don Giovanni Berti"Chiesa per tutti, esclusi compresi!"
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Vangelo: Mt 22,1-14
La comunione eucaristica può essere data o no a coloro che sono divorziati e risposati?
Attorno a questa domanda sembra ruotare l'aspettativa di tutti nei confronti del Sinodo sulla famiglia che in questi giorni si sta svolgendo in Vaticano, con la presidenza di papa Francesco.
Sicuramente è riduttivo pensare che sia solo una questione di
dare o meno una concessione sacramentale, cambiando una regola, il significato di questa riunione dei vescovi di Roma. Già il fatto che la Chiesa si interroghi e cerchi, spesso con fatica e qualche tensione, di rispondere a questa questione che coinvolge sempre più coppie di sposi cristiani e famiglie, è un gran risultato e un bel segno di speranza.
In ballo non c'è solo la possibilità per tanti cristiani di accodarsi o meno alla fila della comunione, ma il significato stesso dell'esperienza di Chiesa e della celebrazione eucaristica. Accolti o esclusi? Su questa domanda si gioca l'identità della Chiesa e la sua missione.
Il brano del Vangelo domenicale, che si legge proprio in questi giorni del Sinodo, a mio parere ci può dare qualche spunto di riflessione come singoli cristiani e come comunità.
Gesù sta ancora una volta parlando ai capi religiosi del suo tempo, che progressivamente lo stanno rifiutando come Messia e sono sempre più lontani da quello che Gesù dice di se, del Padre e del Regno di Dio. Gesù con le sue parole smaschera l'ipocrisia di coloro che si consideravano credenti e fedeli a Dio, ma che in realtà sono nemici di Dio e avversari della sua volontà.
Gesù usa l'immagine bella e ricca del banchetto nuziale per rappresentare l'esperienza del Regno dei cieli, cioè l'esperienza del mondo che Dio ha in mente di realizzare in terra tra gli uomini (parla di Regno DEI cieli e non NEI cieli!).
A questo Regno sono invitati coloro che in realtà lo rifiutano perché hanno altri interessi, i propri dal punto di vista economico e di potere. Infatti, pur insistendo amorevolmente, il Re si sente rifiutato nel suo invito addirittura con la violenza ("altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero"... e ricorda ancora una volta i profeti non ascoltati e uccisi, tra i quali alla fine lo stesso Gesù...).
Ecco allora che il Regno di Dio viene ulteriormente aperto a tutti, rivelando così la sua vera dimensione: ogni uomo e donna in ogni angolo e periferia della terra e dell'esperienza umana.
Quei "crocicchi" di cui parla la parabola, ai quali sono inviati i servi dal Re, sono proprio gli estremi confini della terra, là dove si trovano gli uomini, cattivi e buoni (proprio come dice la stessa parabola).
La differenza tra chi è dentro o fuori dalla festa è unicamente data da chi accetta o da chi rifiuta l'invito alla festa che non vuole essere esclusiva ma estremamente inclusiva. La linea di demarcazione è una decisione del singolo di far parte o meno di questo Regno dei Cieli che è qui in terra.
Nostro compito come Chiesa dovrebbe, secondo me, essere più di inclusione che di esclusione, facendo il più possibile perché tutti si sentano parte della festa e accolgano l'invito del Signore a fare parte e operare nel suo Regno.
Se in passato, noi preti soprattutto, abbiamo operato con zelo ad elencare le caratteristiche di chi può e di chi non può far parte della Comunità dei fratelli e sorelle di Cristo, ora forse abbiamo un compito più difficile che è quello di aprire le porte e fare il più possibile perché chi si sente lontano ed escluso si senta invece invitato a far parte della Chiesa, sempre!
Credo sia questo il non facile compito che si sono dati i nostri Vescovi con il papa, cioè scacciare quell'idea, a volte purtroppo troppo radicata, che la Chiesa è per pochi santi ed eletti, ma che in realtà è per tutti, divorziati-risposati compresi. La Chiesa, come insegna questo Vangelo, nasce proprio dai crocicchi delle strade, dalle tante periferie del mondo.
