dal quale partire per ogni discussione e decisione.

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