Vangelo: Mt 22,1-14
La comunione eucaristica può essere data o no a coloro che sono divorziati e risposati?
Attorno a questa domanda sembra ruotare l'aspettativa di tutti nei confronti del Sinodo sulla famiglia che in questi giorni si sta svolgendo in Vaticano, con la presidenza di papa Francesco.
Sicuramente è riduttivo pensare che sia solo una questione di
dare o meno una concessione sacramentale, cambiando una regola, il significato di questa riunione dei vescovi di Roma. Già il fatto che la Chiesa si interroghi e cerchi, spesso con fatica e qualche tensione, di rispondere a questa questione che coinvolge sempre più coppie di sposi cristiani e famiglie, è un gran risultato e un bel segno di speranza.
In ballo non c'è solo la possibilità per tanti cristiani di accodarsi o meno alla fila della comunione, ma il significato stesso dell'esperienza di Chiesa e della celebrazione eucaristica. Accolti o esclusi? Su questa domanda si gioca l'identità della Chiesa e la sua missione.
Il brano del Vangelo domenicale, che si legge proprio in questi giorni del Sinodo, a mio parere ci può dare qualche spunto di riflessione come singoli cristiani e come comunità.
Gesù sta ancora una volta parlando ai capi religiosi del suo tempo, che progressivamente lo stanno rifiutando come Messia e sono sempre più lontani da quello che Gesù dice di se, del Padre e del Regno di Dio. Gesù con le sue parole smaschera l'ipocrisia di coloro che si consideravano credenti e fedeli a Dio, ma che in realtà sono nemici di Dio e avversari della sua volontà.
Gesù usa l'immagine bella e ricca del banchetto nuziale per rappresentare l'esperienza del Regno dei cieli, cioè l'esperienza del mondo che Dio ha in mente di realizzare in terra tra gli uomini (parla di Regno DEI cieli e non NEI cieli!).
A questo Regno sono invitati coloro che in realtà lo rifiutano perché hanno altri interessi, i propri dal punto di vista economico e di potere. Infatti, pur insistendo amorevolmente, il Re si sente rifiutato nel suo invito addirittura con la violenza ("altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero"... e ricorda ancora una volta i profeti non ascoltati e uccisi, tra i quali alla fine lo stesso Gesù...).
Ecco allora che il Regno di Dio viene ulteriormente aperto a tutti, rivelando così la sua vera dimensione: ogni uomo e donna in ogni angolo e periferia della terra e dell'esperienza umana.
Quei "crocicchi" di cui parla la parabola, ai quali sono inviati i servi dal Re, sono proprio gli estremi confini della terra, là dove si trovano gli uomini, cattivi e buoni (proprio come dice la stessa parabola).
La differenza tra chi è dentro o fuori dalla festa è unicamente data da chi accetta o da chi rifiuta l'invito alla festa che non vuole essere esclusiva ma estremamente inclusiva. La linea di demarcazione è una decisione del singolo di far parte o meno di questo Regno dei Cieli che è qui in terra.
Nostro compito come Chiesa dovrebbe, secondo me, essere più di inclusione che di esclusione, facendo il più possibile perché tutti si sentano parte della festa e accolgano l'invito del Signore a fare parte e operare nel suo Regno.
Se in passato, noi preti soprattutto, abbiamo operato con zelo ad elencare le caratteristiche di chi può e di chi non può far parte della Comunità dei fratelli e sorelle di Cristo, ora forse abbiamo un compito più difficile che è quello di aprire le porte e fare il più possibile perché chi si sente lontano ed escluso si senta invece invitato a far parte della Chiesa, sempre!
Credo sia questo il non facile compito che si sono dati i nostri Vescovi con il papa, cioè scacciare quell'idea, a volte purtroppo troppo radicata, che la Chiesa è per pochi santi ed eletti, ma che in realtà è per tutti, divorziati-risposati compresi. La Chiesa, come insegna questo Vangelo, nasce proprio dai crocicchi delle strade, dalle tante periferie del mondo.
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